Sentenza nº 6 da Constitutional Court (Italy), 18 Gennaio 2018

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione18 Gennaio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 6

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), promossi dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza dell’8 aprile 2016, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania con ordinanza del 24 maggio 2016 e dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza del 26 aprile 2016, iscritte, rispettivamente, ai nn. 107, 218 e 260 del registro ordinanze 2016, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 22, 44 e 52, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti gli atti di costituzione di A. N., dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, della Regione Campania, e di M.C. P. e G. R., quest’ultimo atto fuori termine;

udito nella udienza pubblica del 5 dicembre 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Sabatino Rainone per A. N., Maria Morrone per l’INPS, Angelo Abignente per l’Università degli Studi di Napoli Federico II e Rosanna Panariello per la Regione Campania.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ordinanza iscritta al n. 107 r.o. 2016, le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno sollevato, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), «nella parte in cui prevede che le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30.06.98 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000».

    1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

    − alcuni medici svolgenti attività professionale remunerata a gettone hanno proposto ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione avverso la sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, 30 luglio 2013, n. 4001, con cui era stata confermata la decisione del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso volto all’accertamento della sussistenza di un rapporto di impiego di fatto alle dipendenze del Policlinico dell’Università degli studi di Napoli Federico II (d’ora in avanti: l’Università di Napoli o l’Università), e alla sua condanna, unitamente all’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), alla conseguente regolarizzazione contributiva;

    − la declaratoria di inammissibilità si fondava sulla intervenuta decadenza prevista dall’art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, trattandosi di domanda attinente a un periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ma proposta dopo il 15 settembre 2000;

    − successivamente alla menzionata decisione del Consiglio di Stato, la Corte europea dei diritti dell’uomo, adita da altri medici che versavano nella medesima condizione giuridica dei ricorrenti, con le sentenze Mottola contro Italia e Staibano e altri contro Italia del 4 febbraio 2014 (d’ora in avanti: sentenze Mottola e Staibano), aveva accertato una duplice violazione degli obblighi convenzionali da parte dello Stato italiano;

    − in particolare, la Corte EDU aveva accertato la violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, relativamente al diritto di accesso a un tribunale, poiché la decadenza prevista dalla norma censurata avrebbe «posto un ostacolo procedurale costituente sostanziale negazione del diritto invocato»; nonché dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, poiché il diritto di credito pensionistico dei ricorrenti, in quanto riconosciuto dalla giurisprudenza interna, costituiva ai sensi del citato parametro convenzionale un «bene» della persona e la decisione del Consiglio di Stato aveva svuotato la loro legittima aspettativa al suo conseguimento;

    − sulla base di tali premesse i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo che, alla luce delle pronunce Mottola e Staibano, l’interpretazione dell’art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001 adottata dal Consiglio di Stato si risolve in un diniego di tutela giurisdizionale in violazione dell’art. 6 della CEDU, sanzionabile davanti alle sezioni unite ai sensi dell’art. 362, primo comma, del codice di procedura civile.

    1.2.− In punto di rilevanza, il rimettente riferisce che la decisione gravata è stata depositata in data 30 luglio 2013, con la conseguenza che, in mancanza di notificazione, la decadenza dall’impugnazione si sarebbe realizzata allo scadere di un anno dalla pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 327, primo comma, cod. proc. civ., nella formulazione antecedente la riforma introdotta dall’art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile).

    Il ricorso per cassazione, notificato alle controparti il 21 marzo e il 19 aprile 2014, sarebbe quindi tempestivo, con la conseguenza che, «non essendosi ancora creato un giudicato al riguardo, la questione della corretta affermazione della giurisdizione è tuttora aperta».

    Sempre in punto di rilevanza, le sezioni unite ritengono sussistenti i presupposti che giustificano il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione avverso la sentenza del Consiglio di Stato.

    Il rimettente ricorda che, secondo la propria giurisprudenza consolidata, il sindacato esercitato dalla Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 362, primo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 110 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), è consentito ove si richieda l’accertamento dell’eventuale sconfinamento del secondo dai limiti esterni della giurisdizione, per il riscontro di vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo.

    A tale stregua, il rimedio in questione sarebbe esperibile nell’ipotesi in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato l’ambito della giurisdizione in generale − esercitandola nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, oppure, al contrario, negandola sull’erroneo presupposto che la domanda non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale − ovvero nell’ipotesi in cui abbia violato i cosiddetti limiti esterni della giurisdizione, allorquando, cioè, si pronunci su materia attribuita al giudice ordinario o ad altro giudice speciale, oppure neghi la sua giurisdizione nell’erroneo convincimento che appartenga ad altro giudice.

    Secondo il rimettente, però, quanto al confine oltre il quale le sezioni unite non possono spingersi nell’esercizio di tale sindacato, si sarebbe andata affermando una nozione di limite esterno «collegato all’evoluzione del concetto di giurisdizione», «da intendersi in senso dinamico, nel senso dell’effettività della tutela giurisdizionale».

    In quest’ottica, il giudizio sulla giurisdizione non sarebbe più uno strumento di «accertamento del potere di conoscere date controversie attribuito ai diversi ordini di giudici di cui l’ordinamento è dotato», ma costituirebbe uno strumento per affermare il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi: sarebbe norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca (si cita la sentenza delle sezioni unite 23 dicembre 2008, n. 30254).

    A tale principio − prosegue il rimettente − le sezioni unite hanno fatto ricorso in un caso in cui il Consiglio di Stato aveva interpretato una norma di diritto interno in termini contrastanti con il diritto dell’Unione europea per come risultante da una pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea successivamente intervenuta; in tale caso, la cassazione della sentenza è stata ritenuta indispensabile per impedire che il provvedimento giudiziario, una volta divenuto definitivo, esplicasse i suoi effetti in contrasto con il diritto comunitario (si cita la sentenza delle sezioni unite 6 dicembre 2015, n. 2403).

    Nel caso di specie, pur fondandosi la tutela giurisdizionale asseritamente negata non sul diritto dell’Unione ma su quello convenzionale, la situazione giuridica creatasi sarebbe analoga, perché anche in questo caso il giudice dell’impugnazione si troverebbe nella condizione di evitare che la decisione gravata, una volta divenuta definitiva, esplichi i suoi effetti in maniera contrastante con norme sovranazionali cui lo Stato italiano è tenuto a dare applicazione.

    Ad avviso delle sezioni unite, dunque, la situazione in esame rientrerebbe in uno di quei casi estremi in cui il giudice amministrativo adotta una decisione anomala o abnorme, omettendo l’esercizio del potere giurisdizionale per errores in iudicando o in procedendo che danno luogo al...

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