Sentenza nº 161 da Constitutional Court (Italy), 17 Luglio 2018

RelatoreGiuliano Amato
Data di Resoluzione17 Luglio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 161

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5, commi 2, lettera g), e 8, del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395 (Attuazione della direttiva 98/76/CE del 1° ottobre 1998 del Consiglio dell’Unione europea, modificativa della direttiva 96/26/CE del 29 aprile 1996 riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l’esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali), promosso dal Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, nel procedimento vertente tra la Ditta F.A.I. di Ferroni Ivano e la Provincia di Ferrara, con ordinanza del 13 luglio 2017, iscritta al n. 136 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione della Ditta F.A.I. di Ferroni Ivano, nonché l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2018 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato Antonello Ciervo per la Ditta F.A.I. di Ferroni Ivano e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, con ordinanza del 13 luglio 2017 (reg. ord. n. 136 del 2017), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5, commi 2, lettera g), e 8, del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395 (Attuazione della direttiva 98/76/CE del 1° ottobre 1998 del Consiglio dell’Unione europea, modificativa della direttiva 96/26/CE del 29 aprile 1996 riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l’esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali).

    Le disposizioni censurate hanno attuato la direttiva 98/76/CE del Consiglio, del 1° ottobre 1998, modificativa della precedente direttiva 96/26/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, entrambe riguardanti «l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l’esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali».

    L’art. 5, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 395 del 2000 stabilisce che non sussiste, o cessa di sussistere, il requisito di onorabilità – previsto dal precedente art. 4 quale requisito necessario per l’iscrizione all’albo di cui all’art. 1 della legge 6 giugno 1974, n. 298 (Istituzione dell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasporti di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada) – in caso di condanna penale definitiva del datore di lavoro per fatti che costituiscono violazione degli obblighi sussistenti in materia previdenziale ed assistenziale. Ai sensi del successivo comma 8, al verificarsi di tale presupposto, il requisito cessa di diritto.

  2. – Riferisce in fatto il giudice rimettente che le questioni traggono origine dall’impugnazione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, seconda sezione, Bologna, 3 marzo 2016, n. 278, che ha respinto il ricorso della Ditta F.A.I. di Ferroni Ivano, parte appellante nel giudizio a quo, per l’annullamento dell’atto della Provincia di Ferrara n. 566 del 2015. Tale provvedimento ha disposto la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di autotrasporto, con la cancellazione d’ufficio dell’impresa dall’albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terzi della Provincia, poiché erano emersi in danno del titolare quattro decreti penali di condanna per omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, delitto previsto e punito dall’art. 2, comma l-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638. Siffatti decreti, per cui non risulta concessa la sospensione condizionale della pena né vi è dichiarazione di estinzione dei reati, non sono stati opposti e sono dunque divenuti esecutivi tra il 2009 e il 2013.

    2.1.– Osserva il giudice rimettente che, in presenza dell’univoco dettato legislativo, non potrebbe ragionevolmente dubitarsi, sotto un profilo formale, della correttezza dell’operato dell’amministrazione. La misura meramente amministrativa di cui si discute, infatti, sarebbe priva di qualsiasi effetto punitivo o afflittivo (il che farebbe escludere l’invocazione del principio del ne bis in idem) e dunque non costituirebbe un valido argomento l’impossibilità per il decreto penale di condanna di applicare pene accessorie. E del tutto inconferente sarebbe il richiamo all’inefficacia di giudicato del decreto penale nei giudizi civili o amministrativi.

    Le disposizioni in esame manterrebbero la propria efficacia anche in seguito all’entrata in vigore del regolamento CE n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, «che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada e abroga la direttiva 96/26/CE del Consiglio». Il d.lgs. n. 395 del 2000, che ha recepito la precedente direttiva, infatti, resterebbe pienamente efficace per tutte le parti compatibili con la nuova disciplina comunitaria. Riguardo ai requisiti di onorabilità, per i quali è rimasta ostativa la violazione di norme in materia di lavoro, non si potrebbe rinvenire alcuna incompatibilità.

    2.2.– Secondo il Consiglio di Stato, con le disposizioni censurate il legislatore avrebbe astrattamente effettuato il giudizio sugli interessi, pubblici e privati, in gioco e sul bilanciamento degli stessi. Si determinerebbe, infatti, un automatismo tra la perdita del requisito di onorabilità e l’applicazione di qualsiasi sanzione penale in materia previdenziale e assistenziale, comunque comminata, escludendo in radice una possibilità di valutazione da parte dell’amministrazione circa la tipologia di infrazione compiuta o l’entità della sanzione subita o altro elemento rilevante.

    Come statuito da questa Corte in altri settori dell’ordinamento (è richiamata la sentenza n. 202 del 2013), infatti, gli automatismi disposti dal legislatore devono rispecchiare un ragionevole bilanciamento tra tutti gli interessi e i diritti di rilievo costituzionale coinvolti, con conseguente illegittimità di quelle disposizioni legislative che incidano in modo sproporzionato e irragionevole sui diritti fondamentali (sono richiamate le sentenze n. 245 del 2011, n. 299 e n. 249 del 2010).

    Nel caso in esame, l’automatismo non sarebbe conforme alla previsione dell’art. 3 Cost., in tema di ragionevolezza e proporzionalità.

    In particolare, la libertà di iniziativa economica privata, protetta dalla Costituzione e richiamata anche dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, potrebbe essere agevolmente configurata quale diritto fondamentale del cittadino, anche nella prospettiva dinamica di strumento per la concreta manifestazione della propria personalità, nonché di crescita e sviluppo sociale ed economico della società. Tale diritto resterebbe definitivamente ed inesorabilmente...

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