Ordinanza nº 153 da Constitutional Court (Italy), 23 Giugno 2016

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione23 Giugno 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 153

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), promosso dal Tribunale ordinario di Tivoli, con ordinanza del 16 ottobre 2014, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° giugno 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto che con ordinanza del 16 ottobre 2014 (r.o. n. 50 del 2015), il Tribunale ordinario di Tivoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A);

che le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate nell’ambito di un giudizio di separazione tra coniugi, nel corso del quale entrambe le parti si sono regolarmente costituite;

che, secondo la ricostruzione in fatto operata dall’ordinanza di rimessione, all’udienza dell’8 ottobre 2014 il convenuto è comparso personalmente, rappresentando di aver perduto il posto di lavoro nel mese di marzo del 2014 – come comprovato dall’esibizione di documentazione attestante lo stato di disoccupazione – e di aver conseguito, nel precedente anno 2013, un reddito dichiarato ai fini IRPEF (dimostrato dal CUD 2014) pari ad euro 17.905,37, ossia un importo che non gli avrebbe consentito di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato per l’anno 2014;

che, nonostante ciò, la parte convenuta ha chiesto di essere ammessa al patrocinio statale e, in subordine, di rinviare l’udienza ad una data dell’anno 2015, a partire dal quale avrebbe potuto godere del beneficio, evidenziando la mancata comparizione del proprio difensore a seguito di accordi specifici, per l’impossibilità di corrispondergli «la tariffa professionale prescritta per le attività giudiziali svolte, eventualmente, nell’anno in corso»;

che il giudice rimettente, in punto di rilevanza, premette che «allo stato attuale della legislazione, il convenuto non può essere ammesso a fruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato», poiché – con decreto del Ministero della giustizia 1° aprile 2014 (Adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato) – l’importo reddituale massimo indicato dall’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini dell’ammissione al beneficio, è stato fissato in euro 11.369,24, importo di gran lunga inferiore a quello di euro 17.905,37 conseguito dal convenuto nell’anno 2013;

che, secondo il rimettente, l’attestazione dello stato di disoccupazione a far data dal 22 maggio 2014 proverebbe «il mancato raggiungimento del reddito per l’anno in corso»;

che sarebbe, altresì, soddisfatta, a giudizio del rimettente, la condizione prevista dall’art. 75 (rectius: 74) del d.P.R. n. 115 del 2002, che assicura il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, per la difesa del cittadino non abbiente, «quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate», in quanto il giudizio avrebbe ad oggetto la «reciproca volontà di addivenire a cessazione del rapporto coniugale»;

che l’unica condizione ostativa sarebbe costituita dalla previsione di cui al comma 1 dell’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui «[p]uò essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro» 11.369,24 (importo così aggiornato dal ricordato d.m. 1° aprile 2014), dal momento che non potrebbe trovare applicazione il comma 2 del medesimo articolo – secondo cui «se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante» – stante la previsione del successivo comma 4, a tenore del quale «[s]i tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi», evidentemente applicabile alle cause di separazione coniugale;

che il giudice rimettente, esclusa qualsiasi possibilità di diversa interpretazione della norma – nel senso di estendere il beneficio «a situazioni reddituali non risultanti dall’ultima dichiarazione» – considera rilevanti le prospettate questioni di legittimità costituzionale, in presenza di «una situazione di documentata difficoltà economica che rende impossibile alla parte il ricorso “effettivo” all’ausilio di un avvocato...

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