N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2009

L'Assemblea regionale Siciliana, nella seduta del 30 aprile 2009, ha approvato il disegno di legge n. 250 dal titolo 'Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009', pervenuto a questo Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 4 maggio 2009.

La suddetta delibera legislativa contiene, negli articoli 8, terzo comma, 29, 34, 58, 61, secondo e terzo comma e 77, disposizioni che danno adito a censura di incostituzionalita' per le motivazioni che di seguito si espongono.

In particolare:

1. l'art. 8 'Patto di stabilita' recita come segue: 1. Al fine di evitare che la crisi economica in atto abbia pesanti refluenze sull'occupazione e sulle condizioni di vita dei cittadini residenti nel proprio territorio, la regione mette in atto azioni di sostegno dell'economia reale, nell'ambito del piano europeo di ripresa economica di cui alla Comunicazione della Commissione 2009/C 16/01. pubblicata nella G.U.U.E. del 22 gennaio 2009 serie C 16/1.

2. in armonia con quanto previsto dal patto di cui al comma 1, la regione si avvale della flessibilita' nella politica di bilancio offerta dal piano di stabilita' e di crescita, al fine di dare concreta attuazione agli interventi ed alle misure anticicliche da realizzare da parte degli enti locali.

3. Per la definizione del patto di stabilita' regionale di cui all'art. 24 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 e successive modifiche ed integrazioni, gli enti locali sono autorizzati per gli esercizi finanziari 2009-2010 a non tenere conto degli stanziamenti e delle erogazioni relativi a spese d'investimento.

4. I trasferimenti a carico del bilancio regionale ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 14 aprile 2006, n. 16, e le somme previste nei bilanci degli enti locali finalizzate al finanziamento delle misure di stabilizzazione dei precari ex lavoratori socialmente utili (LSU) previsti dalle leggi regionali 21 dicembre 1995, n. 85 e n. 16/2006, non sono considerate tra le spese correnti soggette al vincolo del patto di stabilita' e ai fini della determinazione della base di calcolo delle spese di personale.

La disposizione contenuta nel terzo comma del sopra riportato articolo laddove prevede l'esclusione totale degli stanziamenti e delle erogazioni relativi a spese d'investimento dalla contabilizzazione da parte degli enti locali ai fini della definizione del patto di stabilita' regionale, si pone in contrasto con gli articoli 117, 119, secondo comma, e 120 della Costituzione.

Infatti, sulla base degli articoli 77-bis e 77-ter del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica (Corte costituzionale sentenze n.

159/2008, n. 35/2005 e n. 36/2004), la competenza delle regioni a statuto speciale in materia di patto si stabilita' di cui al comma 6 del predetto art. 77-ter e' riconosciuta alle sole autonomie speciali che erogano le risorse per la finanza locale e non anche a quelle, come la Sicilia, nei cui territori le suddette risorse sono ancora trasferite agli enti locali dal Ministero dell'interno.

Gli enti locali della regione, dal 1999 ad oggi, sono assoggettati alle regole generali dettate dalla legislazione nazionale, con conseguente monitoraggio e verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.

Peraltro, qualora le disposizioni contenute nel cennato terzo comma siano da ritenersi adottate in attuazione del comma 11 dell'art. 77-ter del d.l. n. 112/2008, non solo non e' dato evincere dalla lettera della norma ne' dai lavori preparatori che siano state seguite le procedure indicate nel medesimo comma 11 e nell'art.

7-quater, comma 7, del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni con la legge n. 33/2009, ma che, soprattutto, sia garantito 'l'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 77-bis del citato d.l. n. 112/2008' per gli enti locali della regione.

Infine la generalizzata esclusione di tutte le spese d'investimento dal patto di stabilita' interno previsto dalla disposizione in questione e' idoneo a comportare effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica privi di adeguata compensazione.

L'art. 29 'Norme in materia di censimento degli alloggi popolari' recita come segue: All'art. 2 della legge regionale 5 febbraio 1992, n. 1, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti commi:

'1-bis. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari annualmente provvedono, all'aggiornamento dei dati del censimento con le modalita' di cui al presente articolo come integrate dall'art. 1 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11.

1-ter. I Comuni e gli Istituti autonomi per le case popolari possono regolarizzare la posizione dei detentori senza titolo degli alloggi previo pagamento delle mensilita' del canone dovuto.

1-quater. I dati annuali del censimento sono trasmessi all'Assessorato regionale dei lavori pubblici entro il successivo mese di marzo'.

La suddetta disposizione, integrando le previsioni di cui all'art. 2, primo comma, della l.r. n. 1/1992 con il comma 1-ter, sostanzialmente introduce a regime una indiscriminata e generica sanatoria delle occupazioni sine titulo degli alloggi popolari previo il mero pagamento delle mensilita' del canone dovuto anche indipendentemente dalla verifica del possesso dei requisiti prescritti per fruire dei benefici dell'edilizia popolare.

La norma peraltro riproduce nella sostanza analoga disposizione contenuta nell'art. 2 della delibera legislativa all'origine della stessa legge regionale n. 1 del 1992 oggetto dell'attuale integrazione e dichiarata da codesta ecc.ma Corte costituzionalmente illegittima con sentenza n. 16 del 1992.

Il legislatore regionale, infatti, nell'intento di regolarizzare l'occupazione abusiva di alloggi di edilizia sovvenzionata aveva allora tentato di introdurre una disciplina consolidante le situazioni di fatto costituitesi illegalmente, compensando i penalizzati legittimi assegnatari con la mera attribuzione di precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare.

Codesta ecc.ma Corte in quell'occasione, pur prendendo atto delle difficolta' della regione a fronteggiare emergenze di ordine pubblico derivanti da operazioni di sgombero coattivo degli occupanti senza titolo, rilevo' che 'una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente' e' di per se' causa di ben piu' gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrando ai cittadini rispettosi delle leggi che essi, anziche' tutelati, sono spogliati delle loro spettanze a favore di chi, quand'anche spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza fondamentale dell'abitazione, ha violato la legge.

Codesta ecc.ma Corte altresi' soggiunse che si era toccato 'uno dei principi costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto di farsi ragione da se' con lesione del diritto altrui e che ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem laedere si pone fuori dal quadro dei valori su cui e' costruito lo Stato di diritto'.

Ed invero il legislatore statale, proprio per impedire ogni regolarizzazione postuma di situazioni di abuso, ha comminato non solo sanzioni amministrative ma la nullita' assoluta e insanabile ed ha escluso l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica per chiunque occupi un alloggio senza le prescritte autorizzazioni (legge n. 513/1977, art. 26).

Le medesime identiche considerazioni sono pertinenti anche alla norma in questione.

Inoltre, anche a voler considerare la disposizione in questione quale norma di sanatoria e come tale non costituzionalmente preclusa...

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