Sentenza nº 189 da Constitutional Court (Italy), 20 Luglio 2016

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione20 Luglio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 189

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7, comma 1, lettera f); 18; 20 e 23, commi 6 e 7, della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27-30 gennaio 2012, depositato in cancelleria il 2 febbraio 2012 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 14 giugno 2016 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 27-30 gennaio 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 2 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, comma 1, lettera f); 18; 20 e 23, commi 6 e 7, della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico).

    1.1.− In particolare, con riguardo all’art. 7, comma 1, lettera f), il Presidente del Consiglio dei ministri ha denunciato la violazione degli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione. Con riferimento all’art. 18, ha dedotto il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. In relazione all’art. 20, ha lamentato la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. Infine, quanto all’art. 23, commi 6 e 7, ha denunciato il contrasto per eccesso dalle competenze di cui all’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonché il contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera s), e 118, terzo comma, Cost.

  2. – Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 9 marzo 2012 si è costituita in giudizio la Regione autonoma della Sardegna, che ha richiesto di dichiarare inammissibili e, comunque sia, infondate le questioni di legittimità costituzionale proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri.

  3. – Il ricorso statale ha per oggetto, in primo luogo, l’art. 7, comma 1, lettera f), della citata legge regionale, il quale inserisce il comma 5-ter all’art. 8 della legge regionale 22 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), legge attuativa del cosiddetto piano casa. Ai sensi della disposizione inserita, gli interventi edilizi di cui agli artt. 2, 3, 4, 5 e 6 della legge regionale n. 4 del 2009 «sono realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali vigenti ed in deroga alle vigenti disposizioni normative regionali; possono essere superati gli indici massimi di fabbricabilità. È in ogni caso fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice civile e i diritti dei terzi».

    3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri riconosce che la Regione autonoma della Sardegna è titolare della potestà legislativa primaria in materia di «edilizia ed urbanistica» ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera f), dello statuto speciale e ha competenza esclusiva in materia di «piani territoriali paesistici» ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna). Sottolinea anche, però, che queste competenze legislative devono essere esercitate in armonia con la Costituzione e con i principî dell’ordinamento giuridico della Repubblica, rispettando altresì gli obblighi internazionali, gli interessi nazionali, nonché le norme fondamentali delle riforme economiche-sociali, quali sono quelle in tema di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», adottate dallo Stato in base alla competenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

    Ciò premesso, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che l’impugnato art. 7, comma 1, lettera f), «appare suscettibile di essere interpretat[o] secondo un’accezione ampia», tale da porsi in contrasto con i suddetti limiti.

    In primo luogo, posto che nella generica locuzione «disposizioni normative regionali» può ricomprendersi anche la disciplina di uso del territorio stabilita dal piano paesaggistico regionale, il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che gli interventi edilizi potrebbero essere compiuti in deroga a quest’ultimo, in contrasto quindi con la norma di grande riforma economico-sociale posta dall’art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, nonché con i limiti derivanti dalla disciplina statale concernente i vincoli paesaggistici e con i principî di tutela dei beni paesaggistici contenuti negli artt. 131 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Ne conseguirebbe la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.

    In secondo luogo, posto che la disposizione impugnata fa salvo soltanto il rispetto delle norme del codice civile e dei diritti dei terzi, gli interventi edilizi potrebbero essere compiuti in deroga alle disposizioni di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), con conseguente violazione della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

    Infine, gli interventi edilizi potrebbero essere compiuti in deroga anche alle misure di controllo dell’urbanizzazione stabilite in materia di rischi di incidenti rilevanti di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), attuativo della cosiddetta direttiva Seveso, e delle collegate previsioni dettate con decreto ministeriale 9 maggio 2001 (Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante). La disposizione impugnata, perciò, sarebbe in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per inosservanza della normativa europea, e con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella parte in cui disporrebbe in modo difforme dalla normativa statale in materia.

    3.2.– Con l’atto di costituzione, la Regione autonoma della Sardegna eccepisce, innanzitutto, che le censure concernenti l’art. 7, comma 1, lettera f), sono inammissibili perché ipotetiche, prospettandosi vizi meramente eventuali, connessi ad una determinata interpretazione della disposizione censurata.

    Nel merito, la resistente osserva che la disposizione censurata si limita a fare riferimento alla possibilità di derogare alla normativa regionale in materia di urbanistica e di edilizia, e non già a quella statale, senza neppure fare menzione del piano paesaggistico regionale il quale, comunque sia, ha natura di atto amministrativo generale e non di regolamento. Dunque, non essendo stato il piano paesaggistico richiamato dalla disposizione censurata – che invece contempla altri strumenti urbanistici – ed essendo il piano un atto amministrativo, e non normativo, ne deriverebbe che gli interventi edilizi di cui alla suddetta disposizione non possono derogarvi.

    Non vi sarebbe poi, secondo la difesa regionale, alcuna invasione della materia «ordinamento civile», perché l’art. 7, comma 1, lettera f), non investirebbe affatto le regole che disciplinano i rapporti tra privati, ma si riferirebbe esclusivamente all’attività edificatoria, da ricomprendersi nella materia «edilizia ed urbanistica» attribuita in via esclusiva alla Regione autonoma della Sardegna dallo statuto speciale. D’altra parte, risulterebbe impossibile anche soltanto ipotizzare che tale disciplina possa incidere sul regime degli standard urbanistici dettati dal d.m. n. 1444 del 1968, essendo questo un atto normativo che certamente non rientra nelle «disposizioni normative regionali».

    Correlativamente infondato, poi, sarebbe il ricorso laddove si lamenta la violazione dellart. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., sul presupposto che la disposizione impugnata metterebbe a repentaglio lattuazione della cosiddetta normativa sulla prevenzione dei grandi rischi. La disciplina oggetto di censura, infatti, non consentirebbe affatto di costruire dovunque, ma solo di...

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