Sentenza nº 208 da Constitutional Court (Italy), 17 Luglio 2017

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione17 Luglio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 208

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, nel procedimento penale a carico di C. B. ed altri, con ordinanza del 29 settembre 2015, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti l’atto di costituzione di S. B., nella qualità di tutore legale di C. B., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi l’avvocato Stefano Sorrentino per S. B., nella qualità di tutore legale di C. B., e l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 29 settembre 2015 (r.o. n. 2 del 2016), il Tribunale ordinario di Napoli, sezione misure di prevenzione, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, nel procedimento di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, non prevede la revoca dell’ordinanza di sospensione disposta per l’infermità di mente del proposto, qualora si accerti che l’incapacità della persona è irreversibile.

    Il Tribunale rimettente riferisce che, su proposta del Procuratore distrettuale antimafia e del Questore, con due decreti del 21 e del 27 giugno 2011, aveva sottoposto a sequestro «svariati beni mobili e immobili intestati a B. C. (proposto anche per la misura di prevenzione personale cd. antimafia), alla moglie B. S. […], alle figlie B. A. […] e B. D.».

    Nel corso del procedimento è risultato che il proposto versava in una condizione di totale e irreversibile incapacità di partecipare consapevolmente, originata da un grave deterioramento mentale subito in seguito a un arresto cardiorespiratorio per un’overdose di cocaina, avvenuto nel 2003. Per questo stato mentale il proposto era stato dichiarato interdetto dal Tribunale di Napoli e la moglie ne era stata nominata tutore provvisorio.

    Il Tribunale, facendo applicazione dell’art. 71 cod. proc. pen., che aveva ritenuto applicabile anche al procedimento di prevenzione, ne aveva disposto la sospensione.

    In seguito a ripetuti accertamenti, il giudice rimettente era giunto alla conclusione che l’incapacità del proposto era divenuta irreversibile e che tale stato faceva «venir meno in radice ogni possibilità di ritenere attuale la sua eventuale pericolosità», sicché doveva «certamente escludersi uno dei requisiti essenziali per l’applicazione della misura di prevenzione personale ex art. 2 L. 575/65».

    Secondo la difesa del proposto, l’incapacità irreversibile avrebbe dovuto determinare il rigetto della «proposta tout court, anche per la parte patrimoniale, con restituzione dei beni agli aventi diritto», ma il Tribunale ha escluso la possibilità di adottare un provvedimento del genere. Infatti, secondo il giudice rimettente, una volta affermata «l’operatività della sospensione dell’art. 71 c.p.p.», non appariva «possibile alcuna analogia con la “sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere”; queste, mai previste dalla legislazione in materia di misure di prevenzione, [avrebbero] evidentemente ragione di essere solo nel procedimento penale di cognizione ed innanzi alla contestazione di ipotesi di reato».

    L’art. 72 cod. proc. pen., conclude il Tribunale, non è dunque in nessun modo interpretabile nel senso appena indicato.

    Ne conseguirebbe, a parere del giudice rimettente, «il pericolo di una permanente stasi processuale», perché il procedimento per l’applicazione della misura reale non potrebbe essere riavviato nei confronti dell’incapace, e nel frattempo continuerebbe ad avere efficacia il sequestro dei beni, disposto in precedenza in attesa di una decisione sulla confisca.

    Per superare la stasi processuale occorrerebbe una pronuncia di illegittimità costituzionale, che secondo il giudice rimettente dovrebbe riguardare solo il procedimento relativo all’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale.

    Il giudice sarebbe solo chiamato a stabilire se certi beni debbano essere sottratti al circuito economico di origine per escludere i condizionamenti criminali che li connotano ed evitare la formazione di patrimoni illeciti, considerato che, a partire dall’entrata in vigore dell’art. 2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), introdotto dall’art. 10, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, come sostituito dalla legge di conversione n. 125 del 2008, e modificato dall’art. 2, comma 22, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), la confisca può essere disposta anche a prescindere dalla concomitante applicazione della misura di prevenzione personale e dalla perdurante pericolosità sociale del proposto, al punto che può raggiungere anche gli eredi della persona pericolosa.

    Il giudice...

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