Sentenza nº 209 da Constitutional Court (Italy), 17 Luglio 2017

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione17 Luglio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 209

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 16, lettera f), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra RAI-Radiotelevisione Italiana spa, RAI Way spa e Roma Capitale ed altre, con ordinanza del 23 giugno 2015, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti l’atto di costituzione di RAI-Radiotelevisione Italiana spa e di RAI Way spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato Giuseppe Lavitola per RAI-Radiotelevisione Italiana spa e per RAI Way spa e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. − Il Consiglio di Stato, sezione quarta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 16, lettera f) della legge 30 luglio 2010, n. 122 [recte art. 14, comma 16, lettera f), del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122], per violazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione.

    La disposizione impugnata stabilisce che: «[…] in considerazione della specificità di Roma quale Capitale della Repubblica, e fino alla compiuta attuazione di quanto previsto ai sensi dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42 [recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione»], per garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, il Comune di Roma può adottare le seguenti apposite misure: […] f) contributo straordinario nella misura massima del sessantasei per cento del maggior valore immobiliare conseguibile, a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale. Detto contributo deve essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell’ambito di intervento cui accede, e può essere in parte volto anche a finanziare la spesa corrente, da destinare a progettazioni ed esecuzioni di opere di interesse generale, nonché alle attività urbanistiche e servizio del territorio. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli impegni di corresponsione di contributo straordinario già assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto d’obbligo a far data dall’entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente».

    La questione è sorta nell’ambito di un ricorso proposto da RAI-Radiotelevisione Italiana spa e RAI Way spa, con il quale dette società chiedevano l’annullamento dei provvedimenti relativi all’adozione del piano regolatore generale (PRG) del Comune di Roma, ed in particolare lamentavano l’illegittimità della previsione del contributo straordinario di cui al combinato disposto degli artt. 102, comma 5, e 20, comma 3, delle norme tecniche di attuazione (NTA), nella parte in cui assoggettano le cosiddette “valorizzazioni urbanistiche”, frutto della nuova pianificazione, ad un contributo straordinario, deducendo la carenza della necessaria base legislativa; con successiva memoria le ricorrenti sollevavano censure di incostituzionalità dell’art. 14, comma 16, lettera f) del d.l. n. 78 del 2010, nel testo sostituito dalla legge n. 122 del 2010 − entrato in vigore nelle more del giudizio di primo grado.

    Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sentenza n. 5887 del 2011, dichiarava inammissibile il ricorso per carenza di un interesse attuale e concreto a proporre l’impugnazione.

    In appello le società ricorrenti riproponevano le censure nei confronti dell’art. 14, comma 16, lettera f) del d.l. n. 78 del 2010, nonché dell’art. 17, comma 1, lettera g), n. 3, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), nel testo sostituito dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

    Il Consiglio di Stato, nell’accogliere alcune delle sollecitazioni delle società appellanti, premette di ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità accolta dal TAR del Lazio, in quanto non si potrebbe dubitare della ricorrenza dell’interesse ad agire. Infatti, secondo le società ricorrenti la dismissione delle aree cui farà seguito il mutamento di destinazione oggetto di contributo straordinario, costituirebbe un passaggio sicuro ed obbligato talché la lesione derivante dalle norme, oltre che concreta, sarebbe suscettibile di verificarsi con un elevato grado di probabilità nel prossimo futuro.

    Riferisce il rimettente che, per effetto di accordi conclusi tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai, per il passaggio delle trasmissioni radiotelevisive alla tecnologia digitale terrestre e per la riduzione dei servizi in onda media, le società ricorrenti avevano necessità di dismettere i complessi immobiliari siti in località «Prato smeraldo» e «Santa Palomba» sino a quel momento utilizzati per i servizi in precedenza erogati. A tale scopo, avevano a suo tempo formulato osservazioni al nuovo PRG di Roma, al fine di assoggettare le predette aree, a seguito della dismissione, a strumento urbanistico attuativo, chiedendo, per il complesso immobiliare di «Prato Smeraldo», una destinazione prevalentemente residenziale e, per quello di «Santa Palomba», una destinazione commerciale e a servizi. Le osservazioni erano state parzialmente accolte dal Comune di Roma, sicché l’art. 102, quinto comma, delle NTA, aveva previsto il riuso della edificazione dismessa con destinazioni d’uso commerciali e servizi, turistico-ricettive e produttive.

    La norma in questione prevedeva anche l’assoggettamento al contributo straordinario previsto dall’art. 20 delle stesse NTA, per la superficie destinata alle funzioni turistico-ricettive e produttive, escluse le destinazioni «servizi alle persone» e «attrezzature collettive».

    Secondo il giudice a quo tale previsione dovrebbe ritenersi già lesiva, nella misura in cui essa incide immediatamente sulla convenienza economica delle programmate operazioni di dismissione, tra l’altro poste a base delle osservazioni al PRG proposte dalle due società, e prese espressamente e specificatamente in considerazione dalle norme tecniche impugnate aventi proprio ad oggetto il «riuso della edificazione dismessa».

    In punto di rilevanza osserva ulteriormente il Consiglio di Stato che, pur potendo ritenersi − come già affermato in precedenza (è citata la sentenza del Cons. Stato 13 luglio 2010, n. 4545) − che disposizioni quali quelle contestate costituiscano espressione della potestà conformativa del territorio nell’esercizio della propria attività di pianificazione, concretizzatasi attraverso il ricorso a modelli privatistici e consensuali, a mente dell’art. 11, legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi», sarebbe del tutto evidente che l’art. 14, comma 16, lettera f) del d.l. n. 78 del 2010 debba esser inteso quale disposizione posta a “copertura” legislativa del contributo straordinario in contestazione, ovvero emanata al preciso scopo di legittimare ex post la previsione del contributo straordinario da parte del Comune di Roma. Conseguentemente, in disparte gli impegni già assunti dal privato a mezzo di un accordo già formalizzato, secondo il Consiglio di Stato dovrebbe ritenersi che le altre procedure urbanistiche di valorizzazione citate dalla norma, ancora in itinere, restino disciplinate dalla norma citata, ed alla luce di questa dovrebbero essere giudicate.

    Evidenzia inoltre il giudice a quo che, successivamente, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 17, comma l, lettera g) della legge 11 novembre 2014, n. 164 [recte: del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133,] (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), come modificato dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164, all’art. 16, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (testo A)», sarebbe stata introdotta su tutto il territorio nazionale la previsione di assoggettamento ad un analogo contributo straordinario; inoltre, la medesima legge n. 164 del 2014 avrebbe...

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