Ordinanza nº 227 da Constitutional Court (Italy), 20 Ottobre 2016

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione20 Ottobre 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 227

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 13, 15, 29-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413); dell’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 (Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo); dell’art. 72, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, recante «Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della legge 25 luglio 2005, n. 150»; degli artt. 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135; dell’art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007); dell’art. 15, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, a norma dell’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296); dell’art. 6 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413); dell’art. 51 del codice di procedura civile; dell’art. 15, commi 1 e 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2013, n. 67 (Regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, a norma degli articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), sollevato dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, nel procedimento vertente tra C. C. e Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Reggio Emilia, con ordinanza del 23 settembre 2014, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti gli atti di intervento dell’Associazione Magistrati Tributari e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2016 il Giudice relatore Daria de Pretis.

Ritenuto che con ordinanza del 23 settembre 2014 la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 13, 15, 29-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonché degli artt. 6 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e 51 del codice di procedura civile;

che le questioni sono sorte nel corso di un giudizio con il quale un contribuente ha impugnato, nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Reggio Emilia, una cartella di pagamento avente ad oggetto l’importo dovuto a titolo di tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari e di relative sanzioni;

che il rimettente dubita in sostanza che l’ordinamento e l’organizzazione della giustizia tributaria siano compatibili con la garanzia di indipendenza anche apparente del giudice, richiesta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) in tema di «equo processo», ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;

che, dopo avere illustrato le ragioni per le quali, a suo avviso, l’art. 6, paragrafo 1, si dovrebbe applicare anche ai giudizi tributari, il giudice a quo svolge una rassegna della giurisprudenza della Corte EDU sui test di verifica dei requisiti di indipendenza e imparzialità del giudice e ne saggia l’applicazione alla disciplina interna della materia;

che tale verifica lo porta ad escludere dubbi di contrasto con la Convenzione sotto i profili delle modalità di selezione e di assegnazione agli uffici dei giudici tributari, della garanzia della loro preparazione giuridica, della tutela da pressioni esterne e – con particolare riferimento alla disciplina del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria – della tutela dell’indipendenza interna;

che il rimettente giunge a diversa conclusione per altri profili, riguardanti i rapporti tra i giudici tributari e il personale amministrativo di supporto, l’autonomia gestionale dei mezzi materiali necessari per l’esercizio della giurisdizione e lo status economico dei medesimi giudici, in quanto l’assetto ordinamentale e organizzativo-gestionale della giustizia tributaria relativo ad essi violerebbe, a suo avviso, gli artt. 101, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione al parametro interposto dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU;

che la violazione degli stessi parametri deriverebbe anche dall’assenza, nella disciplina della ricusazione e dell’astensione, di un rimedio al difetto di apparente indipendenza del giudice tributario per ragioni di natura ordinamentale;

che, secondo il rimettente, l’inquadramento nel Ministero dell’economia e delle finanze, nell’apposita Direzione della giustizia tributaria, degli uffici di segreteria preposti all’assistenza e alla collaborazione nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, e la conseguente impossibilità per il giudice tributario di disporre autonomamente del personale ausiliario, ledono l’indipendenza apparente del giudice richiesta dall’art. 6, paragrafo 1, nell’interpretazione fornita dalla Corte EDU;

che il personale sarebbe inserito nella stessa amministrazione cui appartengono le autorità che emanano gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale, vale a dire le agenzie fiscali, alle quali è preposta una diversa direzione ministeriale, inquadrata tuttavia nello stesso Dipartimento delle finanze;

che la lesione dell’apparente indipendenza dei giudici troverebbe riscontri nell’analisi dei compiti affidati alla Direzione della giustizia tributaria, tra i quali il rimettente individua – quali indizi del fatto che il personale delle segreterie sarebbe “nelle mani” del soggetto autore degli atti oggetto di giudizio – i compiti di selezione, formazione, assegnazione e vigilanza, di determinazione dello stato giuridico ed economico, di valutazione della produttività e della progressione in carriera, nonché i compiti in materia di giudizio disciplinare e di supervisione degli uffici;

che la lesione dell’apparente indipendenza dei giudici tributari sarebbe dimostrata anche dall’assenza di norme che disciplinino i rapporti tra i giudici e il personale delle segreterie, nonché dalle norme (artt. 2 e 35 del d.lgs. n. 545 del 1992) che regolano le attribuzioni dei presidenti delle commissioni tributari e dei direttori delle relative segreterie;

che a quest’ultimo riguardo il rimettente richiama un orientamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria...

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