Sentenza nº 122 da Constitutional Court (Italy), 26 Maggio 2017

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione26 Maggio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 122

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettere a) e c), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, nel procedimento di sorveglianza a carico di E. C., con ordinanza del 29 aprile 2016, iscritta al n. 108 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2017 il Giudice relatore Franco Modugno.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza depositata il 29 aprile 2016, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha sollevato, in riferimento agli artt. 15, 21, 33, 34 e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettere a) e c), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) (d’ora in avanti: ord. pen.), nella parte in cui – secondo il “diritto vivente” – «consente all’amministrazione penitenziaria di adottare, tra le misure di elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire contatti del detenuto in regime differenziato con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, il divieto di ricevere dall’esterno e di spedire all’esterno libri e riviste a stampa».

    1.1.– Il giudice a quo premette di essere investito del reclamo con il quale una persona detenuta presso la casa circondariale di Terni, sottoposta a regime differenziato ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen., ha chiesto di poter ricevere dai propri familiari libri e riviste a stampa tramite corrispondenza o pacco postale, ovvero mediante consegna in occasione dei colloqui nell’istituto penitenziario, previa disapplicazione della circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia n. 3701/2014 dell’11 febbraio 2014, che ripristina le disposizioni preclusive già contenute nella precedente circolare n. 8845/2011 del 16 novembre 2011.

    Il rimettente rileva che detta circolare ministeriale del 2011 ha previsto una serie di limitazioni in ordine alla fruizione della stampa da parte dei detenuti in regime differenziato, giustificate con le esigenze di prevenzione che sono alla base di tale regime. La circolare stabilisce, in particolare, che siano rimossi dalle biblioteche degli istituti penitenziari i libri «contenenti tecniche di comunicazione criptate»; che l’acquisto di qualsiasi tipo di stampa autorizzata (quotidiani, riviste, libri) possa essere effettuato dai detenuti esclusivamente nell’ambito dell’istituto penitenziario, anche per quanto riguarda gli abbonamenti, i quali debbono essere sottoscritti dalla direzione o dall’impresa di mantenimento onde evitare che terze persone vengano a conoscenza dell’istituto di assegnazione del detenuto; che sia vietata la ricezione di libri e riviste provenienti dai familiari, anche tramite pacco consegnato in sede di colloquio o spedito per posta, come pure la trasmissione del predetto materiale all’esterno da parte del detenuto; che sia impedito, altresì, l’accumulo di un numero eccessivo di libri nelle camere di detenzione, anche al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria; che sia evitato, infine, lo scambio di libri e riviste tra detenuti appartenenti a diversi «gruppi di socialità».

    Il giudice a quo riferisce, altresì, di aver accolto, con ordinanza del 18 dicembre 2012, un precedente reclamo dell’odierno ricorrente avverso i divieti in questione, disapplicando la circolare ministeriale in quanto contrastante con l’art. 15 Cost. e ritenendo, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 41-bis e 18-ter ord. pen., che spettasse alla sola autorità giudiziaria disporre limitazioni e l’eventuale visto di controllo sui libri e sulle riviste spedite al detenuto o da questi trasmesse ai familiari.

    Successivamente, peraltro, la Corte di cassazione si era espressa nell’opposto senso della legittimità delle descritte restrizioni: ragione per la quale l’11 febbraio 2014 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva emanato una nuova circolare, che ribadiva le disposizioni della circolare già disapplicata dal rimettente.

    Adeguandosi alle indicazioni ministeriali, la direzione della casa circondariale di Terni aveva quindi ripristinato le limitazioni anche nei confronti del detenuto istante, che a propria volta le ha fatte oggetto di nuovo reclamo ai sensi degli artt. 35-bis e 69, comma 6, lettera b), ord. pen., ritenendole foriere di un grave pregiudizio all’esercizio dei propri diritti di corrispondere e di informarsi, entrambi costituzionalmente tutelati e ampiamente riconosciuti dall’ordinamento penitenziario.

