Sentenza nº 169 da Constitutional Court (Italy), 12 Luglio 2017

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione12 Luglio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 169

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 9-bis; 9-ter, commi 1, lettere a) e b), 2, 3, 4, 5, 8 e 9; 9-quater, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7; e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, promossi con ricorsi della Regione Veneto e della Regione Liguria, notificati rispettivamente il 12 e il 13 ottobre 2015, depositati in cancelleria il 19 ed il 21 ottobre 2015 e iscritti ai nn. 95 e 97 del registro ricorsi 2015.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 marzo 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Luca Antonini, Andrea Manzi ed Ezio Zanon per la Regione Veneto, Giuseppe Franco Ferrari per la Regione Liguria, e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso iscritto al numero 95 del registro ricorsi 2015, la Regione Veneto ha impugnato tra gli altri l’art. 7, comma 9-quinquies; l’art. 9-bis; l’art. 9-ter, commi l, 2, 3, 4, 5, 8 e 9; l’art. 9-quater, commi l, 2, 4, 5, 6 e 7; l’art. 9-septies, commi l e 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, per violazione degli artt. 3, 5, 32, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione di cui all’art.120 Cost., nonché dell’art. 5, lettera g), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 4 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale).

    1.1.– La ricorrente, come premessa comune alle impugnative, espone che gli artt. 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9-septies del d.l. n. 78 del 2015, introdurrebbero una serie di tagli lineari sulla spesa sanitaria, senza alcuna considerazione né dei costi standard di cui agli articoli da 25 a 32 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), né dei livelli di spesa delle Regioni virtuose che hanno già raggiunto elevati livelli di efficienza nella gestione della sanità, senza tenere in alcun conto la forte disomogeneità che caratterizzerebbe il sistema della sanità regionale italiana.

    Inoltre, secondo la ricorrente, le suddette disposizioni manterrebbero a carico delle Regioni l’obbligo di garantire il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), la cui determinazione risalirebbe al 2001, essendo ancora mancata l’attuazione dell’art. 5 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute) che ne aveva prevista la revisione entro il 31 dicembre 2012. Sarebbe evidente quindi lo scollamento che si realizza tra un livello di finanziamento che viene pesantemente e permanentemente ridotto e una determinazione dei livelli essenziali che non è stata rivista da parte dello Stato.

    Tanto produrrebbe, secondo la Regione ricorrente, la violazione, «per irragionevolezza e difetto di proporzionalità, anche del comma secondo dell’art. 117 Cost. e dell’art. 32 Cost.», compromettendo la possibilità di garantire i livelli essenziali in materia di diritto alla salute, nonché ridonderebbe anche sull’autonomia costituzionale garantita alle Regioni dagli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.

    La Regione cita le conclusioni del documento finale delle Commissioni riunite V e XII della Camera dei deputati, approvato nell’ambito dell’«Indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica», del 4 giugno 2014 e la Relazione della 12a commissione permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, sullo “Stato e prospettive del Servizio sanitario nazionale, nell’ottica della sostenibilità del sistema e della garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità”, del 23 giugno 2015 dove, nelle considerazioni conclusive, si precisa – tra l’altro – che «la Commissione ritiene che non sia più rinviabile una revisione dei LEA» (punto 25.4), e si evidenzia altresì che «la Commissione ritiene che, nei prossimi anni, il sistema non sia in grado di sopportare ulteriori restrizioni finanziarie, pena un ulteriore peggioramento della risposta ai bisogni di salute dei cittadini e un deterioramento delle condizioni di lavoro degli operatori. Eventuali margini di miglioramento, sempre possibili, possono essere perseguiti solo attraverso una attenta selezione degli interventi di riqualificazione dell’assistenza, soprattutto in termini di appropriatezza clinica e organizzativa, evitando azioni finalizzate al mero contenimento della spesa, nella consapevolezza che i risparmi conseguibili devono essere destinati allo sviluppo di quei servizi ad oggi ancora fortemente carenti, in particolare nell’assistenza territoriale anche in relazione all’aumento delle patologie cronico- degenerative» (punto 25.1).

    La ricorrente richiama altresì la delibera del 29 dicembre 2014 della Corte dei conti, recante la «Relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio 2013 degli enti territoriali», che avrebbe precisato che alle Autonomie territoriali è stato richiesto, nelle manovre degli ultimi anni, «uno sforzo di risanamento non proporzionato all’entità delle risorse gestibili dalle stesse», in base a scelte andate «a vantaggio degli altri comparti amministrativi che compongono il conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche». Ed ha quindi auspicato che «futuri interventi di contenimento della spesa assicurino mezzi di copertura finanziaria in grado di salvaguardare il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali».

    Diversamente, secondo la Regione Veneto, lo Stato, piuttosto che assumersi la responsabilità di una riduzione dei LEA a seguito del venir meno delle risorse disponibili, avrebbe preferito invece lasciare, da un lato, formalmente invariati i LEA, e, dall’altro, introdurre un sistema di tagli lineari, in ciò venendo meno ad un corretto esercizio di quella funzione di coordinamento della finanza pubblica che è invece richiesto dall’art. 117, terzo comma, Cost.

    Espone ulteriormente la ricorrente che l’art. 9-bis pretenderebbe di stabilire l’applicazione dei successivi articoli da 9-ter a 9-octies in attuazione delle intese sancite dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 26 febbraio 2015 e del 2 luglio 2015, assunte in attuazione della dell’art. l, comma 398, lettera c), della legge 23 dicembre 2014 n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)».

    Al riguardo, la Regione Veneto evidenzia che in quelle sedi non avrebbe espresso il proprio consenso, ma avrebbe instaurato un contenzioso costituzionale (è richiamato il ricorso iscritto al reg. ric. n. 31 del 2015, in seguito definito con sentenza n. 141 del 2016), denunciando la evidente forzatura in cui le Regioni stesse sarebbero state costrette, in quanto sarebbe mancato un effettivo percorso di leale collaborazione e di autocoordinamento.

    Infatti, secondo la ricorrente, in base all’art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), cosi come modificato dal citato art. l, comma 398, lettera c), della legge n. 190 del 2014, alle Regioni, in realtà, sarebbe stata proposta un’alternativa impossibile rispetto a quella di subire un taglio del finanziamento della sanità. Esse, infatti, in base a quanto previsto dal suddetto comma 6, avrebbero potuto evitarlo solo accettando un taglio sulla spesa extra sanitaria pari a 3.452 milioni di euro.

    Secondo la ricorrente, se le Regioni non avessero raggiunto l’intesa, la ripartizione del taglio sarebbe stato determinato dal Governo, incidendo, secondo quanto recita l’ultimo periodo del citato art. 46 comma 6, anche sulle «risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale» e determinato tenendo conto, non dei costi standard di cui al d.lgs. n. 68 del 2011, ma del prodotto interno lordo (PIL) regionale e della popolazione residente, e quindi a tutto discapito dei sistemi regionali più efficienti (quali sarebbero quelli delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana).

    Non sarebbe stata quindi lasciata alternativa all’intesa.

    1.2.– Tanto premesso, la Regione Veneto impugna l’art. 9-ter del d.l. n. 78 del 2015 (Razionalizzazione della spesa per beni e servizi, dispositivi medici e farmaci) laddove stabilisce, al comma l, lettera a), che per l’acquisto dei beni e servizi di cui alla tabella A allegata al medesimo decreto, «gli enti del Servizio sanitario nazionale sono...

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