Sentenza nº 229 da Constitutional Court (Italy), 25 Ottobre 2017

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione25 Ottobre 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 229

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge della Regione siciliana 29 settembre 2016, n. 20 (Disposizioni per favorire l’economia. Disposizioni varie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 6-14 dicembre 2016, depositato in cancelleria il 14 dicembre 2016 ed iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2016.

Udito nella udienza pubblica del 10 ottobre 2017 il Giudice relatore Daria de Pretis;

udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. ‒ Con ricorso notificato il 6-14 dicembre 2016, depositato il 14 dicembre 2016 ed iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 19 della legge della Regione siciliana 29 settembre 2016, n. 20 (Disposizioni per favorire l’economia. Disposizioni varie).

    La disposizione ‒ rubricata «Disposizioni in materia di denuncia dei pozzi» ‒ stabilisce che «[i]l termine finale previsto dalle disposizioni di cui al primo periodo dell’articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 recepito con modifiche dalla legge regionale 15 marzo 1994, n. 5 è differito al 31 dicembre 2017».

    L’art. 10, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (Riordino in materia di concessione di acque pubbliche), richiamato dalla norma impugnata, dispone che «tutti i pozzi esistenti, a qualunque uso adibiti, ancorché non utilizzati, sono denunciati dai proprietari, possessori o utilizzatori alla regione o provincia autonoma nonché alla provincia competente per territorio, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo».

    Questo termine per la denuncia dei pozzi è stato successivamente differito più volte dal legislatore statale, e segnatamente ad opera dapprima dell’art. 14 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507 (Misure urgenti in materia di dighe), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, poi dell’art. 28 della legge 30 aprile 1999, n. 136 (Norme per il sostegno ed il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica e per interventi in materia di opere a carattere ambientale), e quindi dell’art. 2 della legge 17 agosto 1999, n. 290 (Proroga di termini nel settore agricolo). Da ultimo, l’art. 96, comma 7, del decreto-legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ha stabilito che: «[i] termini […] per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell’articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007».

    Secondo il Governo, la Regione siciliana, introducendo una disciplina difforme da quella nazionale che prevede quale termine ultimo per la denuncia dei pozzi il 31 dicembre 2007, avrebbe ecceduto i limiti della propria competenza statutaria.

    L’art. 14, lettera i), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, riconosce alla Regione siciliana potestà legislativa esclusiva in materia di «acque pubbliche, in quanto non siano oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale». Questa attribuzione normativa, tuttavia, non potrebbe essere esercitata in violazione delle «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», tra le quali andrebbe ricompreso lo stesso art. 10 del d.lgs. n. 275 del 1993. Quest’ultima disposizione costituirebbe infatti espressione di uno standard di tutela ambientale da applicare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Del resto, in applicazione dei principi generali in tema di gerarchia delle fonti, non sarebbe consentito al legislatore regionale di prorogare un termine prescritto in un decreto legislativo.

    Sotto altro profilo – prosegue il ricorrente – la norma regionale impugnata si porrebbe in contrasto anche con la...

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