Sentenza nº 9 da Constitutional Court (Italy), 21 Gennaio 2016

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione21 Gennaio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 9

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere c) e d), della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2014, n. 32, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 ottobre 2002, n. 20 (Contenimento della nutria – Myocastor coypus)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2-4 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 3 febbraio 2015 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 1° dicembre 2015 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Pio Dario Vivone per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 2-4 febbraio 2015 e depositato il 3 febbraio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale in via principale di due disposizioni della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2014, n. 32, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 ottobre 2002, n. 20 (Contenimento della nutria – Myocastor coypus)».

    1.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, in primo luogo, l’art. 1, comma 1, lettera c), della citata legge regionale, deducendone il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.

    Il ricorrente premette che la norma impugnata sostituisce l’art. 2 della legge regionale lombarda 7 ottobre 2002, n. 20, recante «Contenimento ed eradicazione della nutria (Myocastor Coypus)» (titolo così sostituito dall’art. 1 della stessa legge regionale n. 32 del 2014). Il comma 2 dell’articolo novellato, dopo aver previsto che le Province predispongono appositi piani di contenimento ed eradicazione della nutria, alla lettera b) stabilisce che i medesimi enti «istituiscono il Tavolo provinciale di coordinamento con prefetture, comuni, associazioni agricole, associazioni venatorie, consorzi di bonifica e altri soggetti interessati, finalizzato al monitoraggio annuale degli obiettivi di eradicazione».

    Secondo il ricorrente, includendo le prefetture tra i partecipanti al «Tavolo provinciale di coordinamento» in assenza di un previo accordo con lo Stato, la Regione avrebbe disposto unilateralmente il coinvolgimento di organi statali nei relativi compiti, gravandoli degli obblighi a ciò conseguenti, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che annovera l’«organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» tra le materie di legislazione esclusiva statale.

    Come più volte affermato dalla Corte costituzionale con riferimento al menzionato parametro, difatti, le Regioni non possono porre a carico di organi o amministrazioni dello Stato compiti e attribuzioni ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale (sono citate le sentenze n. 322 del 2006, n. 429 e n. 134 del 2004).

    1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, altresì, l’art. 1, comma 1, lettera d), della legge reg. Lombardia n. 32 del 2014 – che sostituisce l’art. 3 della legge reg. n. 20 del 2002 – per asserito contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere h) e s), Cost.

    Il nuovo art. 3 della legge regionale n. 20 del 2002 prevede, al comma 1, che «L’eradicazione delle nutrie avviene secondo le modalità disciplinate dai piani provinciali di contenimento ed eradicazione di cui all’articolo 2, comma 2, in ogni periodo dell’anno, su tutto il territorio regionale, anche quello vietato alla caccia, con i seguenti metodi di controllo selettivo: a) armi comuni da sparo; b) armi da lancio individuale; c) gassificazione controllata; d) sterilizzazione controllata; e) trappolaggio con successivo abbattimento dell’animale con narcotici, armi ad aria compressa o armi comuni da sparo; f) metodi e strumenti scientifici, messi a disposizione dalla comunità scientifica; g) ogni altro sistema di controllo selettivo individuato dalla Regione e validato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) o dal Centro di referenza nazionale per il benessere animale».

    Ad avviso del ricorrente, la disposizione ora riprodotta consentirebbe di utilizzare, per l’eradicazione delle nutrie, metodi che, benché definiti «di controllo selettivo», non escluderebbero in realtà con certezza l’abbattimento o la cattura di specie di fauna selvatica tutelate – a differenza delle nutrie, ormai considerate specie nociva – dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e dalla direttiva 30 novembre 2009, n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici: ponendosi, con ciò, in contrasto con specifici divieti stabiliti dalle normative ora citate.

    In particolare, l’art. 21, comma 1, della legge n. 157 del 1992 vieta espressamente di «usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre» (lettera u), nonché di «produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica» (lettera z).

    La norma regionale impugnata, di contro, permette l’uso – in ogni periodo dell’anno e su tutto il territorio regionale, comprese le zone in cui è vietata la caccia – oltre che di tutte le armi comuni da sparo, anche di armi da lancio individuale (categoria nella quale possono farsi rientrare le balestre) e di trappole. Queste ultime, essendo idonee a catturare, con elevato grado di probabilità, anche animali selvatici appartenenti a specie diverse dalla nutria, non potrebbero essere qualificate «strumenti selettivi» ed il loro utilizzo è espressamente proibito anche dall’art. 8, in riferimento all’Allegato IV, [lettera a)], della direttiva n. 2009/147/CE.

    Il contrasto con i divieti contenuti nell’art. 21, comma 1, lettere u) e z), della legge n. 157 del 1992 – rientranti senza dubbio nell’ambito della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», alla luce della costante giurisprudenza della Corte costituzionale – comporterebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa nella suddetta materia.

    A sua volta, il contrasto con la direttiva n. 2009/147/CE determinerebbe la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., che prescrive, anche al legislatore regionale, di conformarsi alle norme dell’Unione europea.

    La disposizione impugnata lederebbe, infine, la competenza esclusiva statale in materia di «ordine pubblico e sicurezza», stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

    La disciplina nazionale in materia di porto e trasporto di armi comuni da sparo, infatti, consente di rilasciare la licenza di porto darma solo per scopi di difesa personale, per il tiro a volo (uso sportivo) e per le altre attività...

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