Sentenza nº 13 da Constitutional Court (Italy), 30 Gennaio 2018

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione30 Gennaio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 13

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 829, terzo comma, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 24 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80), in combinato disposto con l’art. 27, comma 4, del medesimo decreto legislativo, promosso dalla Corte di appello di Milano nel procedimento vertente tra la Ferri Immobiliare srl e l’Unicredit spa, con ordinanza del 16 dicembre 2016, iscritta al n. 61 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte di appello di Milano, con ordinanza del 16 dicembre 2016, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 829, terzo comma, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 24 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80), in combinato disposto con l’art. 27, comma 4, del medesimo decreto legislativo, nell’interpretazione, che ritiene costituire «diritto vivente», enunciata dalle sentenze della Corte di cassazione, sezioni unite, n. 9341, 9285 e 9284 del 9 maggio 2016.

    L’art. 829, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente, sostituito al precedente dall’art. 24 del d.lgs. n. 40 del 2006, entrato in vigore il 2 marzo 2006, stabilisce che «[l]’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico», precludendo con ciò la sindacabilità del lodo arbitrale per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, in assenza di una espressa previsione delle parti o della legge. Prima della riforma del 2006, la norma stabiliva, invece, che l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto era sempre ammessa, salvo che le parti avessero autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.

    L’art. 27, comma 4, del d.lgs. n. 40 del 2006, recante la disciplina transitoria, stabilisce che «[l]e disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto».

    Osserva il rimettente che, alla stregua dell’interpretazione indicata dalle menzionate sentenze gemelle delle sezioni unite, il mutato regime di impugnabilità del lodo non sarebbe applicabile ai giudizi arbitrali promossi dopo il 2 marzo 2006, se azionati in forza di convenzioni di arbitrato stipulate prima della riforma.

    Ad avviso del rimettente sarebbe da escludere la possibilità di una diversa interpretazione, costituzionalmente orientata, della norma censurata, in...

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