N. 258 ORDINANZA 23 - 30 luglio 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO; Paolo MADDALENA; Alfio FINOCCHIARO; Alfonso QUARANTA; Franco GALLO; Luigi MAZZELLA; Gaetano SILVESTRI; Sabino CASSESE; Maria Rita SAULLE; Giuseppe TESAURO; Paolo Maria NAPOLITANO; Giuseppe FRIGO; Alessandro CRISCUOLO; Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali) e dell'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), promossi dalla Commissione tributaria provinciale di Genova con ordinanza del 12 febbraio 2004, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma con quattro ordinanze del 23 marzo 2006, dalla Commissione tributaria provinciale di Chieti con ordinanza del 30 ottobre 2006, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma con ordinanza del 9 novembre 2006, dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con due ordinanze del 24 settembre 2007, ordinanze rispettivamente iscritte al n. 521 del registro ordinanze 2004, ai nn. da 180 a 183, 362 e 498 del registro ordinanze 2007 ed ai nn. 36 e 37 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2004, nn. 14, 20 e 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2007 e n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visti l'atto di costituzione di Francesco Paolucci ed altro nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2009 e nella Camera di consiglio dell'8 luglio 2009 il giudice relatore Sabino Cassese;

Uditi l'avvocato Vittorio Paolucci per Francesco Paolucci ed altro e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio, promosso da una societa' per azioni avverso il provvedimento di diniego dell'Agenzia delle entrate, in relazione all'istanza di rimborso dell'imposta sui redditi delle persone giuridiche (Irpeg), per la quota indeducibile dell'imposta regionale sulle attivita' produttive (Irap), la Commissione tributaria provinciale di Genova ha sollevato, con riferimento all'art. 53 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali), nella parte in cui vieta la deducibilita' dell'Irap dalle imposte sui redditi (r.o. n. 521 del 2004);

che, in ordine alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, la Commissione osserva che essa condiziona direttamente ed inequivocabilmente la domanda di restituzione dell'Irpeg formulata dalla societa' ricorrente;

che, per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione, la Commissione ritiene che, con riferimento al reddito di impresa, l'esclusione della deducibilita' dell'Irap (che per l'imprenditore rappresenta un fattore economico di spesa) dal reddito assoggettato alle imposte sui redditi determina l'imposizione non su un reddito netto, il quale e' e deve essere l'indice di capacita' contributiva che giustifica l'imposizione erariale, ma su un reddito lordo e, quindi, puo' verificarsi che imprese la cui gestione sia in perdita paghino ugualmente Irpef ed Irpeg come se avessero prodotto un reddito, mentre altre imprese con gestione in utile vengano assoggettate ad imposta con prelievo pari o superiore all'utile stesso, con conseguente violazione dell'art. 53 Cost.;

che nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' o l'infondatezza della questione;

che, secondo la difesa statale, l'inammissibilita' discende dalla insufficiente descrizione della fattispecie da parte del giudice rimettente, perche' la censura e' basata su una 'situazione-limite' di imprese in perdita o assoggettate a Irap di importo pari o superiore all'utile, non corrispondente alla situazione dell'impresa ricorrente, e perche' dall'ordinanza non risulta chiaro se gli importi Irap chiesti dalla societa' ricorrente in rimborso siano versamenti in acconto o solo accantonamenti;

che, prosegue l'Avvocatura generale dello Stato, nel merito la questione e' palesemente infondata, perche' la non deducibilita' dalle imposte personali dipende dalla natura di imposta reale dell'Irap e dal fatto che essa e' stata istituita 'anche per raggiungere capacita' contributiva che, altrimenti sfuggirebbe alla imposizione 'personale' o da questa sarebbe solo marginalmente lambita; la Irap ha in sostanza doverosamente colmato una lacuna...

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