Sentenza nº 83 da Constitutional Court (Italy), 20 Aprile 2018

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione20 Aprile 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 83

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria DE PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 79, comma 1, e 83 della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilità regionale 2017), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio - 2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo 2017 ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nella udienza pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Andrea Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 28 febbraio - 2 marzo 2017, depositato il 7 marzo 2017 e iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, tra gli altri, gli artt. 79, comma 1, e 83 della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilità regionale 2017), in riferimento agli artt. 3, 41, 117, primo comma, quest’ultimo in relazione agli artt. 49, 56, 106 e 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e 117, secondo comma, lettera e), e 120 della Costituzione.

    1.1.– L’art. 79, comma 1, della legge reg. Veneto n. 30 del 2016 così recita: «In considerazione della gravità della crisi economica che ha colpito il sistema produttivo regionale veneto, al fine di non creare disparità di trattamento con le imprese di cui all’articolo 55, comma 3, della legge regionale 27 aprile 2015, n. 6 “Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015”, non si procede alla revoca dell’agevolazione nei casi di violazione delle lettere b), c) e d), del comma 1 dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 314 “Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell’imprenditoria femminile” di cui alla abrogata legge 25 febbraio 1992, n. 215 “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”. Sono fatti salvi i provvedimenti amministrativi già adottati, con esclusione degli accertamenti e delle procedure di riscossione coattiva non ancora concluse alla data di entrata in vigore della presente legge».

    Secondo il Governo, la norma regionale ‒ stabilendo, in deroga alla disciplina statale, che non si procede alla revoca e al recupero degli aiuti previsti in favore dell’imprenditoria femminile, anche quando siano venuti meno i presupposti per la loro erogazione – si esporrebbe a due censure di legittimità costituzionale, e segnatamente: violerebbe la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato e, in ogni caso, eccederebbe la competenza legislativa regionale.

    Con riguardo al primo motivo, si tratterebbe di un finanziamento alle imprese ‒ in particolare di una misura di sostegno economico genericamente finalizzata alla riduzione dei maggiori costi derivanti dalla crisi economica ‒ che si porrebbe in contrasto con il divieto di aiuti di Stato prescritto dall’art. 107 TFUE in quanto: la Regione avrebbe omesso di notificare la misura alla Commissione europea; a prescindere da tale omissione, la differenziazione normativa introdotta a favore delle imprese venete sarebbe priva di un fondamento giustificativo idoneo a renderla compatibile con il mercato interno.

    Né una valida giustificazione della norma impugnata potrebbe essere ravvisata nel riferimento che essa stessa opera alle ipotesi contemplate dall’art. 55, comma 3, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015). Tale norma dispone che «[n]ei casi di violazione dell’articolo 20, comma l, lettere b) e c) del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 314 “Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell’imprenditoria femminile”, si procede alla revoca parziale delle agevolazioni in relazione al periodo di mancato utilizzo dei beni nella destinazione originaria o di mancato mantenimento delle condizioni che hanno determinato la concessione del beneficio. Dalla data di entrata in vigore della presente legge non producono effetti gli eventuali provvedimenti di revoca totale già adottati». Non si vedrebbe, infatti, come una disposizione che prevede la revoca parziale degli aiuti non utilizzati in conformità, possa giustificare «per parità di trattamento» la rinuncia totale alla revoca e al recupero nei casi indicati nella disposizione censurata.

    La norma sarebbe quindi illegittima per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 107 TFUE.

    Quanto al secondo profilo di censura, il d.P.R. 28 luglio 2000, n. 314 (Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell’imprenditoria femminile) ‒ derogato dalla disposizione regionale ‒ sarebbe manifestazione della competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza, attenendo a una finalità di politica economica di rilevanza nazionale e non locale. Con la disposizione censurata, la Regione Veneto avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Né la facoltà per le regioni di inserirsi nell’intervento statale di sostegno, integrandone le risorse, potrebbe fondare una loro competenza legislativa in materia, essendo evidente che l’intervento rimarrebbe di iniziativa e di competenza statale.

    1.2.– L’art. 83 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016 reca la rubrica «Limitazione degli interventi sul fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa» e prevede quanto segue: «1. Al fine di facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese (PMI), tenuto conto dell’operatività del fondo regionale di garanzia di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge regionale 13 agosto 2004, n. 19 “Interventi di ingegneria finanziaria per il sostegno e lo sviluppo delle piccole e medie imprese”, la Giunta regionale è autorizzata ad avviare le procedure per limitare nel territorio della Regione del Veneto l’intervento del fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, alla controgaranzia delle garanzie emesse dal predetto fondo regionale e di quelle emesse dai consorzi di garanzia fidi, aventi sede operativa in Veneto ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”. 2. La limitazione dell’intervento del fondo di garanzia di cui al comma 1 è richiesta in via sperimentale per un periodo massimo di anni due e per operazioni di importo fino a 100.000,00 euro e potrà conformarsi alle evoluzioni della normativa che regola il funzionamento del fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996».

    La norma è impugnata «nella parte in cui circoscrive l’intervento in controgaranzia del Fondo di Garanzia del Mediocredito Centrale alle sole garanzie rilasciate dai Confidi aventi sede operativa in Veneto», in riferimento agli artt. 3, 41 (parametro citato solo nel corpo della motivazione), 117, primo e secondo comma, lettera e), e 120 Cost.

    Il ricorrente richiama alcune decisioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) che avrebbero messo in evidenza le conseguenze anticoncorrenziali derivanti da vincoli a carattere territoriale imposti ai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (cosiddetti “confidi”) per legge regionale (o per atto amministrativo attuativo di una legge regionale) ai fini dell’accesso a contributi pubblici, con particolare riferimento alla previsione del requisito della sede legale od operativa in una determinata Regione. Una previsione di questo tipo limiterebbe di fatto l’accesso al mercato geografico di riferimento dei confidi nuovi...

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