Sentenza nº 131 da Constitutional Court (Italy), 10 Giugno 2016

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione10 Giugno 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 131

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2014, n. 40 (Modifiche ed integrazioni all’art. 2 della L.R. 28 aprile 2014, n. 26, all’art. 14 della L.R. 25 ottobre 1996, n. 96, alla L.R. 10 marzo 2008, n. 2 e ulteriori norme in materia di edilizia residenziale pubblica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-28 gennaio 2015, depositato in cancelleria il 29 gennaio 2015 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Federico Cappella per la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso, depositato il 29 gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, della legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2014, n. 40 (Modifiche ed integrazioni all’art. 2 della L.R. 28 aprile 2014, n. 26, all’art. 14 della L.R. 25 ottobre 1996, n. 96, alla L.R. 10 marzo 2008, n. 2 e ulteriori norme in materia di edilizia residenziale pubblica), nella sua interezza e, in particolare, in relazione agli artt. 3 e 4, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione.

    1.1.– In particolare, la difesa statale impugna l’art. 3 della citata legge regionale n. 40 del 2014, nella parte in cui dispone la riduzione dei canoni delle locazioni relative al patrimonio di edilizia residenziale pubblica in regime di canone concordato, con contratto non ancora stipulato alla data del 30 settembre 2014. Più precisamente, per i canoni superiori a 250 euro, è stabilita una riduzione percentuale pari al cinquanta per cento sull’importo eccedente detto limite. Tale previsione, determinando una riduzione delle entrate delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER), comporterebbe minori entrate a carico del bilancio regionale, non quantificate e a fronte delle quali non sarebbe indicata la relativa fonte di finanziamento, con conseguente violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.

    1.2.– È, poi, impugnato l’art. 4 della medesima legge regionale n. 40 del 2014, nella parte in cui introduce l’art. 1.1 nella legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 (Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale), che dispone che «[s]ulle opere per le quali è stata negata l’intesa, la soluzione per la quale è stata data la negazione sarà valutata e comparata entro sei mesi, di concerto con gli organi statali competenti e in ottemperanza al principio di leale collaborazione, con le soluzioni alternative elaborate dalla Regione al fine di scegliere la proposta che accolga nel modo più completo possibile le ragioni alla base della negazione e che abbia minore impatto ambientale e il più basso impatto sismico».

    La difesa statale osserva che il generico riferimento alle «opere per le quali è stata negata l’intesa» potrebbe essere inteso come il seguito di quanto disposto nell’art. 1 della legge regionale n. 2 del 2008, che detta disposizioni programmatiche per il rilascio dell’intesa prevista dall’art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), e cioè quella relativa alle determinazioni inerenti alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate per la terraferma. Il predetto riferimento, tuttavia, potrebbe essere interpretato anche in senso ampio, in modo da considerare la norma come volta a disciplinare, in via generale, le modalità di risoluzione del dissenso tra Regione e amministrazioni statali in tutti quei procedimenti nei quali l’amministrazione regionale è chiamata ad esprimere la propria intesa “forte”, la cui negazione impone l’avvio di idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze. La difesa statale osserva che questa seconda interpretazione sarebbe avvalorata, oltre che dall’ampiezza della dizione utilizzata dal legislatore regionale, dalla collocazione sistematica della norma in un articolo a sé stante, e dall’assenza di riferimento alle opere di coltivazione e ricerca di idrocarburi disciplinate dall’art. 1 della legge regionale n. 2 del 2008. Secondo tale interpretazione, nell’ambito delle «opere per le quali è stata negata l’intesa», dovrebbero essere comprese tutte le opere energetiche soggette ad intesa regionale, ovunque localizzate, tra cui i gasdotti e le centrali di spinta.

    In ogni caso, in entrambe le interpretazioni, le intese disciplinate dalla disposizione censurata sarebbero inerenti a materia di competenza legislativa statale.

    La difesa statale ricorda, infatti, che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che varie disposizioni riferite a attività connesse alla realizzazione di opere energetiche (fra cui proprio quelle contenute nell’art. 1, comma 7, lettera n, e quelle di cui all’art. 1, comma 8, lettera b, numero 2, della legge n. 239 del 2004), costituiscono principi fondamentali nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 124 del 2010, n. 282 del 2009, n. 383 del 2005). Tali disposizioni hanno ridefinito in modo unitario i procedimenti di autorizzazione delle maggiori infrastrutture lineari energetiche, tenuto conto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, mediante la cosiddetta “chiamata in sussidiarietà”. Quest’ultima consente di spogliare la legislazione regionale della propria capacità di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarietà, a condizione che si raggiunga un’intesa con la Regione, in sede di esercizio della funzione (sentenze n. 278 del 2010, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). A tal proposito – sottolinea ancora l’Avvocatura generale dello Stato – la Corte ha anche precisato che rientra nella competenza statale dettare i principi fondamentali della disciplina dell’intesa, così come di tutte le forme di collaborazione e coordinamento tra apparati statali, regionali e di enti locali, che coinvolgano compiti e attribuzioni dello Stato, ivi comprese le procedure volte a superare il dissenso regionale nella conclusione dell’intesa, pur dovendo queste ultime ottemperare a talune indicazioni, per esempio non attribuire a alcuna delle parti un ruolo preminente (sentenza n. 121 del 2010). Simili compiti non potrebbero essere disciplinati unilateralmente e autoritativamente dalle Regioni nemmeno nell’esercizio della loro potestà legislativa, ma dovrebbero trovare il loro fondamento o presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati (sentenze n. 104 del 2010 e n. 322 del 2006).

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