Sentenza nº 82 da Constitutional Court (Italy), 20 Aprile 2018

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione20 Aprile 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 82

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria DE PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 5, e 20 della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilità regionale 2017), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio-2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo 2017 ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Andrea Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso spedito per la notifica il 28 febbraio 2017 e depositato il successivo 7 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilità regionale 2017) e, tra esse, degli artt. 6, comma 5, e 20, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere h) ed o), della Costituzione.

    1.1.– Il ricorrente premette che l’art. 6 della citata legge regionale istituisce il Servizio regionale di vigilanza (comma 1) e assegna alla Giunta regionale il compito di individuarne la struttura e di determinarne le competenze (comma 2). Fra queste ultime, la difesa statale precisa che il citato articolo individua «le attività di controllo e di vigilanza: a) correlate alle funzioni non fondamentali conferite dalla Regione alle province e alla Città metropolitana di Venezia, di cui all’articolo 2, comma 1, della legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19», nonché quelle «b) relative alla tutela e salvaguardia della fauna selvatica e all’attività di prelievo venatorio di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” e alla legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio” nonché della fauna ittica e della pesca nelle acque interne di cui alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 “Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell’esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto” ricadenti nelle funzioni non fondamentali conferite dalla Regione alle province e alla Città metropolitana di Venezia, di cui all’articolo 2, comma 1 della legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19 […]» (comma 3).

    Tali attività – prosegue il ricorrente – sono assegnate al «personale addetto alle attività di polizia provinciale», «già inserito, ai sensi dell’articolo 9, comma 7, della legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19, nella dotazione organica delle Province e della Città metropolitana di Venezia», il quale «viene trasferito nella dotazione organica della Regione e assegnato al Servizio regionale di vigilanza» (comma 4) e al quale, oltre a essere assicurate «tutte le indennità e il trattamento economico già maturati ed in godimento nell’Amministrazione di provenienza», «sono conservate le qualifiche di cui sono titolari (recte: è titolare)» (comma 5).

    Quest’ultima previsione, contenuta nel richiamato comma 5 – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. Essa, infatti, disponendo la conservazione delle qualifiche previste per il personale della polizia provinciale trasferito al Servizio regionale di vigilanza, comporterebbe anche la conservazione della qualifica di agente di polizia giudiziaria, con conseguente invasione della competenza statale esclusiva in materia di «ordine pubblico e sicurezza». La difesa statale ricorda, infatti, che l’art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale) stabilisce che «[i]l personale che svolge servizio di polizia municipale, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche […] funzioni di polizia giudiziaria», e che l’art. 57, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale non contempla una simile possibilità per il personale regionale.

    La legge regionale, pertanto, nel riorganizzare i servizi di vigilanza regionali anche mediante il trasferimento di parte del personale della polizia provinciale o municipale, non avrebbe titolo a attribuire a tale personale, divenuto a tutti gli effetti regionale, la suddetta qualifica di agente di polizia giudiziaria. L’attribuzione di tali qualifiche sarebbe, infatti, essenziale per lo svolgimento delle funzioni di tutela dell’ordine e...

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