Sentenza nº 72 da Constitutional Court (Italy), 12 Aprile 2017

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione12 Aprile 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 72

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere a) e c), e 3 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2015, n. 53 (Disposizioni urgenti per l’applicazione dell’articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161), e dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 (Modifiche a norme in materia di sanità), nella parte in cui modifica l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2015, n. 53, sostituendo le parole «31 luglio 2016» con le parole «31 dicembre 2016», promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 22-26 gennaio e il 30 settembre-4 ottobre 2016, depositati in cancelleria il 1° febbraio ed il 4 ottobre 2016 ed iscritti ai nn. 4 e 57 del registro ricorsi 2016.

Udito nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2017 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

udito l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 22-26 gennaio 2016 e depositato il 1° febbraio 2016, (reg. ric. n. 4 del 2016), il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere a) e c), e 3 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2015, n. 53 (Disposizioni urgenti per l’applicazione dell’articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161).

    1.1.– Il ricorrente rappresenta che l’art. 2, comma 1, della citata legge regionale, così dispone: «Nelle more della definizione della nuova disciplina contrattuale nazionale, in relazione alle disposizioni contenute nel D.lgs. n. 66/2003, fermi restando i principi della protezione della sicurezza dei lavoratori e dei pazienti e comunque non oltre il 31 luglio 2016: a) per il calcolo della durata massima settimanale di 48 ore dell’orario di lavoro di cui all’art. 4 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, il periodo di riferimento è di mesi dodici in linea con quanto previsto dal comma 4 del predetto articolo; b) (omissis); c) i riposi giornalieri inferiori ad undici ore sono possibili in presenza di eventi eccezionali e non prevedibili o assenze improvvise che non consentano di garantire la continuità dell’assistenza come accertati dai responsabili dei servizi sanitari interessati; d) (omissis)».

    Ad avviso del ricorrente, la disposizione di cui alla lettera a) dell’art. 2, comma 1, della legge regionale in esame si pone in contrasto con l’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), il quale prevede che la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, e che tale durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.

    Al riguardo, il ricorrente evidenzia che, in attuazione della ricordata normativa europea, il comma 4 del medesimo art. 4 del d.lgs. n. 66 del 2003, prevede che solo i contratti collettivi di lavoro possano elevare tale periodo di quattro mesi fino a sei mesi, ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

    Assume, pertanto, la difesa erariale che la disposizione regionale in esame violerebbe l’art. 117, primo e secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto non rispetta i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e invade la materia dell’ordinamento civile riservata alla competenza statale.

    Relativamente alla disposizione di cui alla lettera c) del medesimo art. 2, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 53 del 2015, il ricorrente ritiene che essa si pone in contrasto con il disposto dell’art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003, secondo cui: «Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità».

    Conseguentemente, l’Avvocatura generale dello Stato assume che anche la predetta previsione normativa regionale viola l’art. 117, primo e secondo comma, lettera l), Cost., per gli stessi motivi su enunciati.

    L’Avvocatura generale dello Stato rappresenta che le ricordate norme statali di cui agli artt. 4, comma 2, e 7 del d.lgs. n. 66 del 2003 erano state dichiarate «non applicabili» al personale sanitario del Servizio sanitario nazionale dall’art. 41, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), e dall’art. 17, comma 6-bis, del d.lgs. n. 66 del 2003, introdotto dall’art. 3, comma 85, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)».

    Aggiungeva la difesa erariale che le predette previsioni normative di carattere derogatorio avevano determinato l’apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle menzionate direttive europee vigenti in materia, ed in particolare degli articoli 6 e 3 della direttiva 2003/88/CE del 4 novembre 2003 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro).

    Pertanto, al fine di risolvere positivamente la citata procedura di infrazione, il legislatore è intervenuto con l’art. 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013-bis), prevedendo l’abrogazione, decorsi dodici mesi dalla sua entrata in vigore, della citata normativa derogatoria, e quindi dal 25 novembre 2015.

    Evidenzia l’Avvocatura generale dello Stato che la predetta norma transitoria era, altresì, volta a consentire alle regioni, come disposto al comma 2, di realizzare, entro tale termine, appositi processi di riorganizzazione finalizzati ad una più efficiente allocazione delle risorse umane, disponibili a legislazione vigente, tenendo anche conto di quanto previsto dell’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), che ha previsto l’adeguamento da parte delle regioni e delle provincie autonome di Trento e di Bolzano, delle dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici, per effetto della riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati; disposizione cui è stata data attuazione con il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera).

    Precisa ancora il ricorrente che il comma 3 del menzionato art. 14 della legge n. 161 del 2014 ha poi previsto, conformemente a quanto consentito dall’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della richiamata direttiva 2003/88/CE, che: «Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, al fine di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all’accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo altresì equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso».

    Il...

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