Sentenza nº 81 da Constitutional Court (Italy), 20 Aprile 2018

RelatoreMarta Cartabia
Data di Resoluzione20 Aprile 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 81

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), intero testo, e dell’art. 4 della medesima legge, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, spedito per la notificazione il 13 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2017, iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione della Regione Veneto nonché l’atto di intervento dell’associazione “Aggregazione Veneta – Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete” e di L. P.;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri, gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto, e Marco Della Luna per l’associazione “Aggregazione Veneta – Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete” e L. P.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), per intero e con riguardo all’art. 4.

    Pur riconoscendo che le censure relative al vizio di competenza del legislatore regionale rivestono carattere preliminare e assorbente, il ricorrente illustra innanzitutto le violazioni di ordine sostanziale riferibili all’intero testo della legge regionale impugnata.

    1.1.– Il primo motivo di impugnazione concerne la violazione degli artt. 5, 6 e 114 della Costituzione.

    La legge regionale impugnata qualifica il «popolo veneto» – e cioè l’intera popolazione vivente nel territorio delle province e della città metropolitana elencate nell’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale statutaria 12 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto) – come “minoranza nazionale” ai sensi della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva con la legge 28 agosto 1997, n. 302. Ciò contrasterebbe con l’art. 114, primo comma, della Costituzione perché tale norma costituzionale, nel prevedere che Comuni, Province, Regioni, Città metropolitane e Stato concorrono nelle loro componenti personale e territoriale a formare la Repubblica, andrebbe intesa nel senso che la popolazione riferibile a uno di tali enti esponenziali non possa essere anche identificata per ciò solo come “minoranza nazionale”, staccata e contrapposta rispetto alla maggioranza della popolazione della Repubblica e per questo meritevole di protezione ai sensi della convenzione-quadro. Una tale qualificazione della popolazione del Veneto lederebbe altresì il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost., principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale, sottratto persino al potere di revisione costituzionale, come questa Corte avrebbe affermato nella sentenza n. 118 del 2015, resa sempre nei confronti della Regione Veneto. Il ricorrente osserva che l’art. 5 Cost. rappresenta la Repubblica come una comunità nazionale dotata di una propria identità e generatrice di un ordinamento unitario e non come «una somma materiale di minoranze autopostesi come tali, l’una estranea all’altra e coesistenti tra loro su una base giuridicamente non definita ma comunque precaria». Che le minoranze siano realtà che la Repubblica considera come ulteriori rispetto alle proprie componenti costitutive di tipo personale, e proprio per questo meritevoli di una tutela specifica, sarebbe comprovato dall’art. 6 Cost., là dove afferma che «la Repubblica» in tutte le sue articolazioni, comprese quindi le Regioni, tutela le minoranze linguistiche, le quali dunque non possono coincidere con le articolazioni della Repubblica stessa, quali sono le Regioni o, più precisamente, le loro componenti personali. Ciò che la Corte costituzionale ha stabilito a proposito delle minoranze linguistiche, negando che all’articolazione politico-amministrativa degli enti territoriali di cui si compone la Repubblica possa corrispondere automaticamente una ripartizione del popolo in improbabili sue frazioni (si richiama la sentenza n. 170 del 2010), dovrebbe affermarsi a maggior ragione per le minoranze nazionali. D’altra parte, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe lo stesso contenuto della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali a confermare che la popolazione di una Regione non possa formare di per sé una “minoranza nazionale”: se è vero che la convenzione-quadro presuppone una situazione di pericolo di lesione di diritti fondamentali degli appartenenti alla “minoranza nazionale”, allora sarebbe contraddittorio dire che la popolazione di una Regione in quanto tale è esposta al rischio di violazione di diritti costituzionali fondamentali da parte della Repubblica, proprio perché anche la Regione è elemento costitutivo della Repubblica e dunque tenuta anch’essa a garantire quei diritti. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le censure rivolte all’art. 1 della legge regionale impugnata, che identifica l’aspetto soggettivo della “minoranza nazionale” con la popolazione del Veneto, andrebbero estese all’art. 2, che determina i contenuti oggettivi della tutela che si vorrebbe apprestare tramite un rinvio alla convenzione-quadro, quali ad esempio, la salvaguardia degli «elementi essenziali» dell’identità, come «la religione, la lingua, le tradizioni ed il patrimonio culturale» di cui all’art. 5 della convenzione-quadro. La “minoranza nazionale” a cui si riferisce la convenzione-quadro, tuttavia, è qualcosa di contrapposto alla maggioranza del popolo organizzato nell’ordinamento generale, di cui la minoranza stessa deve rispettare la leggi e i diritti ivi garantiti (art. 20). Anche l’art. 3 della legge regionale impugnata, che prefigura un ente incaricato del compito di raccogliere le dichiarazioni spontanee di appartenenza alla presunta minoranza veneta, incorrerebbe, conseguenzialmente, nella violazione delle medesime norme costituzionali, in quanto consente ai singoli appartenenti alla popolazione di una Regione di decidere individualmente se la loro appartenenza al popolo italiano sia piena oppure mediata dalla collocazione in una entità che si distingue e si contrappone al popolo italiano. Sarebbe poi affetto dai medesimi vizi di costituzionalità anche l’art. 4 della legge che, trattando gli aspetti finanziari, ha funzione secondaria e servente rispetto agli articoli precedenti.

    1.2.– Il secondo motivo di censura, sempre relativo alla legge regionale nella sua interezza, riguarda la violazione degli artt. 2 e 3 Cost. Il ricorrente ricorda che secondo la giurisprudenza costituzionale si può riconoscere una minoranza, titolare di uno status particolare, solo quando lo impongano i principi...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT