Sentenza nº 198 da Constitutional Court (Italy), 09 Ottobre 2015

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione09 Ottobre 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 198

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Rovereto nel procedimento penale a carico di F.D. con ordinanza del 6 ottobre 2014, iscritta al n. 251 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 6 ottobre 2014 (r.o. n. 251 del 2014), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Rovereto ha sollevato – in riferimento all’art. 3 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede, per il caso di svolgimento con esito positivo del lavoro di pubblica utilità, che la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente, già irrogata con la sentenza di condanna in misura doppia per essere risultato appartenente a terzi estranei al reato (e dunque non suscettibile di confisca) il veicolo condotto in stato di ebbrezza, possa essere operata senza tener conto dell’indicato raddoppio.

    Il rimettente procede quale giudice dell’esecuzione nei confronti di persona cui erano state applicate su richiesta (ex art. 444 del codice di procedura penale), in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, le pene dell’arresto e dell’ammenda, contestualmente sostituite con quella del lavoro di pubblica utilità, a norma del comma 9-bis dell’art. 186 del d.lgs. n. 285 del 1992. Inoltre, poiché il veicolo condotto dall’interessato apparteneva a terzi estranei al reato, e non poteva perciò essere oggetto di confisca, la sospensione della patente di guida era stata applicata nella misura doppia del minimo (cioè per due anni), secondo quanto disposto alla lettera c) del comma 2 del citato art. 186.

    Ricevuta comunicazione dell’esito positivo della prestazione del lavoro di pubblica utilità da parte del condannato, il giudice rimettente ha fissato udienza camerale al fine di valutare l’eventuale assunzione dei provvedimenti previsti per tale evenienza, che comprendono, tra l’altro, la riduzione alla metà della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente. Tale operazione comporta, nei casi (che il rimettente asserisce essere prevalenti) di applicazione della sanzione al minimo, che la durata della stessa sia ridotta a sei mesi. Ma ciò – rileva il giudice a quo – non è possibile quando, pur computata nel minimo (cioè un anno), la sanzione abbia poi dovuto essere raddoppiata per la concomitante preclusione di un provvedimento di confisca: la percentuale fissa, prevista dalla norma impugnata, dell’abbattimento connesso all’esito positivo del lavoro di pubblica utilità consente solo di ridurre ad un anno la durata della sospensione.

    Dopo essersi diffuso sulle finalità e sulla disciplina del provvedimento sospensivo, osservando peraltro che la questione sollevata prescinde dalle garanzie tipiche che l’ordinamento appresta per le sanzioni di carattere penale, il rimettente denuncia l’asserita irragionevolezza della normativa censurata.

    Nelle intenzioni del legislatore – egli osserva – le sanzioni penali e quelle amministrative concorrono ad assicurare l’efficacia dissuasiva dell’incriminazione. Le prime, teoricamente più gravi, sono suscettibili di sostituzione e di sospensione condizionale. Evenienze, queste, non previste per le misure amministrative, che d’altronde comportano un’ablazione patrimoniale spesso rilevante (la confisca del veicolo) ed un serio ostacolo alla mobilità personale (la sospensione della patente). Il rimettente considera logico che, riducendosi la deterrenza connessa ad una delle conseguenze sfavorevoli minacciate, il legislatore si proponga di compensarla, attraverso l’aumento della portata delle misure concorrenti, al fine di mantenere inalterata l’efficacia dissuasiva della previsione. In tal senso, ritiene ragionevole il raddoppio della durata della sospensione della patente quando la minaccia di confisca del veicolo utilizzato per la commissione del reato non abbia efficacia pratica, perché la persona in stato di ebbrezza si pone alla guida di un mezzo appartenente ad un terzo, estraneo al reato.

    Questa giustificazione verrebbe tuttavia meno, ad avviso del giudice a quo, in presenza dei provvedimenti consentiti a seguito dello svolgimento con esito positivo del lavoro di pubblica utilità. In tale evenienza è infatti previsto che la confisca del veicolo, se disposta, venga revocata. Nondimeno, nei casi come quello al suo esame, nel quale la confisca non era stata possibile, la riduzione alla metà della sospensione della patente non può che...

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