Sentenza nº 92 da Constitutional Court (Italy), 27 Aprile 2018

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione27 Aprile 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 92

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 398, comma 5, e 133 del codice di procedura penale, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Lecce nel procedimento penale a carico di G. R., con ordinanza del 1° dicembre 2015, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2018 il Giudice relatore Franco Modugno.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 1° dicembre 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 3 e 4 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, degli artt. 398, comma 5, e 133 del codice di procedura penale, nella parte in cui «non prevedono che, laddove la mancata comparizione del testimone minorenne sia dovuta a situazioni di disagio che ne compromettono il benessere, e sia possibile ovviare ad esse procedendo all’esame del minore presso il tribunale competente in relazione al luogo della sua dimora, […] possa ritenersi giustificata la sua mancata comparizione e rogarsi il compimento dell’incidente al [giudice per le indagini preliminari] del tribunale nel cui circondario risiede il minore».

    1.1.– Il rimettente riferisce che, nel giudizio a quo, si procede nei confronti di una persona imputata del delitto di maltrattamenti in danno del figlio minorenne della propria convivente. Riferisce, altresì, che su istanza dell’imputato, formulata nel corso dell’udienza preliminare – come consentito a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1994 – era stata disposta l’assunzione della testimonianza del minore nelle forme dell’incidente probatorio, ai sensi dell’art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen.

    Il difensore della persona offesa aveva ripetutamente chiesto che l’incidente probatorio fosse rinviato o sospeso, ovvero delegato al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Avellino – città nella quale il minore risiedeva con il padre –, ovvero ancora che vi procedesse lo stesso GIP di Lecce, ma sempre nel luogo di residenza del minore. Le istanze erano state motivate con lo stress accumulato da quest’ultimo, già esaminato più volte in sede di giudizio civile, con i problemi che la trasferta gli avrebbe recato sul piano della frequentazione e del rendimento scolastico, nonché con il disagio, manifestato dal minore, «a venire a Lecce, ove non si sent[iva] tranquillo per il timore di incontrare l’imputato».

    Il giudice a quo aveva disatteso, tuttavia, tali istanze con ordinanza del 30 settembre 2015, fissando al 27 novembre 2015 l’udienza per l’espletamento dell’incidente probatorio avanti a sé. Nell’occasione, il rimettente aveva rilevato come il «pur comprensibile» disagio lamentato dal minore non potesse condurre ad un apprezzamento di pericolosità dell’atto processuale per la sua salute, tale da giustificare la revoca dell’incidente probatorio. Con un precedente incidente probatorio era stata, infatti, espletata una perizia proprio per verificare la capacità a testimoniare del minore e l’esistenza di «problematicità» connesse alla sua sottoposizione ad esame: «problematicità» che il perito aveva escluso, stante «l’elevata maturità del minore» – ormai sedicenne – «e l’assenza di segni di fragilità». Nella medesima ordinanza si era rilevato, altresì, come non ricorressero nemmeno i presupposti per un esame del minore «a domicilio». Il comma 5-bis dell’art. 398 cod. proc. pen. consente, infatti, che l’udienza per l’espletamento dell’incidente probatorio si tenga in luogo diverso dal tribunale, allorché occorra assumere la testimonianza di un minore, prevedendo, tuttavia, l’esame presso l’abitazione della persona interessata solo qualora non esistano «strutture specializzate di assistenza»: strutture, di contro, reperibili nel circondario di Lecce presso il Tribunale per i minorenni, che disponeva di locali appositamente attrezzati. La finalità della citata disposizione non sarebbe, d’altra parte, quella di limitare i disagi di una eventuale trasferta, ma l’altra – da essa espressamente richiamata – di salvaguardare le «esigenze di tutela delle persone»: e ciò segnatamente a fronte dei pregiudizi di ordine emotivo e psicologico che possono derivare al minore da un esame in udienza a diretto contatto con le parti, compresi i soggetti che avrebbero eventualmente abusato di lui. Nella specie, peraltro, il minore era già stato sentito in diverse occasioni presso il Tribunale per i minorenni di Lecce, senza mai manifestare alcun disagio per il trasferimento. Il perito aveva, inoltre, chiarito che il minore, in ragione del suo «sviluppo evolutivo e psicologico», poteva essere senz’altro esaminato direttamente dalle parti. Lo svolgimento dell’incidente probatorio ad Avellino, anziché a Lecce, non avrebbe offerto, d’altronde, alcuna garanzia in più sotto il profilo della tutela del minore, posto che, ai sensi dell’art. 401, comma 3, cod. proc. pen., l’imputato – autore dei presunti maltrattamenti – avrebbe avuto, comunque sia, il diritto di assistere all’assunzione della testimonianza. Non sussistevano, pertanto, «controindicazioni» all’esame del minore in Lecce, laddove, invece, l’espletamento dell’incombente nel suo luogo di residenza avrebbe comportato «anche ostacoli al piano esercizio del diritto di difesa, al cui servizio si pone […] il principio che assegna la competenza […] territoriale al giudice del locus commissi delicti». Proprio in questa prospettiva, l’art. 398, comma 5, cod. proc. pen., nell’individuare i casi nei quali l’incidente probatorio può essere delegato ad altro giudice, fa riferimento alle ipotesi nelle quali il mezzo di prova debba essere necessariamente assunto fuori del circondario del giudice che lo dispone, richiedendo, altresì, che ricorrano «ragioni di urgenza», nella specie non ravvisabili.

    Il giudice rimettente aveva, quindi, conclusivamente ritenuto che le preoccupazioni e i disagi manifestati dal minore imponessero soltanto di fare in modo che il suo esame avvenisse «con modalità protette», tali da evitargli il contatto, anche solo visivo, con l’imputato prima, durante e dopo l’incidente probatorio, in maniera da tutelare la sua «tranquillità emotiva». In quest’ottica, il rimettente – oltre a richiedere l’assistenza di uno psicologo – aveva disposto una serie di cautele, stabilendo, in particolare, differenti orari di arrivo per i due interessati e il divieto, per l’imputato, di comparire prima di un certo orario, così da consentire al minore di raggiungere la sala destinata all’escussione senza incrociarlo. Aveva disposto, infine, che l’imputato fosse ammesso ad assistere all’esame dietro uno «schermo/specchio», in modo da non essere visto dal testimone.

    1.2.– All’udienza fissata per l’espletamento dell’incidente probatorio, il minore non era, peraltro, comparso. Confermando quanto preventivamente comunicato dai servizi sociali del Comune di Avellino, il difensore della persona offesa e il padre di quest’ultima, comparsi in udienza, avevano rappresentato la volontà «particolarmente intensa e ferma» del minore di essere sentito ad Avellino, e non a Lecce, per il «forte timore» di un possibile incontro con l’imputato e l’«elevato disagio» generato in lui dall’idea di un ritorno nel territorio salentino.

    Il rimettente esclude che una simile volontà – in assenza di una «seria controindicazione» per la salute del minore – possa integrare una situazione di «legittimo impedimento», atta a giustificare la mancata ottemperanza all’obbligo di comparire ai sensi degli artt. 133 e 198 cod. proc. pen. Ribadisce, altresì, come non ricorra una condizione di urgenza atta a giustificare la delega dell’incidente probatorio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale...

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