Sentenza nº 76 da Constitutional Court (Italy), 07 Aprile 2016

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione07 Aprile 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 76

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giuseppe FRIGO Presidente

- Paolo GROSSI Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), promosso dal Tribunale per i minorenni di Bologna sul ricorso proposto da B.E.M. con ordinanza del 10 novembre 2014, iscritta al n. 259 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e dell’associazione Avvocatura per i diritti LGBTI;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 10 novembre 2014 il Tribunale per i minorenni di Bologna ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), «nella parte in cui – come interpretati secondo diritto vivente – non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore adottato (all’estero), il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso)», per violazione degli artt. 2, 3, 30, 31 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in riferimento agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.

  2. – Il giudice a quo riferisce di essere chiamato a definire un giudizio promosso dalla signora B.E.M., al fine di ottenere il riconoscimento della sentenza straniera di adozione deliberata, in data 22 gennaio 2004, dal Tribunale di Prima Istanza dello Stato dell’Oregon, Contea di Multnomah, negli Stati Uniti d’America, con la quale era stata disposta l’adozione piena della minore J.B.S.E. in favore della ricorrente, con responsabilità genitoriale congiunta a quella della madre biologica J.E.A.

    Il rimettente riferisce che la minore J.B.S.E. è nata da J.E.A. in data 4 ottobre 2003, in seguito ad inseminazione artificiale, allorché J.E.A. già conviveva con B.E.M., nell’ambito, dunque, di uno specifico progetto di genitorialità delle due madri (biologica e adottiva). Subito dopo la nascita di J.B.S.E., B.E.M. ha presentato domanda di adozione al Tribunale dello Stato dell’Oregon che, dopo aver accertato l’idoneità della richiedente a svolgere il ruolo di madre e l’idoneità del nucleo familiare ad ospitare la bambina, ne ha statuito appunto l’adozione. In seguito, in data 6 giugno 2013, J.E.A. e B.E.M. hanno contratto matrimonio agli effetti della legge degli Stati Uniti d’America. Il 27 marzo 2013 il Consolato Generale d’Italia con sede a San Francisco ha attestato che B.E.M., cittadina statunitense, è anche cittadina italiana per discendenza. L’intero nucleo familiare risiede ora a Bologna. Ricorda, infine, il giudice a quo che la ricorrente non ha presentato domanda finalizzata ad ottenere l’adozione di J.B.S.E., bensì ha richiesto, anche in nome della figlia adottata, il riconoscimento, in Italia, del provvedimento statunitense di adozione della minore.

  3. – Il Tribunale per i minorenni di Bologna ricorda, quindi, come i provvedimenti di adozione siano riconoscibili, in Italia, ai sensi dell’art. 41 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), il quale rinvia agli artt. 64, 65 e 66 della medesima legge, ferme restando le norme speciali in materia di adozione dei minori (in particolare, gli artt. 35 e 36 della legge n. 184 del 1983). Con riferimento alla fattispecie oggetto del suo giudizio, il rimettente rileva che sussistono «tutte le condizioni di carattere procedurale e processuale» richieste dalla legge per il riconoscimento del provvedimento straniero, in quanto lo stesso si è perfezionato negli Stati Uniti d’America secondo legalità e sulla base della competenza dell’autorità adita. Ritiene, tuttavia, che, nel caso di specie, osti al riconoscimento della sentenza pronunciata all’estero la sua contrarietà all’ordine pubblico, limite previsto dalle disposizioni citate.

    Assume, infatti, il Tribunale che, sulla scorta di una lettura – «da ritenersi prevalente e maggioritaria, di fatto corrispondente a “diritto vivente”» degli artt. 41 della legge n. 218 del 1995 e 44, comma 1, lettera b), della legge n. 184 del 1983 (relativo, quest’ultima disposizione, all’adozione, in casi particolari, del figlio del coniuge) – debba escludersi che un minore possa essere adottato da persona che sia coniuge del genitore nell’ambito di un matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, costituendo la necessaria diversità dei sessi un presupposto implicito e inderogabile della disciplina adottiva, «così cogente da dovere essere collocato nell’ambito di quelli che si connotano per partecipazione all’area semantica dell’Ordine pubblico interno».

    Ad avviso del giudice rimettente, tale interpretazione delle disposizioni sopra citate costituirebbe l’approdo di un “diritto vivente” formatosi nell’applicazione degli artt. 35 e 36 della legge n. 184 del 1983. Viene ricordata, in particolare, una pronuncia della Corte di cassazione (sezione prima civile, 14 febbraio 2011, n. 3572), secondo la quale l’adozione disposta ai sensi dell’art. 36, comma 4, della legge n. 184 del 1983 – ossia l’adozione pronunciata all’estero su istanza di cittadini italiani che dimostrino, al momento della pronuncia, di avere soggiornato continuativamente nel Paese straniero e di avervi avuto la residenza da almeno due anni – non avrebbe introdotto alcuna deroga al principio generale enunciato al comma 3 del precedente art. 35, ove si stabilisce che il riconoscimento del provvedimento di adozione di un minore pronunciato all’estero non può avere luogo ove contrario «ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori». Tra questi principi – secondo il giudice a quo – vi sarebbe anche quello secondo cui l’adozione è permessa solo a coniugi «uniti in matrimonio» ai sensi dell’art. 6 della legge n. 184 del 1983 (matrimonio che, nell’ordinamento italiano, è consentito solo a persone di sesso diverso).

  4. – Tanto premesso, il Tribunale per i minorenni di Bologna ritiene...

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