N. 250 SENTENZA 16 - 24 luglio 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente:

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 267, comma 4 lettere a) e c), 269, commi 2, 3, 7 e 8, 271, 281, comma 10, 283, 284 e 287 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promossi dalle Regioni Calabria, Piemonte,

Emilia-Romagna e Puglia con ricorsi notificati l'8, il 10 e il 13 giugno 2006, depositati in cancelleria il 10, il 15, il 16 ed il 20 giugno 2006 ed iscritti ai nn. 68, 70, 73 e 76 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' gli atti di intervento dell'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus, della Biomasse Italia s.p.a. ed altre;

Udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

Uditi gli avvocati Maria Grazia Bottari Gentile per la Regione Calabria, Fabio Lorenzoni per la Regione Piemonte, Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, Fabrizio Lofoco per la Regione Puglia, Alessandro Giadrossi per l'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus, e gli avvocati dello Stato Fabrizio Fedeli e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con il ricorso iscritto al n. 68 del registro ricorsi del 2006, la Regione Calabria ha impugnato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) nel suo complesso, nonche' in relazione a numerose specifiche disposizioni.

La ricorrente, preliminarmente, riferisce che il citato decreto costituisce l'esercizio da parte del Governo della delega conferitagli dal Parlamento con la legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione). Illustra, quindi, il procedimento seguito per l'emanazione del citato d.lgs. n. 152 del 2006, affermando come esso avrebbe disatteso i principi ispiratori della delega e, in particolare, il principio di leale cooperazione tra Stato, Regioni ed enti locali.

Dopo aver censurato l'illegittimita' costituzionale dell'intero decreto delegato proprio in conseguenza dei vizi del procedimento di formazione, la Regione Calabria, impugna le singole disposizioni.

Tra queste, vengono censurati alcuni articoli inseriti nella parte quinta del decreto, recante norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.

La ricorrente sostiene che in tale materia sussisterebbe una compenetrazione di titoli di competenza dello Stato e delle Regioni da ravvisarsi, in via prevalente, nella 'tutela dell'ambiente', ma anche nella 'tutela della salute'.

L'esigenza di tenere in adeguato conto anche tale ultima competenza e di garantire un ruolo di primo piano alle Regioni nella tutela dell'aria dall'inquinamento era ben presente nella normativa anteriore al decreto impugnato e, in particolare, nel d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualita' dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art.

15 della L. 16 aprile 1987, n. 183), ora abrogato dall'art. 280 del d.lgs. n. 152 del 2006. L'art. 4 del citato d.P.R., infatti, prevedeva che tale tutela spettasse alle Regioni che la esercitavano nell'ambito dei principi posti dalla legislazione statale e attribuiva loro una serie di competenze.

'Anche in considerazione di questo riferimento 'storico'', la ricorrente censura le disposizioni con le quali il legislatore delegato avrebbe introdotto una disciplina procedimentale di estremo dettaglio non giustificata dall'esigenza di predisporre standard di tutela uniformi.

In particolare, l'art. 269 regolerebbe il rilascio al gestore di un impianto, da parte dell'autorita' competente, dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera in modo cosi' dettagliato da vincolare sotto ogni profilo la legge regionale che disciplina l'attivita' dell'autorita' competente.

Il comma 2 della censurata disposizione individuerebbe, addirittura, lo schema di un modulo per la presentazione delle istanze. Il comma 3 regolerebbe nel dettaglio le attivita' che presiedono al rilascio dell'autorizzazione, privando le Regioni di ogni margine di modulazione e prevedendo l'esercizio di un potere sostitutivo da parte dello Stato senza le garanzie predisposte dall'art. 120 Cost. e senza contemplare la previa diffida ad adempiere.

Il comma 7, poi, stabilirebbe termini eccessivamente e 'inutilmente' rigidi per il rilascio dell'autorizzazione; infine, detterebbe una disciplina di estremo dettaglio per il caso di modifiche all'impianto, vincolando in modo assoluto l'attivita' normativa e amministrativa delle Regioni.

