Sentenza nº 40 da Constitutional Court (Italy), 24 Febbraio 2017

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione24 Febbraio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 40

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 8 e 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n. 17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-16 giugno 2015, depositato il 15 giugno 2015 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2017 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Leonilde Francesconi per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 12-16 giugno 2015 e depositato il 15 giugno 2015 (reg. ric. n. 63 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 8 e 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n. 17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa).

    1.1.– L’Avvocatura generale dello Stato premette che la legge reg. Puglia n. 17 del 2015 disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative connesse alla gestione del demanio marittimo e delle zone del mare territoriale, individuando le funzioni trattenute in capo alla Regione e quelle conferite ai Comuni nell’ambito della gestione integrata della costa, definita dall’art. 1, comma 2, della stessa legge regionale quale «concorso della pluralità di interessi pubblici, ai diversi livelli territoriali, nella valutazione delle azioni programmatiche finalizzate all’uso, alla valorizzazione e alla tutela del bene demaniale marittimo».

    In tale contesto, l’art. 14 della legge regionale, rubricato «[n]orme di salvaguardia e direttive per la pianificazione costiera», ai commi 8 e 9, disciplina le concessioni demaniali.

    In particolare, il comma 8 dell’articolo citato prevede che «[i] PCC [Piani comunali delle coste], compatibilmente con gli indirizzi del PRC [Piano regionale delle coste] di cui al comma 2 dell’articolo 3 e le direttive e norme di salvaguardia di cui ai commi 1, 2, 3, 5, 6 e 10 del presente articolo, individuano nella quota concedibile l’intera superficie o parte di essa non inferiore al 50 per cento delle aree demaniali in concessione, confermandone la titolarità, fatte salve le circostanze di revoca e decadenza di cui all’articolo 12. Il Piano, anche in deroga ai limiti di cui al comma 5, individua apposite aree demaniali da destinare alla variazione o traslazione dei titoli concessori in contrasto con il PCC».

    Secondo la ricostruzione del ricorrente, tale disposizione consentirebbe ai Comuni di confermare (salvo i casi di revoca o decadenza) la titolarità di almeno il 50 per cento delle aree demaniali in concessione e di individuare aree demaniali da assegnare direttamente (con provvedimento di «variazione» o «traslazione») ai titolari di concessioni divenute in contrasto con il Piano comunale delle coste.

    Il comma 9, invece, prevede che «[i]l PCC, nelle disposizioni transitorie volte a disciplinare le modalità di adeguamento dello stato dei luoghi antecedenti alla pianificazione, salvaguarda le concessioni in essere fino alla scadenza del termine della proroga di cui all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, salve le esigenze di sicurezza».

    Nella prospettazione del ricorrente, questa disposizione sarebbe volta a salvaguardare le concessioni in essere fino alla scadenza del termine della proroga al 31 dicembre 2015 (recte: 31 dicembre 2020, per effetto della modifica apportata dall’art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221), prevista dall’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 25.

    Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, le disposizioni impugnate, determinando restrizioni e distorsioni dell’assetto concorrenziale, sarebbero «in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario», presentando profili di incostituzionalità per violazione dell’art. 117, primo comma (nella parte in cui prevede che la legislazione regionale si esercita nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario) e secondo comma, lettera e), Cost., essendo invasa la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza.

    In particolare, quanto al comma 8, la conferma della titolarità delle aree demaniali in concessione determinerebbe, secondo il ricorrente, anche per le concessioni demaniali da riassegnare sulla base del nuovo PCC, «un vantaggio competitivo rispetto al concessionario esistente», configurando un meccanismo analogo a quello che caratterizzava il cosiddetto «diritto di insistenza» previsto dall’art. 37, secondo comma, del codice della navigazione, abrogato a seguito di una procedura di infrazione comunitaria. Tale art. 37, secondo comma, cod. nav. prevedeva (prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 194 del 2009) che, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative, venisse data preferenza (oltre alle richieste che importassero attrezzature non fisse e completamente amovibili, come è ancora attualmente consentito) anche «alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze».

    L’Avvocatura generale dello Stato ricorda che quest’ultima disposizione fu modificata proprio in funzione del superamento del diritto di insistenza, che la Commissione europea aveva ritenuto ostativo alla piena attuazione della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato, dando luogo all’apertura della procedura di infrazione n. 2008/4908.

    Secondo la difesa statale, la norma ora introdotta dalla Regione Puglia si porrebbe in contrasto con l’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini dell’Unione, e con il più generale principio della concorrenza, desumibile dagli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE. La disposizione sarebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 12 della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), che vieta forme di rinnovo automatico o preferenza nella selezione del concessionario.

    Osserva l’Avvocatura generale dello Stato che, attraverso le concessioni demaniali marittime, si fornisce «un’occasione di guadagno a soggetti operanti nel mercato», per cui, una volta scaduto il titolo, occorre provvedere alla riassegnazione del bene mediante procedimenti competitivi: sicché la proroga disposta ex lege determinerebbe una illegittima sottrazione delle concessioni al mercato.

    Anche il comma 9 dell’art. 14 della legge regionale impugnata, a giudizio dell’Avvocatura generale dello Stato, risulterebbe in contrasto con gli evocati parametri costituzionali, nella parte in cui proroga automaticamente le concessioni in scadenza, nelle more dell’adeguamento della nuova normativa regionale, ricalcando una disposizione statale (l’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009), che, in considerazione del suo contrasto con i principi della concorrenza, ha provocato una procedura di infrazione ed è stata oggetto di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea (è citata la causa C-67/15).

    La disposizione in esame, oltre a porsi in contrasto con l’art. 49 TFUE e con il principio della concorrenza, desumibile dagli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, violerebbe anche l’art. 12 della ricordata direttiva 2006/123/CE, che vieta forme di rinnovo automatico o preferenza nella selezione del concessionario, impone procedure selettive di gara per l’attribuzione della titolarità delle concessioni e prevede che queste ultime abbiano una durata...

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