Sentenza nº 40 da Constitutional Court (Italy), 25 Febbraio 2016

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione25 Febbraio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 40

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo GROSSI Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 46, commi 1, 2 e 3, e 47, commi da 1 a 7, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 22 agosto 2014, depositato in cancelleria il 28 agosto 2014 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2014.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. − La Regione siciliana, con ricorso notificato il 21 agosto 2014 presso l’Avvocatura generale dello Stato e, in data 22 agosto 2014, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, poi depositato nella cancelleria di questa Corte il 28 agosto 2014 (reg. ric. n. 66 del 2014), ha impugnato, tra gli altri, gli artt. 46, commi 1, 2 e 3, e 47, commi da 1 a 7, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89.

    La ricorrente, in particolare, evidenzia che il comma 2 dell’art. 46 del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, nel ridefinire, per le Regioni speciali e le Province autonome, l’obiettivo del patto di stabilità, ha aggiunto – a modifica della disciplina dettata dall’art. 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013) – ulteriori oneri a carico della Regione siciliana, elevandone il contributo a 222 milioni di euro per l’anno 2014 e a 311 milioni di euro per il triennio 2015-2017.

    I commi 1 e 2 dell’art. 46 violerebbero così gli artt. 8 (rectius: 81), ultimo comma, e 119 della Costituzione, nonché gli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e l’art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).

    La norma citata, infatti, metterebbe in crisi il raggiungimento dell’equilibrio finanziario del bilancio regionale e sarebbe stata adottata senza alcuna preventiva intesa, in violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regione.

    Gli stessi vizi inficerebbero il comma 3 del citato art. 46, il quale – nel modificare l’art. 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) – dispone un altro concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica, onerando ulteriormente la Regione siciliana di circa 194 milioni di euro per il 2014 e di circa 132 milioni di euro per il triennio 2015-2017.

    I commi da 1 a 7 dell’art. 47, invece, nel prevedere che il mancato versamento, da parte di Province e Città metropolitane, del contributo alla finanza pubblica posto a loro carico, venga recuperato dall’Agenzia delle entrate a valere sui versamenti per imposte sull’assicurazione contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, violerebbero l’art. 36 dello statuto siciliano e l’art. 2, primo comma, delle relative norme di attuazione, in quanto i proventi di tale imposta, in Sicilia, spettano alla Regione.

    1.2.− È intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale, con memoria depositata il 30 settembre 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

    Secondo la difesa statale, in via preliminare, tutte le disposizioni censurate ricadrebbero sotto il disposto dell’art. 50-bis, del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, contenente una apposita clausola di salvaguardia, a tenore della quale le disposizioni del decreto «si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione». In considerazione di tale clausola, che assicurerebbe il pieno rispetto delle norme statutarie asseritamente lese, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile.

    La stessa conseguenza processuale deriverebbe anche dal fatto che le disposizioni censurate, in ragione del loro contenuto, costituirebbero principi fondamentali della finanza pubblica, come tali valide per tutti i livelli di governo.

    Ulteriore ragione di inammissibilità si rinverrebbe nella genericità delle censure avanzate.

    Infine, sempre in via preliminare, la difesa statale ha sottolineato che in data 9 giugno 2014 è stato siglato un accordo tra il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Presidente della Regione siciliana, con la definizione dei reciproci impegni finanziari per il periodo 2014-2017, sicché, in ordine ai rilievi mossi con il ricorso introduttivo, sarebbe cessata la materia del contendere.

    Nel merito, quanto alle censure mosse ai commi da 1 a 3 dell’art. 46 del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, la difesa statale deduce che l’autonomia finanziaria delle Regioni, anche di quelle a statuto speciale, deve essere considerata nell’ambito di una valutazione comparativa delle esigenze dell’intera Nazione, alla luce del momento congiunturale e della peculiarità della materia. Da questo punto di vista, anche norme puntuali adottate per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario possono essere ricondotte nell’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica, e in ogni caso le disposizioni orientate al contenimento della spesa pubblica rappresentano un legittimo esercizio della potestà statale concorrente in materia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

    Le misure che fissano un ulteriore contributo delle autonomie speciali alla finanza pubblica, dunque, sarebbero anch’esse riferibili al coordinamento spettante allo Stato in materia. Si tratterebbe altresì di considerare la valenza costituzionale assunta – nell’art. 119 Cost., come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) – dal principio del pareggio di bilancio, che impone a tutti gli enti di concorrere ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, pur con la salvaguardia degli ambiti di autonomia costituzionalmente garantiti.

    Ne conseguirebbe che anche le autonomie speciali, al di là delle regole del patto di stabilità interno, sono obbligate ad adeguare la loro legislazione ai principi di coordinamento della finanza pubblica, con la possibilità di adottare specifiche misure di recepimento della normativa statale, alla luce delle proprie peculiarità.

    Quanto alle censure afferenti ai commi da 1 a 7 dell’art. 47 – che determinano la misura del contributo alla finanza pubblica delle Province e delle Città metropolitane, nelle more dell’individuazione dei beni e delle risorse connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle Province agli enti subentranti ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) –, l’Avvocatura statale ha richiamato le difese già spiegate nel ricorso (reg. ric. n. 50 del 2014) promosso dalla Regione siciliana nei confronti dell’art. 10 del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 maggio 2014, n. 68, contenente norme di analogo tenore.

    Ha precisato, in particolare, che il meccanismo di rivalsa fa leva sull’estensione a tutto il territorio nazionale delle disposizioni di cui all’art. 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), relativo all’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore ed alla attribuzione del relativo gettito alle Province.

    Ha aggiunto che, con legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per lanno 2002), la Regione siciliana ha stabilito di devolvere alle Province regionali il...

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