Sentenza nº 157 da Constitutional Court (Italy), 07 Luglio 2017

RelatoreAugusto Antonio Barbera
Data di Resoluzione07 Luglio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 157

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a), c) e d), della legge della Regione Toscana 9 maggio 2016, n. 31 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime. Abrogazione dell’articolo 32 della l.r. 82/2015), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’11 luglio 2016, depositato in cancelleria il 14 luglio 2016 ed iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2016.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana, nonché l’atto di intervento, fuori termine, della Confesercenti Toscana Nord – Sezione Federazione Italiana Imprese Balneari – FIBA;

udito nell’udienza pubblica del 23 maggio 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Damiano Pallottino per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

  1. – Con il ricorso in epigrafe, spedito per la notifica l’11 luglio 2016 e depositato il 14 luglio del 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha impugnato l’art. 2, comma 1, lettere a), c) e d), della legge della Regione Toscana 9 maggio 2016, n. 31 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime. Abrogazione dell’articolo 32 della l.r. 82/2015), norme ritenute in contrasto con gli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettere a), e), l) e s), della Costituzione.

  2. – Il ricorrente premette che la legge regionale impugnata mira (art. 1) ad introdurre disposizioni per l’applicazione «dell’articolo 3 (rectius: 03), comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400» (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 dicembre 1993, n. 494. In particolare, si segnala che l’art. 2 della citata legge regionale stabilisce i criteri e le condizioni chiamate a disciplinare il rilascio delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative aventi durata ultrasessennale.

    Il comma 1 dell’articolo 2 in oggetto, nell’ambito delle relative procedure comparative, prevede, alla lettera a), che:

    costituisce condizione per il rilascio del titolo concessorio, l’impegno, da parte dell’assegnatario, a non affidare a terzi le attività oggetto della concessione, fatte salve:

    1) la possibilità di affidamento in gestione delle attività secondarie ai sensi dell’articolo 45-bis del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione);

    2) la sopravvenienza di gravi e comprovati motivi di impedimento alla conduzione diretta da parte dell’assegnatario stesso

    .

    Con le successive lettere c) e d) del comma 1 dell’art. 2 della legge impugnata, si prevede altresì, sempre nell’ottica della valutazione comparativa delle diverse istanze di concessione, che:

    c) in caso di area già oggetto di concessione, l’ente gestore acquisisce il valore aziendale dell’impresa insistente su tale area attestato da una perizia giurata di stima redatta da professionista abilitato acquisita a cura e spese del concessionario richiedente il rilascio della concessione ultrasessennale; d) al concessionario uscente è riconosciuto il diritto ad un indennizzo, da parte del concessionario subentrante, pari al 90 per cento del valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione, attestato dalla perizia giurata di cui alla lettera c), da pagarsi integralmente prima dell’eventuale subentro

    .

  3. – In riferimento all’addotta illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere c) e d), il Governo muove dalle vicende che hanno caratterizzato l’adeguamento della normativa nazionale di settore in esito alle contestazioni che la Commissione europea ha formulato in danno dell’Italia nell’ambito della procedura d’infrazione n. 2008/4908. Procedura, quest’ultima, archiviata (con decisione della Commissione del 27 febbraio 2012), in ragione dell’abrogazione – ad opera dell’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 – dell’art. 37, comma 2, del codice della navigazione nella parte in cui prevedeva la preferenza accordata ai concessionari uscenti per il rinnovo del titolo (cosiddetto diritto di insistenza); sia delle disposizioni contenute nell’art. 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee-Legge comunitaria 2010).

    Nel ricorso viene anche fatto cenno, sempre in via di premessa, all’art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012, n. 221, con il quale il termine di durata delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo in essere è stato prorogato al 31 dicembre 2020; ancora, ai due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (le cause riunite C-458/14, Promoimpresa srl, e C-67/15, Mario Melis e altri) disposti, in esito a tale ultimo intervento normativo, da due Tribunali amministrativi regionali (il TAR della Lombardia e il TAR della Sardegna), sul presupposto della dubbia compatibilità della detta proroga con i principi dettati dal diritto dell’Unione in riferimento, per quel che qui immediatamente interessa, al disposto dell’art. 12 della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno) (da qui: direttiva servizi).

    Alla luce di tale premessa, il Governo ricorrente mette in evidenza gli aspetti di contrarietà della previsione contenuta nelle lettere c) e d), del comma 1 dell’art. 2 della legge regionale impugnata con il diritto dell’Unione europea e, in particolare, con il citato art. 12 della direttiva servizi avuto riguardo all’esigenza, dettata dal paragrafo 2 di tale articolo, di evitare l’attribuzione di vantaggi al prestatore uscente; disposizione, questa, trasposta nell’ordinamento interno dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), in forza del quale, nell’esercizio della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, il legislatore statale ha previsto che «[n]ei casi di cui al comma 1» – ossia laddove il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato – «il titolo è rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo».

  4. – Secondo il Governo la regola da ultimo citata non consente di escludere, in linea di principio, che, allo spirare del termine della concessione, sia possibile riconoscere, entro certi limiti, una tutela degli investimenti realizzati dal concessionario, a maggior ragione se effettuati in un periodo nel quale si poteva confidare sulla stabilità del titolo conferita dal diritto di insistenza o dalle proroghe dettate ope legis. Tuttavia, tali limiti rischiano certamente di essere superati dall’attribuzione indiscriminata al concessionario uscente di un indennizzo corrispondente al novanta per cento di una grandezza, quale il «valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione», la cui definizione, non contenuta nella legge regionale, resta del tutto incerta. Così, del resto, un’eccessiva barriera all’ingresso dei nuovi entranti deriva dalla previsione dell’indennizzo da pagare al subentrato «a fronte della acquisizione, da parte dell’ente gestore, di tale valore aziendale dell’impresa, ossia di un coacervo dai confini incerti, suscettibile di comprendere, ad esempio, beni già in proprietà del concessionario uscente e beni, come quelli immobili, che in linea di principio dovrebbero risultare già automaticamente...

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