Ordinanza nº 47 da Constitutional Court (Italy), 03 Marzo 2016

RelatoreGiuliano Amato
Data di Resoluzione03 Marzo 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 47

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo GROSSI Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, nel procedimento vertente tra G. F. e l’Università degli studi di Perugia, con ordinanza del 18 maggio 2015, iscritta al n. 166 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2016 il Giudice relatore Giuliano Amato.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, con ordinanza depositata il 18 maggio 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), nella parte in cui non prevede una disciplina transitoria volta a regolare i procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti universitari nel periodo compreso tra la soppressione del Collegio di disciplina presso il Consiglio universitario nazionale (CUN) e la costituzione dei nuovi organi disciplinari istituiti presso i singoli atenei;

che viene denunciato il contrasto della disposizione censurata con gli artt. 3, 27, 97, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 41, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000;

che il giudizio a quo ha per oggetto il ricorso volto all’annullamento della delibera del Consiglio di amministrazione dell’ateneo del 18 dicembre 2014, con la quale è stata irrogata al ricorrente una sanzione disciplinare;

che il TAR riferisce che, nel caso in esame, il procedimento disciplinare è iniziato il 28 dicembre 2011, con la contestazione dell’addebito da parte del Rettore, e si è concluso il 18 dicembre 2014, con l’applicazione della sanzione da parte del Consiglio di amministrazione; ad avviso del rimettente, il ritardo nella definizione del procedimento sarebbe dipeso dalla mancata previsione, nella disposizione censurata, di una disciplina intertemporale volta a regolare i procedimenti disciplinari per il periodo compreso tra la soppressione del Collegio di disciplina presso il CUN e l’effettiva regolamentazione dei nuovi organi disciplinari decentrati;

che questo vuoto normativo avrebbe determinato la sospensione sine die dei procedimenti disciplinari, sino all’istituzione e regolamentazione ex novo dei nuovi organi, senza tenere conto né del diritto dell’incolpato alla definizione della propria posizione entro un termine ragionevole, né dell’esigenza di continuità dell’azione amministrativa; infatti, l’Università – in attuazione della legge n. 240 del 2010 – ha provveduto all’approvazione dei nuovi statuti e all’adozione dei relativi regolamenti, ma ciò le avrebbe impedito di definire il procedimento nel termine perentorio di centottanta giorni, di cui al comma 5 dello stesso art. 10, o comunque entro un termine «prefissato e ragionevole»;

che, d’altra parte, ad avviso del TAR, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante anche nel giudizio cautelare, non potendo la potestas iudicandi ritenersi esaurita laddove, come nella specie, la concessione della misura cautelare sia fondata, quanto al «fumus boni iuris», sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale;

che andrebbe, inoltre, disattesa leccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa statale, in relazione alla...

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