Sentenza nº 53 da Constitutional Court (Italy), 10 Marzo 2017

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione10 Marzo 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 53

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 3, 24 e 69, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), promosso dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra B. L. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 28 settembre 2015, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti l’atto di costituzione dell’Inps, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2017 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato Vincenzo Stumpo per l’Inps e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 28 settembre 2015, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 2016, il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 3, 24 e 69, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), per violazione degli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.

    1.1.– Il giudice rimettente espone di dover decidere sulla domanda proposta da B. L., che, nel 2012, ha prestato attività di lavoro agricolo per novantanove giornate e ha richiesto all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, disciplinata dall’art. 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86 (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 20 maggio 1988, n. 160.

    L’INPS ha rigettato la domanda della parte ricorrente, sulla base della legge n. 92 del 2012, che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, ha abrogato l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti (art. 2, comma 69, lettera b), senza prevedere per i lavoratori agricoli (art. 2, comma 3) quell’assorbimento nella indennità di disoccupazione “mini-ASpI”, disposto per tutti gli altri lavoratori «con riferimento ai periodi lavorativi dell’anno 2012» (art. 2, comma 24).

    Il giudice a quo rileva che l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, richiesta dalla parte ricorrente, tutela tutti i lavoratori occasionali, saltuari o stagionali e svolge una funzione di integrazione del reddito a beneficio di «chi opera in un settore o in un mercato del lavoro che non riesce ad assicurare occupazione stabile».

    Si tratta, difatti, di prestazioni erogate l’anno successivo «in riferimento alla disoccupazione registrata a consuntivo nell’anno precedente» e commisurate non alle giornate di disoccupazione, ma alle giornate di occupazione.

    Nel caso di specie, la parte ricorrente, pur avendo maturato il diritto all’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti «secondo la normativa di legge vigente nel periodo di lavoro», non potrebbe beneficiarne in concreto, in virtù delle disposizioni sopravvenute della legge n. 92 del 2012, così come interpretate in sede amministrativa (Messaggio INPS del 17 dicembre 2012, n. 20774).

    1.2.– Il giudice rimettente assume che l’assetto così delineato contrasti con l’art. 3 Cost., poiché riserverebbe ai lavoratori agricoli un trattamento deteriore, escludendoli dal meccanismo di salvaguardia dell’assorbimento nella “mini-AspI”, accordato a tutti gli altri lavoratori dall’art. 2, comma 24, della legge n. 92 del 2012.

    La disciplina in esame violerebbe l’art. 3 Cost. anche sotto un altro profilo, in quanto, in contrasto con il principio di ragionevolezza e con la tutela dell’affidamento, colpirebbe con efficacia retroattiva «il periodo di sottoccupazione agricola già verificatosi nel 2012».

    La normativa censurata, nel rendere tale periodo «del tutto sterile ai fini della protezione previdenziale accordata dalla legge», sarebbe lesiva anche del precetto espresso dall’art. 38, secondo comma, Cost., che prescrive di apprestare a favore del lavoratore «strumenti di previdenza adeguati rispetto alle sue esigenze di vita, senza irrazionalità normative o previsioni di natura retroattiva».

  2. – Nel giudizio si è costituito l’INPS, con memoria del 15 febbraio 2016, e ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal Tribunale ordinario di Ravenna.

    Quanto al profilo preliminare dell’ammissibilità, l’INPS imputa al giudice rimettente di avere omesso ogni valutazione sulla rilevanza della questione, menzionata soltanto nel dispositivo dell’ordinanza.

    In particolare, la parte ricorrente nel giudizio principale avrebbe presentato la domanda amministrativa il 26 febbraio 2013 e avrebbe depositato il ricorso solo il 10 marzo 2015, senza ottemperare al termine di decadenza fissato, per la proposizione dell’azione giudiziaria, dall’art. 47, terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle deleghe conferite al Governo con gli articoli 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale).

    L’INPS reputa ininfluente il fatto che tale decadenza, inderogabile e rilevabile d’ufficio, non sia stata eccepita nel giudizio principale.

    L’omesso rilievo della decadenza non potrebbe che riverberarsi sulla motivazione in punto di rilevanza, connotandola come implausibile e carente.

    La questione, nel merito, non sarebbe fondata.

    L’INPS ricostruisce l’evoluzione normativa che ha contraddistinto l’indennità di disoccupazione agricola e si sofferma sulle innovazioni introdotte dalla legge n. 92 del 2012, che elimina per tutti i lavoratori l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti e istituisce due nuove indennità mensili per il sostegno al reddito dei lavoratori subordinati che abbiano perso involontariamente l’occupazione: l’assicurazione sociale per l’impiego “ASpI”, che si indirizza a una platea più ampia di beneficiari (apprendisti, personale artistico, soci lavoratori di cooperativa legati alla società da un vincolo di subordinazione), presenta una misura e una durata più estese ed è finanziata da un contributo ordinario e da maggiorazioni contributive, e l’indennità di disoccupazione “mini-ASpI”, che differisce dalla ASpI in quanto non presuppone un requisito di anzianità assicurativa e richiede soltanto tredici settimane di contribuzione da attività lavorativa negli ultimi dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

    L’INPS argomenta che, in virtù dell’art. 2, comma 3, della legge n. 92 del 2012, gli operai agricoli beneficiano delle...

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