Sentenza nº 86 da Constitutional Court (Italy), 23 Aprile 2018

RelatoreMario Rosario Morelli
Data di Resoluzione23 Aprile 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 86

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria DE PRETIS ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANO’ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come sostituito dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), promosso dal Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra Mariangela Segata e la Cassa rurale di Trento, con ordinanza del 26 luglio 2016, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti l’atto di costituzione di Mariangela Segata, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l’avvocato Maria Cristina Osele per Mariangela Segata e l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio di opposizione – proposto da una lavoratrice avverso il decreto ingiuntivo con il quale la Cassa rurale sua datrice di lavoro, le aveva richiesto la restituzione dell’indennità corrispostale per il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e la data della sentenza che aveva riformato l’ordinanza di annullamento del licenziamento per giusta causa intimatole e di reintegrazione nel posto di lavoro, emessa a conclusione della fase sommaria – l’adito giudice monocratico del Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro, premessane la rilevanza e ritenutane la non manifesta infondatezza, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 (Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo), quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come sostituito dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), «nella parte in cui […] attribuisce, irragionevolmente, natura risarcitoria, anziché retributiva, alle somme di denaro che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere in relazione al periodo intercorrente dalla pronuncia di annullamento del licenziamento e di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro provvisoriamente esecutiva fino all’effettiva ripresa dell’attività lavorativa o fino alla pronuncia di riforma della prima».

    Secondo il rimettente, la qualificazione legislativa delle somme in questione in termini risarcitori contrasterebbe, appunto, con l’art. 3, primo comma, Cost.

    Per effetto dell’accertamento dell’illegittimità del licenziamento e della conseguente condanna del datore di lavoro alla riassunzione del lavoratore, vi sarebbe, infatti, un pronto ripristino del rapporto lavorativo (in base alla riaffermata vigenza della lex contractus), con il correlato diritto del lavoratore a percepire il trattamento retributivo spettante, quale obbligazione primaria e finale con valenza corrispettiva, e ciò anche quando il datore di lavoro non adempia (come nella specie) all’obbligo di riammissione in servizio e corrisponda, invece, la relativa indennità, poiché, in tal caso, si realizzerebbe «un’ipotesi di mora accipiendi ([…] con correlativa equiparazione, ai fini della spettanza della retribuzione, della mera utilizzabilità delle energie lavorative del dipendente all’effettiva utilizzazione)».

    Diversamente, se «solo l’effettiva riammissione del lavoratore in servizio [fosse] in grado di mutare da risarcitori[a] a retributiv[a] la natura del titolo di corresponsione delle somme (commisurate alle retribuzioni maturate) versate dal datore successivamente alla pronuncia di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro», si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, sotto il profilo della...

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