Sentenza nº 74 da Constitutional Court (Italy), 07 Aprile 2016

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione07 Aprile 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 74

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giuseppe FRIGO Presidente

- Paolo GROSSI Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dalla Corte d’appello di Ancona nel procedimento penale a carico di S.L., con ordinanza del 3 aprile 2015, iscritta al n. 165 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte d’appello di Ancona, con ordinanza del 3 aprile 2015 (r.o. n. 165 del 2015), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante dell’art. 73, comma 7, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.

    Il giudice a quo ricorda che con sentenza emessa in data 11 luglio 2014 il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Ancona, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato S.L. – imputato del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, per aver illecitamente detenuto un chilogrammo di marijuana e 85 grammi di cocaina – colpevole dei reati ascrittigli unificati dal vincolo della continuazione e lo aveva condannato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione e 24.000 euro di multa, ritenendo la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale equivalente alle concesse circostanze attenuanti generiche.

    Avverso la sentenza di primo grado l’imputato aveva proposto appello non contestando l’applicazione della recidiva ma chiedendo il riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 73, comma 7, del d.P.R. n. 309 del 1990 e la conseguente riduzione della pena inflitta.

    A sostegno dell’impugnazione, l’imputato aveva richiamato la nota del 20 marzo 2015 della Direzione distrettuale antimafia di Ancona, che attestava «la completa, vasta ed incondizionata collaborazione posta in essere dal S. (anche e soprattutto) dopo la sentenza di primo grado».

    La Corte rimettente ritiene che la questione sollevata sia rilevante nel giudizio a quo, perché, «in caso di accoglimento, si dovrebbe irrogare una pena di gran lunga inferiore rispetto a quella inflitta dal primo giudice, atteso che la ampiezza ed intensità della collaborazione prestata dall’imputato indurrebbe a ritenere l’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 73, co. 7°, d.P.R. n. 309/1990 sicuramente prevalente sulla recidiva». Questo giudizio di prevalenza è, tuttavia, impedito dal divieto posto dall’art. 69, quarto comma, cod. pen., e secondo il giudice a quo non sarebbe possibile escludere la recidiva riconosciuta dalla sentenza di primo grado, ancorché facoltativa, sia «perché la relativa statuizione non è stata oggetto di specifico motivo di appello da parte dell’imputato (cfr. Cassazione penale, sez. II, 3/10/2013, n. 47025)», sia «perché nel caso in esame le condanne già riportate dall’imputato, in relazione alla natura e al tempo di commissione dei reati indicano che il reato sub iudice è espressione della medesima “devianza” già denotata in occasione dei precedenti reati, ed è perciò sicura manifestazione di maggior colpevolezza e pericolosità dell’imputato».

    La questione sarebbe inoltre non manifestamente infondata, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., «perché la preclusione assoluta di poter ritenere prevalente l’attenuante della collaborazione ex art. 73, co. 7°, d.P.R. n. 309/1990 ai recidivi reiterati introduce un evidente elemento di irrazionalità secondo lo scopo della disposizione anzidetta».

    Il settimo comma dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, infatti, prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale «diretta a premiare e stimolare il ravvedimento post-delittuoso del responsabile». In tal modo il legislatore mira a favorire la dissociazione e la collaborazione operosa, tramite il...

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