Sentenza nº 73 da Constitutional Court (Italy), 12 Aprile 2017

RelatoreAugusto Antonio Barbera
Data di Resoluzione12 Aprile 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 73

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 42, 44, commi 1, 2 e 3, e 63, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3-6 maggio 2016, depositato in cancelleria il 4 maggio 2016 ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2016.

Udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

udito l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con il ricorso in epigrafe, notificato il 3-6 maggio 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 42, 44 e 63, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016), pubblicata nel BUR Basilicata n. 9 del 4 marzo 2016, in riferimento agli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione.

  2. – Evidenzia il ricorrente che l’art. 42 della legge regionale impugnata interpreta autenticamente l’art. 3 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 (Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente). La norma interpretata prevede, nella sua prima parte, che: «La Regione Basilicata, per le finalità di cui all’art. 1, in deroga agli strumenti urbanistici comunali vigenti e all’art. 44 della legge regionale n. 23/1999, promuove il rinnovamento e la sostituzione del patrimonio edilizio esistente realizzato dopo il 1942 che non abbia un adeguato livello di protezione sismica rispetto alle norme tecniche vigenti o che non abbia adeguati livelli di prestazione energetica». La stessa norma, ancora, prevede, sempre nel primo comma, che in ragione di siffatte finalità «[…] sono consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o condonati, con aumento della superficie complessiva entro il limite max del 30%».

    Ciò premesso, la disposizione impugnata recita testualmente: «1. L’articolo 3, comma 1 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25, come modificato dall’articolo 4 della legge regionale 3 dicembre 2012, n. 25, nella parte in cui prevede che: “A tal fine sono consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o condonati, con aumento della superficie complessiva entro il limite max del 30%”, va interpretato con continuità temporale nel senso che: “tra gli edifici esistenti sono ricompresi anche gli edifici residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validità”».

    2.1.– Ad avviso del Governo la disposizione censurata, seppure qualificata dallo stesso legislatore regionale in termini di norma di interpretazione autentica, non si pone in linea con le indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale nello scrutinare, attraverso il parametro offerto dall’art. 3 Cost., la legittimità delle norme di interpretazione autentica o comunque delle norme dotate di efficacia retroattiva: non assegna, infatti, alla norma interpretata un significato già in questa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario; né, ancora, vale a chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o consente di ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore a tutela della certezza del diritto e della eguaglianza dei cittadini, principi di preminente interesse costituzionale. Piuttosto, lungi dal fornire un’interpretazione possibile del testo della legge impugnata, ne amplia all’evidenza l’estensione, così da legittimare le relative deroghe volumetriche ad interventi su edifici (quelli residenziali in fase di realizzazione) che non ne avrebbero in alcun modo potuto beneficiare a mente della predetta disciplina regionale del 2009.

    Né, ancora, si rimarca da parte del ricorrente, la retroattività della disposizione de qua finisce comunque per trovare giustificazione nella tutela di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale, ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; si mostra, per contro, lesiva dei principi prima richiamati ed in particolare della certezza dell’ordinamento giuridico e dell’affidamento dei soggetti destinatari.

  3. – Il Governo muove analoghe contestazioni nei confronti dell’art. 44 della legge regionale in esame.

    3.1.– Segnala, a tal fine, il ricorrente che con i primi due commi della norma censurata si interpretano autenticamente le disposizioni rispettivamente contenute nell’art. 8, commi 1-bis e 1-ter, della citata legge n. 25 del 2009. In particolare, si precisa che tali ultime due disposizioni, dettate in relazione ai titoli abilitativi funzionali alle opere di ristrutturazione con demolizione e successiva ricostruzione considerate dall’art. 3 della stessa legge, nel riferirsi ai relativi interventi edilizi in deroga, devono ritenersi applicabili «[…] anche agli edifici in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validità, compreso quelli aventi ad oggetto nuove costruzioni, così come definito dal D.P.R. n. 380/2001»

    Ne consegue, secondo quanto prospettato nel ricorso, che tramite le due disposizioni impugnate ed in ragione del significato interpretativo dalle stesse dettato, viene estesa retroattivamente, sin dalla entrata in vigore della legge regionale n. 25 del 2009, la possibilità di assentire interventi in deroga anche su edifici in fase di realizzazione, comprese le nuove costruzioni.

    3.2.– Con il ricorso si censura anche il comma 3 dell’art. 44 della legge impugnata, con il quale il legislatore regionale ha attribuito, in via generalizzata, natura di norme di «interpretazione normativa» a tutte le modifiche della citata legge n. 25 del 2009 apportate dalla legge regionale 27 gennaio 2015, n. 4 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2015).

    In particolare, nel ricorso si fa riferimento alle modifiche apportate al comma 3-bis dell’art. 2 della legge n. 25 del 2009, dall’art. 9 della legge n. 4 del 2015, destinata ad operare retroattivamente perché avente natura assertivamente interpretativa; a quelle previste dall’art. 10 della legge n. 4 del 2015, cadute sugli artt. 2, commi 1 e 3-quinquies, e 9 della legge n. 25 del 2009; ancora, alle modifiche dettate dall’art. 11 della legge n. 4 del 2015, relative all’art. 2, comma 3-quater, della legge n. 25 del 2009; alle modifiche apportate dall’art. 12 della citata legge del 2015, con il quale è stato innovato il comma 5 dell’art. 3 della legge del 2009 e sono stati introdotti i commi 5-sexies e 5-septies dello stesso articolo; infine, alle modifiche apportate dall’art. 13 della legge n. 4 del 2015 a modifica del comma 1-ter dell’art. 5 della richiamata legge n. 25 del 2009.

    Anche in questo caso, si rimarca nel ricorso, le predette disposizioni sarebbero illegittime perché fanno retroagire l’efficacia di tali norme in contrasto con l’art. 3 Cost., violazione parimenti sostanziata dalle medesime ragioni di doglianza in precedenza rassegnate per le altre norme censurate.

  4. – Gli artt. 42 e 44 oggetto di impugnazione, secondo il ricorrente, travalicano inoltre i limiti della potestà legislativa regionale, invadendo l’ambito assegnato alla legge dello Stato in materia di «governo del territorio» ex art. 117, terzo comma, Cost.

    4.1.– Segnatamente, le disposizioni impugnate, una volta che se ne riconosca la legittima natura retroattiva, sarebbero in conflitto con gli artt. 36 e 37, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)», evocati quali parametri interposti; norme, queste ultime, cui questa Corte ha in precedenza ascritto la natura di principi fondamentali in materia di «governo del territorio» e che presuppongono, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, la c.d. “doppia conformità”, intesa come conformità dell’intervento sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda. Per contro, grazie alla retroattività delle norme in contestazione, la portata derogatoria della legge regionale n. 25 del 2009 finirebbe per rendere legittimi ex post interventi che, eseguiti medio tempore, al momento della loro realizzazione non erano conformi agli strumenti urbanistici all’epoca vigenti.

    4.2.– Le disposizioni censurate, se ritenute legittimamente retroattive, sarebbero inoltre in conflitto con il disposto dell’art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106, che, al comma 10, esclude che gli interventi edilizi in deroga, oggetto della normativa di interesse, possano «riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria».

  5. – Il ricorrente censura altresì l’art. 63, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2016. Tale disposizione sarebbe in contrasto con i principi di...

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