Sentenza nº 262 da Constitutional Court (Italy), 11 Dicembre 2015

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione11 Dicembre 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 262

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7), del codice civile, promosso dal Collegio arbitrale di Padova nel procedimento vertente tra la S.I.PER. – Società Immobiliare Perginese snc di F.P. & C. e P.F., con ordinanza del 7 novembre 2014, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 7 novembre 2014, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2015, il Collegio arbitrale di Padova solleva, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non sospende la prescrizione tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori per le azioni di responsabilità intentate nei loro confronti, finché sono in carica.

    1.1.– Il Collegio premette di dover decidere, in forza di una convenzione di arbitrato rituale, sulla domanda risarcitoria proposta dalla S.I.PER.–Società Italiana Perginese snc nei confronti dell’amministratore P.F. per i danni derivanti da mala gestio.

    La società aveva addebitato a P.F., amministratore dal 1976 al giugno 2008, numerose condotte illecite, foriere di un danno ragguardevole.

    Nella procedura arbitrale, per i fatti anteriori al 1° marzo 2005, P.F. aveva eccepito preliminarmente l’estinzione delle pretese della società per decorso del termine quinquennale di prescrizione, interrotto soltanto, il 1° marzo 2010, dalla notifica della domanda arbitrale.

    L’amministratore convenuto in giudizio contestava la richiesta della società di trasporre alla società in nome collettivo, sulla scorta di un’asserita identità di ratio, i princípi enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 322 del 1998.

    Tale pronuncia aveva sancito la sospensione del termine di prescrizione di cui all’art. 2941, numero 7), cod. civ. soltanto per la società in accomandita semplice, contraddistinta da uno speciale assetto dei rapporti tra amministratori e soci, affine a quello delle società di capitali, e da limitati poteri di controllo dei soci accomandanti.

    Nelle società in nome collettivo – argomentava l’amministratore – i rapporti sociali si atteggerebbero in modo diverso, in considerazione della tendenziale coincidenza tra soci e amministratori e dei poteri di indagine e di verifica, affidati ai soci che non svolgono le funzioni di amministratori.

    L’amministratore chiedeva che le domande della società fossero comunque respinte, per infondatezza, per carenza di legittimazione attiva della società attrice o per nullità conseguente all’indeterminatezza assoluta del petitum e della causa petendi.

    1.2.– Il Collegio arbitrale di Padova, con ordinanza del 26 agosto 2013, ritenendo l’eccezione di prescrizione idonea a definire il giudizio, sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di costituzionalità dell’art. 2941, numero 7), cod. civ., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra società in nome collettivo e amministratori per le azioni sociali di responsabilità proposte nei loro confronti, fintantoché sono in carica.

    Con ordinanza n. 123 del 2014, la Corte costituzionale dichiarava la manifesta inammissibilità della questione, poiché il Collegio arbitrale aveva omesso l’esame della validità della clausola compromissoria alla stregua dell’art. 34, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366).

    Tale carenza argomentativa in ordine alla potestas iudicandi implicava la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per difetto di motivazione sulla rilevanza.

    Il 18 luglio 2014, la società attrice, ai sensi dell’art. 819-bis codice di procedura civile, depositava istanza per la prosecuzione del giudizio arbitrale.

    Il Collegio arbitrale, ripercorse tali vicende processuali, ripropone la questione di costituzionalità dichiarata inammissibile, rilevando che la giurisprudenza di merito ha escluso la nullità sopravvenuta delle clausole compromissorie che non siano state adeguate ai dettami dell’art. 34, comma 2, del d.lgs. n. 5 del 2003.

    Lo stesso convenuto – soggiunge il Collegio rimettente – non ha mai revocato in dubbio la validità della clausola compromissoria, che deve essere ribadita, in quanto si verte in tema di società...

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