Sentenza nº 15 da Constitutional Court (Italy), 30 Gennaio 2018

RelatoreGiuliano Amato
Data di Resoluzione30 Gennaio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 15

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giovanni AMOROSO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 739, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara, nel procedimento vertente tra Studio Cinque Outdoor srl e il Comune di Montesilvano e altra, con ordinanza del 1° febbraio 2017, iscritta al n. 66 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato.

Ritenuto in fatto

  1. – La Commissione tributaria provinciale di Pescara, con ordinanza del 1° febbraio 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 53, 97, 102, 114, 117, sesto comma, in relazione all’art. 4, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 739, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui non estende a tutti i Comuni l’efficacia dell’abrogazione della facoltà di aumento delle “tariffe base” dell’imposta comunale di pubblicità (ICP), disciplinata dall’art. 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), come modificato dall’art. 30, comma 17, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge finanziaria 2000)».

    La disposizione censurata prevede che: «[l]’articolo 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui abroga l’articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, relativo alla facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si interpreta nel senso che l’abrogazione non ha effetto per i comuni che si erano già avvalsi di tale facoltà prima della data di entrata in vigore del predetto articolo 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012».

  2. – La Commissione tributaria provinciale rimettente riferisce di essere chiamata a pronunciarsi a seguito dell’impugnazione di un atto di accertamento relativo all’imposta comunale sulla pubblicità del Comune di Montesilvano per l’anno 2015 – sostitutivo di un precedente atto e recante una rimodulazione degli importi dovuti a seguito di mediazione tributaria – censurato in relazione alle modalità di accertamento dell’imposta, con richiesta, altresì, di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015.

    2.1.– Premette il giudice a quo che l’imposta comunale sulla pubblicità è disciplinata dal Capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale), che ha introdotto una “tariffa base” a carico delle imprese pubblicitarie, applicandola ai Comuni, soggetti attivi di tale imposta, suddivisi in cinque classi a seconda del numero degli abitanti, in ossequio all’art. 53 Cost. (art. 2); tariffa base a cui il regolamento comunale può apportare una serie di maggiorazioni previste dallo stesso d.lgs. n. 507 del 1993. Il Comune interessato, quindi, entro il 31 marzo dell’anno di riferimento dell’imposta, deve determinare l’ammontare di essa con le varie maggiorazioni.

    Nella tracciata ricostruzione, il rimettente precisa che l’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, dispone, in caso di mancata delibera per gli anni successivi a quello di adozione del regolamento, che sono prorogate le tariffe dell’anno precedente (principio di “ultrattività delle tariffe”).

    L’art. 11, comma 10, della legge n. 449 del 1997, «nel testo modificato dall’art. 30, 1° comma, n. 388/1999 (recte: art. 30, comma 17, della legge n. 488 del 1999), ha previsto per i Comuni la facoltà di stabilire ulteriori maggiorazioni, fino al cinquanta per cento dell’imposta, in considerazione delle differenti realtà socio-economiche del territorio di riferimento.

    Tale facoltà è stata sospesa dapprima dall’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126. La sospensione è stata poi confermata, per il triennio 2009-2011, dall’art. 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Successivamente, l’art. 4, comma 4, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato l’art. 77-bis, comma 30, del d.l. n. 112 del 2008 e la sospensione, da esso prevista, del potere degli enti locali di adottare aumenti delle aliquote.

    Limitatamente alle tariffe dell’imposta di pubblicità, da ultimo, è intervenuto l’art. 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha definitivamente abrogato la facoltà di disporre le ulteriori maggiorazioni all’ICP, introdotta dall’art. 11, comma 10, della legge n. 449 del 1997. L’art. 23, comma 11, del d.l. n. 83 del 2012, nondimeno, prevedeva che i procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto-legge fossero disciplinati, fino alla loro definizione, dalle disposizioni abrogate.

    Secondo il giudice rimettente ciò avrebbe fatto sorgere un problema interpretativo sull’esatta applicazione di tale normativa, in particolare riguardo alla circostanza se le delibere comunali confermative delle precedenti delibere, recanti le tariffe maggiorate, fossero illegittime o comunque disapplicabili per gli anni successivi al 2012.

    Infatti, molti Comuni avevano inteso la disposizione di cui al citato comma 11 come clausola di salvaguardia degli aumenti disposti prima dell’abrogazione, che quindi potevano continuare ad essere applicati; le imprese di pubblicità, d’altro canto, originavano un notevole contenzioso finalizzato a ripristinare le tariffe originarie ai sensi del Capo I del d.lgs. n. 507 del 1993.

    Sul punto è intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, 22 dicembre 2014, n. 6201, stabilendo che le delibere, anche tacite, confermative delle tariffe applicate in base alla legge n. 449 del l997, poi abrogata, fossero illegittime; atteso il mutamento della disciplina nazionale di riferimento, infatti, anche la mera conferma rappresenterebbe una modificazione delle tariffe, effettuata in base ad una disposizione non più vigente.

    Diversamente, il parere del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 13 gennaio 2015, n. 368 ha ritenuto che la disposizione in questione comportasse solamente l’illegittimità di nuovi aumenti, disposti...

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