Sentenza nº 17 da Constitutional Court (Italy), 24 Gennaio 2017

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione24 Gennaio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 17

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 275, comma 4, del codice di procedura penale promosso dal Tribunale ordinario di Roma nei procedimenti penali riuniti (n. 12621/15 e n. 15385/15) a carico di C.M. e altri con ordinanza dell’11 novembre 2015, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza dell’11 novembre 2015, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2016, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 31 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 275, comma 4, del codice di procedura penale, «nella parte in cui prevede che non possa essere disposta o mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di imputati, detenuti per gravi reati, che siano genitori di prole solo di età non superiore a sei anni».

    1.1.– Le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate nell’ambito di due giudizi penali riuniti, nei quali si procede nei confronti anche di G.A., madre di una minore, detenuta agli arresti domiciliari per il reato, tra gli altri, di cui all’art. 416-bis del codice penale. Il giudice a quo riferisce altresì che il padre della minore si trova anch’egli detenuto in custodia cautelare in carcere per il medesimo reato.

    1.2.– In punto di rilevanza, il rimettente ha evidenziato che, nei confronti di G.A., l’originaria misura della custodia cautelare in carcere (applicata in uno dei due processi, laddove nel secondo era stata applicata ab origine la misura degli arresti domiciliari) era stata sostituita con quella degli arresti domiciliari, in ragione della presenza di una figlia minore che, all’epoca dell’applicazione di tale misura più favorevole, non aveva ancora compiuto i sei anni.

    L’ufficio del pubblico ministero, in data 6 novembre 2015, sul presupposto del compimento dei sei anni di età da parte della minore, ha chiesto per G.A. il ripristino della custodia cautelare in carcere (mentre l’altro genitore rimane detenuto in custodia cautelare in carcere).

    Secondo il giudice a quo, permangono a carico di G.A. le esigenze che hanno determinato l’applicazione della misura cautelare; la soluzione delle questioni di legittimità costituzionale appare perciò pregiudiziale all’adozione di una decisione sull’istanza presentata dal pubblico ministero per l’inevitabile ripristino, a suo carico, della misura della custodia cautelare in carcere.

    1.3.– In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente rileva che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede, per reati di particolare gravità (quale quello contestato a G.A.), «l’obbligo della custodia cautelare in carcere», mentre al comma 4 sono previste le deroghe (di carattere tassativo) a tale regime e, in particolare, quella connessa alla presenza di prole di età non superiore ai sei anni.

    Sulla base di tale formulazione normativa, a parere del giudice a quo, sussisterebbe l’obbligo di ripristinare la custodia cautelare in carcere per G.A., senza alcuna possibilità di apprezzare la particolare condizione della minore, che verrebbe a trovarsi privata di entrambi i genitori, detenuti per gravi reati nei medesimi procedimenti.

    Tale «automatismo» non sarebbe conforme al dettato costituzionale, in quanto contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 3 Cost., stante l’ingiustificata differenziazione tra minori di sei anni di età e soggetti di poco maggiori, anche considerando che l’ordinamento penitenziario assicura comunque tutela ai minori, figli di soggetti già condannati in via definitiva, sino al compimento dei dieci anni (ai sensi degli artt. 21-bis, 47-ter, 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà»).

    In secondo luogo, sarebbe violato l’art. 31 Cost., che, garantendo specifica protezione all’infanzia, intenderebbe impedire che la formazione del minore sia gravemente pregiudicata dall’assenza dei genitori (assenza che, nella specie, riguarderebbe entrambe le figure genitoriali).

    A sostegno dell’argomentazione, il giudice rimettente richiama la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, e vincolante ai sensi dell’art. 10 Cost., la quale, all’art. 3, prevede che, in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente.

    Ancora, secondo il giudice a quo, situazioni di «rigido automatismo», che determinano presunzioni di carattere assoluto, sono state valutate negativamente dalla stessa Corte costituzionale, poiché non consentono – irragionevolmente – al giudice alcuna valutazione di merito in relazione alle specificità del caso concreto: è richiamata, in proposito, la sentenza n. 185 del 2015 in tema di recidiva obbligatoria.

    Infine, per il giudice rimettente, «sembrerebbe inoltre lesa l’effettività dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e, in via particolare, dall’art. 13 Cost. in materia de libertate, con conseguenti riflessi anche sul diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost.».

  2. – Con atto depositato il 26 aprile 2016 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.

    2.1.– L’Avvocatura generale dello Stato evidenzia che la presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere a soddisfare le esigenze cautelari, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., con particolare riferimento al delitto di associazione di tipo mafioso, è stata ritenuta conforme a Costituzione, in quanto, sulla base di dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id quod plerumque accidit, la misura custodiale...

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