Sentenza nº 207 da Constitutional Court (Italy), 17 Luglio 2017

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione17 Luglio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 207

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, inserito dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 (Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m, della legge 28 aprile 2014, n. 67), promosso dal Tribunale ordinario di Nola, nel procedimento penale a carico di G. S., con ordinanza del 14 gennaio 2016, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale ordinario di Nola, con ordinanza del 14 gennaio 2016, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, «laddove, stabilendo che la disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante, non estende l’applicabilità della norma all’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 c. 2. c.p., fattispecie irragionevolmente esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 131-bis c.p. in ragione del limite massimo della pena astrattamente superiore ad anni cinque».

    Il giudice rimettente riferisce di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di cui all’art. 474 cod. pen., perché deteneva per la vendita astucci recanti marchi contraffatti, e del reato di cui all’art. 648 cod. pen., «perché al fine di trarne profitto acquistava o comunque riceveva gli astucci» sopraindicati, «di sicura illecita provenienza in quanto contraffatti».

    Per quest’ultimo fatto secondo il giudice rimettente sarebbe applicabile la circostanza attenuante prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. Costituirebbero elementi convergenti in tal senso «il perseguimento od il conseguimento da parte dell’imputato di un lucro di speciale tenuità, la produzione, a detrimento della parti offese, di un evento dannoso o di una situazione di pericolo ancora di speciale tenuità, i dati relativi alla personalità del prevenuto (soggetto incensurato), il non rilevante numero di pezzi contraffatti acquistati, lo scarso valore venale della merce medesima e le modalità della vendita presso un mercatino rionale».

    Per le stesse ragioni il fatto sarebbe «riconducibile» alla speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. ed introdotta dal decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 (Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m, della legge 28 aprile 2014, n. 67), applicabile, a norma dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore.

    L’entità del danno arrecato alle persone offese (art. 133, primo comma, numero 2, cod. pen.) sarebbe oggettivamente di particolare tenuità, e si tratterebbe con tutta evidenza, considerato anche lo stato di incensuratezza dell’imputato, di una condotta illecita occasionale. La causa di non punibilità non sarebbe però applicabile perché la pena massima stabilita per il reato di ricettazione, attenuato ai sensi dell’art. 648, secondo comma, cod. pen., pari a sei anni di reclusione, è superiore al limite di cinque anni fissato dall’art. 131-bis cod. pen.

    A parere del Tribunale rimettente il limite massimo di pena che condiziona l’applicabilità della causa di non punibilità determinerebbe «un inevitabile, ingiustificato, diverso trattamento di ipotesi astrattamente configurabili come di particolare tenuità, che non appare sorretto da valori rispondenti ad un principio di ragionevolezza legislativa». Come rivelerebbe la pratica giudiziaria, fatti astrattamente gravi, in quanto severamente sanzionati dal legislatore, a volte si manifesterebbero in concreto scarsamente offensivi, e fatti astrattamente non gravi, perché puniti lievemente dal legislatore, in concreto lederebbero seriamente il bene giuridico protetto.

    La nuova causa di non punibilità sarebbe astrattamente applicabile a diversi reati di maggiore allarme sociale rispetto all’ipotesi della ricettazione attenuata ex art. 648, secondo comma, cod. pen., in quanto sanzionati con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni.

    Dopo aver riportato in via esemplificativa le numerose fattispecie del codice penale cui sarebbe applicabile la causa di non punibilità in questione, il giudice a quo rileva che la discrezionalità del legislatore potrebbe essere oggetto di sindacato, sul piano della legittimità costituzionale, proprio quando, come nel caso in esame, si traduce in scelte manifestamente irragionevoli od arbitrarie. Prevedendo il limite edittale massimo di cinque anni, non si sarebbe tenuto conto delle «condotte riconducibili all’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, c. 2, c.p. (già caratterizzate da particolare...

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