    1.2.– Ciò premesso, il giudice a quo osserva come, in ordine alla questione sulla quale è chiamato a pronunciarsi, la giurisprudenza di legittimità abbia adottato una soluzione ermeneutica che, in ragione della sua uniformità, sarebbe ormai assorta a “diritto vivente”.

    La Corte di cassazione ha, infatti, annullato in plurime occasioni i provvedimenti dei magistrati di sorveglianza che avevano disapplicato la circolare ministeriale del 2011, ritenendo che le relative disposizioni rappresentino coerente esplicazione di un potere conferito all’amministrazione penitenziaria dall’art. 41-bis ord. pen. Dette disposizioni – secondo il giudice di legittimità – non comprimerebbero eccessivamente il diritto allo studio e all’informazione del detenuto, il quale può sempre ottenere le pubblicazioni mediante l’istituto penitenziario, soffrendo soltanto una maggiore difficoltà nella loro acquisizione; maggiore difficoltà ampiamente giustificata, tuttavia, dal dato di esperienza per cui libri, giornali e stampa in genere sono molto spesso usati dai detenuti in regime differenziato per comunicare illecitamente con l’esterno.

    Si è pervenuti, quindi, al più recente arresto espresso dalla sentenza 29 settembre 2014-15 gennaio 2015, n. 1774. In essa, la prima sezione penale della Corte di cassazione ha rilevato come in questo campo occorra confrontarsi con due distinte disposizioni: da un lato, quella dell’art. 18-ter ord. pen., in forza della quale le limitazioni e i controlli della corrispondenza e della stampa in arrivo ai detenuti e in partenza da essi debbono essere disposti dall’autorità giudiziaria; dall’altro, quella dell’art. 41-bis ord. pen., che consente al Ministro della giustizia di sospendere l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario che possano porsi in contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza nei confronti dei detenuti e degli internati per taluni delitti, in relazione ai quali vi siano elementi tali far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva.

    Secondo la citata pronuncia, la limitazione e la sottoposizione a controllo della corrispondenza debbono essere disposte, anche in caso di applicazione del regime differenziato, nelle forme dell’art. 18-ter ord. pen., con la conseguenza che la decisione sul trattenimento o meno dell’epistola spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria, e non a quella amministrativa. La ricezione della stampa non sarebbe, tuttavia, qualificabile come «“corrispondenza” in senso stretto», concetto riferibile alle sole comunicazioni interpersonali tra mittente e destinatario, particolarmente tutelate in quanto strumento per il mantenimento di un nucleo di relazioni e di vita affettiva da considerare intangibile anche a fronte delle forme più intense di restrizione della libertà personale. Nella specie, si discuterebbe invece della trasmissione di pubblicazioni che contengono espressioni di pensiero di terze persone destinate alla generalità dei lettori, rispetto alle quali verrebbe in rilievo una diversa facoltà del detenuto, quella di informarsi e di istruirsi.

    È ben vero – ha aggiunto la Cassazione – che l’art. 18-ter ord. pen. concerne anche le limitazioni alla ricezione della stampa, ma ciò non escluderebbe la legittimità di ulteriori forme di limitazione che derivino dalla sottoposizione del detenuto al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen., il quale assumerebbe, in tale ambito, un «carattere di specialità derogante». Il comma 2-quater di detto articolo consente, infatti, tra l’altro, di adottare misure idonee a prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di appartenenza (lettera a) e di limitare gli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno (lettera c): termine – quello di «oggetti» – atto a ricomprendere anche libri, riviste e giornali. Le regole introdotte dalla circolare ministeriale, d’altra parte, non sopprimerebbero affatto il diritto del detenuto ad informarsi e a studiare, ma si limiterebbero a sottoporre a più rigoroso controllo la provenienza dei libri e delle stampe, così da impedire al detenuto «di effettuare scambi sospetti con familiari […] che potrebbero contenere messaggi criptici, non facilmente individuabili dal personale addetto al controllo».

    Il giudice a quo segnala, ancora, come il «richiamato autorevole insegnamento» della giurisprudenza di legittimità sia stato recepito dai giudici di merito, e in particolare dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, che, sulla sua base, ha annullato ulteriori provvedimenti di...

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