Sentenza nº 68 da Constitutional Court (Italy), 07 Aprile 2017
Relatore | Giorgio Lattanzi |
Data di Resoluzione | 07 Aprile 2017 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 68
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 187-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), e 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), promossi dalla Corte di cassazione, con sei ordinanze del 14 settembre 2015, rispettivamente iscritte ai nn. 303, 304, 305, 306, 307 e 308 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visti gli atti di costituzione di A.C., E.B., O.P., R.L., M.G., O.S. e della Consob;
udito nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi gli avvocati Giovanni Arieta e Achille Chiappetti per A.C., E.B., O.P., R.L., M.G., O.S., e gli avvocati Rocco Vampa e Salvatore Providenti per la Consob.
Ritenuto in fatto
-
– Con sei ordinanze di analogo tenore (r.o. nn. 303, 304, 305, 306, 307 e 308 del 2015), la Corte di cassazione, seconda sezione civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 187-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), e 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti: CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
L’art. 187-sexies del d.lgs. n. 58 del 1998 e l’art. 9, comma 6, della legge n. 62 del 2005 sono impugnati nella parte in cui prevedono che la confisca per equivalente si applica anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 62 del 2005, che le ha depenalizzate.
L’art. 187-sexies del d.lgs. n. 58 del 1998, come introdotto dalla legge n. 62 del 2005, prevede che, in caso di condanna per un illecito amministrativo previsto dalla parte V, titolo I-bis, del medesimo testo normativo, ove non sia possibile confiscare il prodotto o il profitto dell’illecito e i beni utilizzati per commetterlo, sia disposta la confisca di somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente.
L’art. 9, comma 6, della legge n. 62 del 2005 aggiunge che tale regime si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore di tale legge, con cui sono state depenalizzate alcune figure di reato e sono stati introdotti corrispondenti illeciti amministrativi, salvo che il relativo procedimento penale non sia già stato definito.
Il rimettente conosce di ricorsi proposti contro alcune sentenze con cui la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’opposizione a provvedimenti sanzionatori adottati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob). Con tali provvedimenti è stata applicata la confisca per equivalente alla parte sanzionata per avere commesso illeciti previsti dalla parte V, titolo I-bis, del d.lgs. n. 58 del 1998. Tra i motivi di ricorso vi è la illegittimità dell’applicazione di questa misura, introdotta dalla legge n. 62 del 2005, perché i fatti erano stati commessi in epoca anteriore all’entrata in vigore di tale legge.
Il giudice a quo esclude anzitutto di poter giungere in via interpretativa a dichiarare tale illegittimità, dato che l’art. 9, comma 6, prevede espressamente la retroattività della confisca per equivalente, salvo che nell’ipotesi in cui il procedimento penale sia stato già definito, circostanza che nella specie non ricorre.
Ciò detto, il rimettente precisa che la misura in questione ha «un contenuto sostanzialmente afflittivo», che eccede la finalità di prevenire la commissione di illeciti, perché si applica «a beni del tutto privi di collegamento con l’illecito». Tale conclusione, già formulata dalla giurisprudenza di legittimità e avallata da questa stessa Corte con riguardo ad altre figure di confisca per equivalente, comporta l’applicazione dello statuto legale della sanzione penale, presidiata dall’art. 25, secondo comma, Cost. e dall’art. 7 della CEDU. In particolare, vige, a parere del rimettente, il divieto di retroattività, che l’art. 9, comma 6, della legge n. 62 del 2005 espressamente infrange. Difatti, prima dell’entrata in vigore di tale legge, la condanna per il reato, oggi depenalizzato, comportava la confisca dei mezzi, anche finanziari, utilizzati per commettere l’illecito e dei beni che ne costituivano il profitto, ma non anche la confisca per equivalente, ove quella diretta non fosse possibile. Deve pertanto ritenersi, conclude il giudice a quo, che vi sia stata l’applicazione retroattiva di una nuova sanzione penale e che la confisca per equivalente relativa a fatti commessi anteriormente alla legge n. 62 del 2005, che l’ha introdotta, leda gli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma Cost., quest’ultimo in riferimento all’art. 7 della CEDU.
-
– Si è costituita in giudizio la Consob, già parte del processo principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, e, nel merito, non fondata.
Sussisterebbe un difetto di rilevanza, perché il rimettente non avrebbe indicato il rapporto tra le norme impugnate e i motivi del ricorso per cassazione.
Nel merito la Consob contesta che la confisca per equivalente prevista dall’impugnato art. 187-sexies del d.lgs. n. 58 del 1998 sia una sanzione penale, anziché una misura di sicurezza soggetta al principio tempus regit actum enunciato dall’art. 200 del codice penale.
Né il carattere sanzionatorio della confisca per equivalente potrebbe desumersi dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, richiamata dallo stesso rimettente, dato che la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens contro Italia, avrebbe affermato la natura penale delle sanzioni amministrative, pecuniarie e interdittive, previste dal d.lgs. n. 58 del 1998, ma non della confisca.
Del resto, prosegue la Consob, la giurisprudenza della Corte EDU, applicando a misure estranee al sistema penale nazionale le garanzie proprie della pena, amplierebbe l’area del diritto penale e sarebbe perciò difficilmente conciliabile con il principio costituzionale di stretta legalità.
La Consob inoltre sostiene che neppure se la confisca per equivalente avesse natura penale sarebbe stato violato il divieto di retroattività, perché vi sarebbe stato un fenomeno di successione di leggi nel tempo, con l’applicazione di quella più favorevole. In particolare la confisca per equivalente andrebbe apprezzata unitamente alla depenalizzazione del reato, con la conseguenza che in ogni caso la legge n. 62 del 2005, che l’ha introdotta, avrebbe dato...
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