Sentenza nº 96 da Constitutional Court (Italy), 06 Maggio 2016

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione06 Maggio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 96

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nel procedimento vertente tra A.F. ed altri e il Ministero dell’interno, con ordinanza del 28 maggio 2014, iscritta al n. 220 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti l’atto di costituzione di A.F. ed altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2016 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

udito l’avvocato Luigi Strano per A.F. ed altri e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 28 maggio 2014, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36, 53 e 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui stabilisce, al terzo periodo, che «Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».

    1.1.– Il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto, di essere investito del ricorso proposto contro il Ministero dell’interno da alcuni appartenenti al personale della carriera prefettizia, i quali, già viceprefetti aggiunti, erano stati promossi viceprefetti con decorrenza dal 1° gennaio 2012, per l’accertamento del diritto a percepire, a decorrere da tale data, il trattamento economico corrispondente alla superiore qualifica loro conferita, in difetto dell’adozione, da parte dell’amministrazione, di provvedimenti al riguardo.

    Il Tribunale amministrativo regionale precisa che i ricorrenti fondano l’azionata pretesa sull’art. 7, comma 4, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 (Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell’articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266), secondo cui «Le promozioni alla qualifica di viceprefetto decorrono agli effetti giuridici ed economici dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello nel quale si sono verificate le vacanze», sostenendo, al contempo, l’inapplicabilità ai viceprefetti delle misure di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego previste dal censurato art. 9, comma 21, del d.l., n. 78 del 2010. Tale inapplicabilità si fonderebbe, riferisce ancora il rimettente, su due argomenti. In primo luogo, il rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia è retto dallo specifico ordinamento dettato dal d.lgs n. 139 del 2000, il cui art. 29 prevede una procedura di negoziazione per la definizione degli aspetti giuridici ed economici, che si conclude con l’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, dell’ipotesi di accordo sottoscritta dalle delegazioni della parte pubblica e delle organizzazioni sindacali, successivamente trasfusa in un decreto del Presidente della Repubblica. Quest’ultimo atto è identificabile, nella specie, nel d.P.R. 23 maggio 2011, n. 105 (Recepimento dell’accordo sindacale relativo al biennio economico 2008-2009, riguardante il personale della carriera prefettizia), successivo al d.l. n. 78 del 2010. Risulterebbe «evidente che la disciplina contrattuale» contenuta in tale d.P.R., «letta in combinato disposto con l’art. 7» del d.lgs. n. 139 del 2000, «si pone quale fonte regolamentare speciale, che stabilisce una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista dall’art. 9, comma 21, del D.L. 78/2010». In secondo luogo, la reclamata retribuzione non potrebbe essere negata dal Ministero dell’interno, pena l’incostituzionalità dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, per violazione degli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 Cost.

    1.2.– In punto di rilevanza delle questioni, il Tribunale rimettente afferma anzitutto che l’assunto dei ricorrenti circa l’inapplicabilità della disposizione censurata al personale della carriera prefettizia non è condivisibile.

    A tale proposito, il giudice a quo asserisce che «non si ravvisano ragioni per ritenere inapplicabile l’art. 9, comma 21», terzo periodo, al detto personale – che è espressamente menzionato dall’art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), al quale la disposizione impugnata fa rinvio – e, in particolare, alle promozioni a viceprefetto, ove si consideri che gli artt. 7, comma 4, e 8, comma 4, del d.lgs. n. 139 del 2000, definiscono espressamente i passaggi dalla qualifica di viceprefetto aggiunto a quella di viceprefetto «promozioni», in termini di progressioni di carriera.

    Né potrebbe condurre ad una diversa soluzione – sempre secondo il rimettente – il d.P.R. n. 105 del 2011, atteso che questo ha ad oggetto il recepimento di un accordo sindacale relativo ad un periodo (il biennio economico 2008-2009) precedente e, quindi, diverso da quello cui fa riferimento l’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010.

    Il rimettente aggiunge che lo stesso TAR Lazio aveva già affrontato, con l’ordinanza n. 6161 del 2012, una questione simile, ovvero se l’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, potesse o no derogare alla speciale disciplina del rapporto di impiego del personale della carriera diplomatica, affermando come lo stesso «per il tenore delle prescrizioni in esso contenute, e per la finalità che esso persegue […] si prefigga lo scopo di intervenire su tutti i rapporti d’impiego con le pubbliche amministrazioni, quale sia la loro struttura e la fonte principale che li disciplina».

    Ritenuta l’applicabilità al personale della carriera prefettizia dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, il giudice a quo sostiene che «acquista rilevanza – ai fini del decidere – la questione prospettata dai ricorrenti sulla costituzionalità del ripetuto art. 9, comma 21, nella parte di interesse […], risultando chiaro come tale previsione non abbia consentito ai ricorrenti di ottenere, a seguito dell’intervenuta promozione a vice prefetto, la retribuzione corrispondente alla nuova qualifica».

    1.3.– In punto di non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto con la Costituzione per vari motivi, «tra loro subordinati».

    1.3.1.– Secondo il giudice a quo, l’impugnato art. 9, comma 21, terzo periodo, violerebbe anzitutto l’art. 36 Cost., là dove prevede, al primo comma, che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro».

    A tale proposito, il TAR Lazio, dopo avere premesso che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 139 del 2000, alle tre qualifiche di prefetto, viceprefetto e viceprefetto aggiunto in cui si articola la carriera prefettizia corrispondono compiti e funzioni differenti, caratterizzati dai diversi livelli di responsabilità correlati a ciascuna qualifica, «ai quali non possono non corrispondere retribuzioni differenti», afferma che il mantenimento al personale promosso viceprefetto della retribuzione da esso già percepita nella qualità di viceprefetto aggiunto lede l’invocato principio della necessaria corrispondenza tra la retribuzione spettante e la quantità e qualità del lavoro prestato.

    Sempre ad avviso del rimettente, la previsione di differenti livelli di retribuzione in relazione alla qualifica del dipendente e, quindi, alla qualità del servizio da lui prestato, salvaguarderebbe non solo la professionalità del lavoratore ma anche, in ossequio a criteri di ragionevolezza, l’equilibrio del sinallagma tra le prestazioni.

    Il giudice a quo afferma ancora che la violazione del principio di proporzionalità della retribuzione non è esclusa dal fatto che il trattamento economico del personale della carriera...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT