N. 7 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 settembre 2011

IL TRIBUNALE Letti gli atti, a scioglimento della riserva, ha pronunziato la seguente ordinanza.

Con ricorso depositato in cancelleria in data 29/11/2010,

Amorelli Giampiero, avvocato, gia' difensore del cittadino straniero Mike George, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento civile iscritto al n. 66797/06, avente ad oggetto riconoscimento dello status di rifugiato, ha proposto opposizione, ex art. 170 D.P.R. n. 115/02, avverso il decreto in data 16-27/7/2010, comunicato il 9/11/2010, con il quale, su sua istanza, il giudice istruttore aveva liquidato in € 832,00 le sue competenze.

Il ricorso, unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, e' stato ritualmente notificato alle controparti del giudizio a quo, nonche' al Ministero della giustizia ed all'amministrazione finanziaria.

Tra i molteplici motivi di doglianza, il ricorrente ha lamentato l'applicazione dell'art. 130 del citato D.P.R. n. 115/02 e la conseguente riduzione al 50% delle proprie competenze, operata dal giudice istruttore con l'impugnato decreto. In tale contesto, egli ha - sia pur in via subordinata rispetto ad altra argomentazione sollevato dubbi di legittimita' costituzionale della predetta disposizione.

Ritiene questo giudice che la questione sia rilevante e - sia pure per motivi in parte diversi da quelli esposti dal ricorrente non manifestamente infondata, per le ragioni che seguono.

  1. Sul contenuto precettivo dell'art. 130 D.P.R. n. 115/02 e sulla possibilita' di una sua interpretazione costituzionalmente orientata.

    Preliminarmente, in ossequio ai piu' recenti - ed ormai consolidati - orientamenti della giurisprudenza costituzionale, e' opportuno esaminare la possibilita' di dare della disposizione denunciata un'interpretazione costituzionalmente conforme.

    L'esame puo' essere breve. Se mai vi fu, in diritto, quel clar in cui, secondo la tradizione, non fit interpretatio, ebbene l'art. 130 ne costituisce un eccellente esempio.

    La disposizione recita: 'Gli importi spettanti al difensore [...] sono ridotti alla meta''. A meno, invero, di voler totalmente prescindere dal tenore testuale dell'enunciato normativo, non si vede in qual modo si potrebbe darne un'interpretazione diversa da quella che ne scaturisce a prima lettura: secondo la quale il giudice, nell'atto di quantificare gli onorari del difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di un procedimento civile, deve, una volta operata la liquidazione entro il limite degli importi medi previsti per lo scaglione di valore di riferimento, dividere il risultato per due ed attribuire al professionista soltanto la meta' del compenso liquidato.

    Piuttosto - ma e' cosa del tutto diversa - si potrebbe azzardare un'interpretazione del piu' ampio contesto normativo, nel quale si inserisce l'art. 130, tale da far ritenere irrilevante la questione di legittimita' costituzionale per intervenuta abrogazione della disposizione indubbiata: e' cio' che propone, in tesi principale, il ricorrente, sostenendo che il comma 2 dell'art. 2 ('Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali') del d.l. 4/7/2006 n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4/8/2006 n. 248 ('Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale'), nel disporre che 'il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale', avrebbe tacitamente abrogato l'art. 130 D.P.R. n. 115/02.

    Senonche', la tesi non e' condivisibile. Il primo comma del citato art. 2 (modificato in sede di conversione), alla lettera a), ha abolito l'obbligatorieta' delle tariffe professionali fisse o minime, consentendo cosi' alle parti del contratto di prestazione d'opera intellettuale di pattuire compensi inferiori ai minimi, ed il successivo comma 2 bis, pure introdotto dalla legge di conversione, ha imposto la forma scritta per la validita' dei patti in deroga alle tariffe forensi. In questo contesto, risulta evidente che la ratio della disposizione, poc'anzi riferita, che impone al giudice di liquidare le spese di giudizio ed i compensi professionali degli avvocati in base alla tariffa approvata, ha il solo scopo di chiarire che la liberalizzazione risultante dagli altri due commi e' circoscritta ai rapporti di natura contrattuale tra professionista e cliente e non si estende alle ipotesi di liquidazione per provvedimento dell'autorita'. Tale conclusione appare confermata dalla circostanza che la norma in questione non si riferisce soltanto al gratuito patrocinio, ma ad ogni ipotesi di liquidazione giudiziale delle spese di lite (tipicamente, quella compiuta a carico del soccombente nella sentenza che conclude il giudizio di merito), indipendentemente dall'applicabilita' o meno dell'art. 130 D.P.R. n.

    115/02: il che conferma l'esclusione di quel nesso logico tra le due disposizioni che giustificherebbe la conclusione dell'abrogazione tacita dell'una ad opera dell'altra. D'altro canto, la locuzione 'sulla base della tariffa' non vale ad escludere l'operativita' di ulteriori criteri di calcolo, prescritti da altre disposizioni di legge, che modifichino il risultato ottenuto dalla sommatoria degli importi relativi alle voci tabellari, individuati secondo lo scaglione di valore applicabile. In altri termini, e' compiuta 'sulla base della tariffa' anche quella liquidazione il cui risultato risenta anche dell'applicazione di una diversa disposizione di legge destinata, appunto, a modificarlo.

    Viene cosi' a mancare quell'antinomia, tra l'art. 130 D.P.R. n.

    115/02 e l'art. 2 d.l. 223/06 (come modificato in sede di conversione), che costituisce il presupposto dell'abrogazione tacita del primo ad opera del secondo.

  2. Sulla rilevanza ala legittimazione del giudice a qua.

    Cosi' confermata la perdurante vigenza dell'art. 130 D.P.R. n.

    115/02, la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale risulta palese.

    Il giudice dell'opposizione e' chiamato a sindacare un provvedimento (il decreto di liquidazione) con il quale e' stata gia' fatta applicazione della disposizione denunciata e ad emettere, a conclusione del procedimento, ordinanza non appellabile, ma impugnabile per cassazione ex art. 111 Cost., avente efficacia di titolo esecutivo per il pagamento delle somrne liquidate (art. 29 legge n. 794 del 1942). In caso di conferma del decreto, egli dovra' quindi avallare tale applicazione; mentre in caso di accoglimento del ricorso, nel procedere ad una nuova liquidazione, dovra' a sua volta dividere a meta' risultato ed attribuire al professionista il 50% della somma liquidata.

    L'eventuale declaratoria d'incostituzionalita' dell'art. 130, invece, comporterebbe l'automatico annullamento del decreto che ne abbia fatto applicazione e l'attribuzione per intero della somma ulteriormente (ri)liquidata al professionista, ed inciderebbe cosi', in maniera evidente, sull'esito del...

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