Sentenza nº 108 da Constitutional Court (Italy), 11 Maggio 2017

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione11 Maggio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 108

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, recante «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP)», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, nel procedimento vertente tra Gilupi srl ed altra e il Comune di Melendugno ed altri, con ordinanza del 22 luglio 2015, iscritta al n. 54 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di costituzione di Gilupi srl ed altra;

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini, Oronzo Marco Calsolaro e Carlo Geronimo Cardia per la Gilupi srl ed altra.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 22 luglio 2015, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, recante «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP)», nella parte in cui vieta il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco e all’installazione di apparecchi da gioco nel caso di ubicazione a distanza inferiore a cinquecento metri pedonali dai luoghi cosiddetti “sensibili” ivi indicati.

    1.1.– Il giudice a quo riferisce, in punto di fatto, che una società, che gestiva una sala per la raccolta di scommesse nel Comune di Melendugno, aveva chiesto, a seguito di sfratto, di poter trasferire l’attività in altro locale ubicato nello stesso Comune, venendo a ciò autorizzata sia dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sia dal Questore di Lecce. Con ordinanza del 30 settembre 2014, il Comune aveva, tuttavia, inibito l’esercizio dell’attività nel nuovo locale, essendo lo stesso ubicato – in contrasto con quanto previsto dalla norma regionale censurata – a meno di cinquecento metri da un istituto scolastico.

    Il provvedimento è stato impugnato davanti al Tribunale rimettente dalla società interessata e dalla società concessionaria che le aveva affidato il diritto di gioco sportivo sulla cui base l’attività in questione era stata avviata.

    1.2.– Ad avviso del giudice a quo, le censure mosse dalle società ricorrenti al provvedimento impugnato risulterebbero infondate.

    Non sarebbe condivisibile, anzitutto, la tesi sostenuta con il primo motivo di ricorso, secondo la quale la ricollocazione delle attività svolte in prossimità di luoghi “sensibili” riguarderebbe la sola raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera a), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) (d’ora in avanti: TULPS), ossia con le cosiddette slot machines.

    L’art. 7 della legge reg. Puglia n. 43 del 2013 stabilisce, infatti, al comma 1, che «L’esercizio delle sale da gioco e l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, emanato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché ogni altra tipologia di offerta di gioco con vincita in denaro sono soggetti al regime autorizzatorio previsto dalle norme vigenti»; aggiungendo, al comma 2, che «Fuori dai casi previsti dall’articolo 110, comma 7, del r.d. 773/1931, l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette. L’autorizzazione è concessa per cinque anni e può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza».

    Sarebbe, quindi, evidente che la norma in questione include nel divieto tutti gli apparecchi idonei per il gioco lecito indicati dall’art. 110, comma 6, del TULPS, nonché la raccolta di scommesse sportive.

    Egualmente infondato risulterebbe l’ulteriore assunto delle ricorrenti, per cui, alla luce del tenore letterale della disposizione («l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri»), l’esercizio posto entro i cinquecento metri dal luogo “sensibile” non sarebbe colpito dal divieto. La disposizione andrebbe intesa, infatti, nell’opposto senso della necessità di una distanza minima di almeno cinquecento metri da detto luogo.

    Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, inoltre, la circostanza che la società affidataria del diritto di gioco fosse stata autorizzata dal Questore di Lecce ad esercitare l’attività di raccolta di scommesse sin dal 24 agosto 2012, e dunque prima dell’entrata in vigore della legge regionale n. 43 del 2013, non renderebbe inapplicabile la disposizione censurata. Il richiesto trasferimento dell’attività presso altra sede avrebbe imposto, infatti, di riesaminare ex novo l’istanza di autorizzazione in rapporto ad uno dei requisiti fondanti, ossia l’idoneità del locale.

    Insussistente risulterebbe, infine, il dedotto difetto di motivazione del provvedimento impugnato, essendo «l’iter logico-giuridico seguito dalla P.A. facilmente ricostruibile».

    1.3.– Il Tribunale rimettente dubita, tuttavia, della legittimità costituzionale, in parte qua, del citato art. 7 della legge reg. Puglia n. 43 del 2013.

    La questione sarebbe rilevante proprio in ragione del fatto che la norma impugnata impedisce l’accoglimento del ricorso.

    Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in ragione dell’asserito contrasto della disposizione in esame con il principio fondamentale in materia di «tutela della salute», di competenza legislativa concorrente, espresso dall’art. 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189.

    Nel quadro di un complesso di misure volte a promuovere un «più alto livello di tutela della salute», e che hanno portato ad estendere i livelli essenziali di assistenza alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione dalla cosiddetta ludopatia (art. 5, comma 2, del d.l. n. 158 del 2012), la citata disposizione statale ha, infatti, previsto la progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera a), del TULPS che risultino territorialmente prossimi a istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi. Tale ricollocazione deve essere, peraltro, pianificata dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (e, a seguito della sua incorporazione, dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli) sulla base dei criteri definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro della salute e previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata.

    Introducendo regole immediatamente operative in materia di distanze dai luoghi “sensibili”, la norma regionale denunciata avrebbe eluso la pianificazione a livello centrale prevista dalla norma statale: pianificazione nel cui ambito – come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa – gli strumenti di contrasto della ludopatia dovrebbero trovare la loro disciplina di base, in coerenza con la natura delle esigenze da soddisfare, che sono le medesime sull’intero territorio nazionale.

    Nella materia della «tutela della salute», d’altronde, sarebbe riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniformi, ferma restando la facoltà...

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