Sentenza nº 194 da Constitutional Court (Italy), 24 Settembre 2015

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione24 Settembre 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 194

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, come modificato dall’art. 96, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), promossi dal Tribunale per i minorenni di Bologna con ordinanza del 5 maggio 2014 e dal Tribunale per i minorenni di Napoli con ordinanze del 25 luglio e del 10 novembre 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 141 e 210 del registro ordinanze 2014 e al n. 20 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 38 e 48, prima serie speciale, dell’anno 2014 e n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 luglio 2015 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ordinanza del 5 maggio 2014 (r.o. n. 141 del 2014), il Tribunale per i minorenni di Bologna solleva, in riferimento agli artt. 76, 77, 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, come modificato dall’art. 96, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), nella parte in cui prevede che «sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla previsione che include le controversie contemplate dall’art. 317-bis cod. civ.

    Premette il Tribunale rimettente, in punto di fatto, di essere stato investito a seguito di ricorso proposto dai nonni paterni di una minorenne, i quali, lamentando un atteggiamento ostile della nuora, chiedevano di accertare il diritto dei medesimi «a mantenere rapporti assidui e significativi con la nipote minorenne», domandando anche l’adozione dei provvedimenti «idonei ad assicurare l’esercizio effettivo del predetto diritto degli ascendenti, nell’esclusivo interesse della minore, disciplinando i tempi ed i modi di frequentazione della bambina da parte degli stessi».

    Stabilisce, infatti, l’art. 317-bis cod. civ., come sostituito dall’art. 42, comma 1, del citato d.lgs. n. 154 del 2013, che «Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma».

    Sottolinea il giudice rimettente come la relazione illustrativa della commissione incaricata della predisposizione del testo del richiamato d.lgs. n. 154 del 2013, abbia motivato la scelta di attribuire la competenza al tribunale per i minorenni alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente che riconduce simili controversie nell’ambito dell’art. 333 cod. civ. Tale tesi sarebbe resistita da un orientamento contrario, secondo il quale la materia rientrerebbe nel quadro dell’odierno art. 337-ter cod. civ., vale a dire nell’ambito dei provvedimenti che regolano i tempi di frequentazione della prole presso l’uno o l’altro dei genitori.

    La disposizione censurata non rinverrebbe dunque base nella legge di delega, la quale non conteneva direttive concernenti la competenza. Il silenzio del legislatore delegante doveva pertanto essere interpretato come una scelta operata dalla stessa legge di delega di attribuire la competenza di tali controversie al tribunale ordinario. Da ciò la lamentata violazione degli artt. 76 e 77 Cost.

    Ad ogni modo

    – puntualizza ancora il giudice rimettente – la norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. «per una intrinseca irragionevolezza e una rottura del principio di concentrazione processuale, dove questo era all’evidenza da privilegiare». Mentre, infatti, tutti i procedimenti di cui all’art. 333 cod. civ. possono essere trattati dal tribunale ordinario se pendente un procedimento di separazione o divorzio, ex art. 337-bis cod. civ., ciò non potrebbe avvenire per i soli procedimenti di cui all’art. 317-bis cod. civ., derivando da ciò una «frantumazione di una tutela processuale che dovrebbe essere univoca», creandosi, invece, «in danno dei minori, una...

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