Ordinanza nº 222 da Constitutional Court (Italy), 25 Ottobre 2017

RelatoreAugusto Antonio Barbera
Data di Resoluzione25 Ottobre 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 222

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 186 e 137 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sezione fallimentare, nel procedimento vertente tra l’Azienda Agricola Il Tralcio di E. e L.F. e la Enofood Italia srl, con ordinanza del 28 ottobre 2015, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sezione fallimentare, con ordinanza del 28 ottobre 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, 38, secondo comma, e 41, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del «combinato disposto» degli artt. 137 e 186 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nei testi sostituiti, rispettivamente, dagli artt. 9, comma 10, e 17, comma 1, del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 (Disposizioni integrative e correttive al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80);

che, secondo l’ordinanza di rimessione, il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con decreto del 3 luglio 2009, ha omologato il concordato preventivo proposto da una società a responsabilità limitata e, successivamente, uno dei creditori ne ha chiesto la risoluzione per inadempimento;

che, ad avviso del rimettente, il ricorso per la risoluzione del concordato preventivo è stato proposto nel termine stabilito dall’art. 186, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 e sussisterebbe altresì la condizione prevista dal secondo comma di detta disposizione, e cioè un inadempimento di non «scarsa importanza»;

che, tuttavia, prosegue l’ordinanza di rimessione, «una volta rimosso il concordato preventivo», a seguito dell’accoglimento della domanda di risoluzione, poiché non sono stati proposti ricorsi per la dichiarazione di fallimento della società ammessa allo stesso, «la gestione dell’insolvenza» di quest’ultima «e l’amministrazione del suo patrimonio verrebbero rimesse, in mancanza di fallimento, ad una fase liquidatoria destrutturata e incoerente»;

che il Tribunale ordinario di Reggio Emilia dubita, quindi, della legittimità costituzionale del «combinato disposto» dei richiamati artt. 137 e 186, nella parte in cui «non prevede che, a seguito della pronuncia di risoluzione del concordato preventivo ad iniziativa di uno o più creditori, il tribunale possa dichiarare d’ufficio il fallimento dell’imprenditore, qualora non vi sia domanda in tal senso da parte dei creditori, del pubblico ministero o dello stesso debitore»;

che, secondo il rimettente, detto «combinato disposto» si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto la dichiarazione di fallimento determinerebbe «una vera e propria conversione della prima procedura nella seconda» e, conseguentemente, non sarebbe ragionevole «la soppressione totale del potere di dichiarare d’ufficio il fallimento dell’imprenditore» anche nel caso in esame, tenuto conto che «in altri settori dell’ordinamento le norme che disciplinano le procedure concorsuali che potremmo definire “speciali” sono rimaste invariate»;

che «l’irragionevolezza dell’impianto normativo» (e cioè degli artt. 137 e 186 del r.d. n. 267 del 1942) non sarebbe esclusa dall’attribuzione del potere di proporre ricorso per la dichiarazione di fallimento a coloro che sono...

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