Analogamente, anche l'art. 284 regolerebbe in modo analitico la denuncia di installazione o modifica di un impianto termico civile, privando le Regioni della possibilita' di calibrare i procedimenti in relazione alle peculiarita' dei propri territori e alle esigenze di tutela della salute degli abitanti. Cio' determinerebbe l'illegittimita' costituzionale della citata disposizione, nonche' dell'Allegato IX alla parte quinta a cui l'art. 284 rinvia e 'che ne costituisce una ulteriore specificazione'.

L'art. 267, comma 4, lettera a), contrasterebbe con gli artt.

117, terzo e quarto comma, e 119, quinto comma, Cost., nonche' con il principio di leale collaborazione. Infatti esso, nel prevedere la possibilita' per il Ministro dell'ambiente di promuovere misure atte a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili e sviluppare tecnologie pulite, consentirebbe allo Stato - oltretutto senza alcuna partecipazione regionale - di realizzare 'interventi diretti di ordine finanziario sul territorio' in materie di competenza concorrente, quali il governo del territorio, la tutela della salute, nonche' di competenza residuale, quale la 'produzione non-nazionale di energia'.

E' censurato, altresi', l'art. 281, comma 10, per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma, e 118 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, nella parte in cui subordina all'intesa con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro della salute la possibilita', per le Regioni, di adottare provvedimenti generali in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedano particolare tutela ambientale. L'imposizione dell'intesa, secondo la ricorrente, priverebbe le Regioni della propria responsabilita' di governo del territorio e di tutela della salute dei cittadini, accentrando in capo allo Stato compiti di cui esso non e' piu' titolare a seguito della costituzionalizzazione del principio di sussidiarieta'.

Infine, la Regione Calabria deduce illegittimita' costituzionale dell'art. 287 per contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. e, 'a monte', con l'art. 76 Cost., in relazione all'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004. La disposizione censurata disciplina l'abilitazione del personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica superiore a 0.232 MW. In tal modo, essa sottrarrebbe alle Regioni una competenza di dettaglio riconducibile alla materia della 'tutela della salute' e della 'tutela e sicurezza del lavoro'.

Inoltre, si priverebbero le Regioni di una funzione ad esse conferita dall'art. 84, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).

  1. - Anche la Regione Piemonte, con il ricorso iscritto al n. 70 del 2006 del registro ricorsi, ha impugnato il d.lgs. n. 152 del 2006 nel suo complesso - per le modalita' di emanazione e per l'impostazione della disciplina in esso contenuta - nonche' in relazione a singole disposizioni.

    La ricorrente censura, tra l'altro, la parte quinta del decreto per violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120

    Cost., nonche' per violazione 'dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali'.

    L'impostazione di tale disciplina incorrerebbe in tre rilievi.

    Innanzitutto, disattenderebbe il criterio fissato dalla legge delega di operare una revisione della normativa concernente le emissioni dei gas inquinanti in atmosfera alla luce della disciplina comunitaria e, in particolare, della direttiva 2001/81/CE del 23 ottobre 2001 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici). Il decreto rispetterebbe solo alcuni profili della normativa comunitaria e non prevedrebbe il necessario aggiornamento delle prescrizioni e dei valori limite rispetto all'evoluzione tecnologica. Inoltre, non sarebbe adeguatamente considerata la relazione tra tutela ambientale e disciplina dell'energia e degli impianti termici, che sarebbe di competenza concorrente. Infine, subirebbero una generale compressione le competenze pianificatorie e programmatorie delle Regioni.

    Con specifico riferimento alle singole disposizioni, la ricorrente censura, innanzitutto, l'art. 267, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto, nel prevedere le attivita' volte alla adozione di misure per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non contemplerebbe alcun coinvolgimento delle Regioni.

    La lettera c) del medesimo comma, inoltre...

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