Sentenza nº 189 da Constitutional Court (Italy), 24 Luglio 2015

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione24 Luglio 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 189

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Marta CARTABIA Presidente

- Giuseppe FRIGO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 18, comma 9, 41, comma 4, e 56-bis, comma 11, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 19 ottobre 2013, depositato in cancelleria il 29 ottobre 2013 ed iscritto al n. 98 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 giugno 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi gli avvocati Daniela Palumbo, Luigi Manzi ed Ezio Zanon per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 19 ottobre 2013 e depositato nella cancelleria della Corte il 29 ottobre 2013, la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 18, comma 9, 41, comma 4, e 56-bis, comma 11, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, in riferimento agli artt. 5, 42, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.

    1.1.– La Regione Veneto premette che l’art. 18, comma 9, del d.l. n. 69 del 2013 è impugnato nella parte in cui prevede la stipula di una convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) per la determinazione dei criteri relativi all’assegnazione di finanziamenti statali a favore di interventi realizzati dai Comuni ricompresi nel Programma denominato «6000 Campanili», disciplinando, nel contempo, i requisiti dei beneficiari e i limiti di spesa, nonché l’importo ammissibile del contributo per singolo progetto.

    Tale norma, infatti, che destina «l’importo di 100 milioni di euro per l’anno 2014, da iscriversi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti […] alla realizzazione del primo Programma “6000 Campanili” concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, ivi compresi gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, ovvero di realizzazione e manutenzione di reti viarie e infrastrutture accessorie e funzionali alle stesse o reti telematiche di NGN e WI-FI, nonché di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio» (primo periodo), statuisce espressamente che «[p]ossono accedere al finanziamento solo gli interventi muniti di tutti i pareri, autorizzazioni, permessi e nulla osta previsti dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207» (secondo periodo); e che «[e]ntro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale – e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, sono disciplinati i criteri per l’accesso all’utilizzo delle risorse degli interventi che fanno parte del Programma. I Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, le unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e i comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, per il tramite dell’ANCI, presentano entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della sopra citata convenzione, le richieste di contributo finanziario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il contributo richiesto per il singolo progetto non può essere inferiore a 500.000 euro e maggiore di 1.000.000 di euro e il costo totale del singolo intervento può superare il contributo richiesto soltanto nel caso in cui le risorse finanziarie aggiuntive necessarie siano già immediatamente disponibili e spendibili da parte del Comune proponente. Ogni Comune può presentare un solo progetto. Il Programma degli interventi che accedono al finanziamento è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti» (terzo, quarto, quinto e sesto periodo).

    Il legislatore statale, nel disciplinare una «procedura standardizzata di coordinamento interistituzionale», che coinvolge, da un lato, i Comuni e, dall’altro, il Ministero competente, ed è orientata alla razionalizzazione delle modalità di individuazione e realizzazione degli interventi, escluderebbe radicalmente qualsiasi partecipazione dell’amministrazione regionale. Quest’ultima verrebbe invece relegata al ruolo secondario ed eventuale di soggetto istituzionale solo incidentalmente suscettibile di intervento nel singolo procedimento amministrativo, laddove invece l’ANCI sarebbe investita di fondamentali compiti istituzionali, in quanto chiamata a determinare, in posizione paritetica con il Ministero competente, i criteri di assegnazione dei finanziamenti.

    Da ciò discenderebbe la violazione degli artt. 5, 117, 118 e 119 Cost., considerato che la norma impugnata determinerebbe l’irragionevole estromissione della Regione dai procedimenti di individuazione e realizzazione degli interventi, nonché da quelli di determinazione dei criteri ai fini dell’erogazione dei contributi. In particolare, la predetta norma impugnata, intervenendo nell’ambito del «governo del territorio», di potestà legislativa concorrente, pregiudicherebbe l’esercizio di competenze legislative e amministrative della Regione, le quali si configurerebbero, nella specie, come necessarie e aggiuntive rispetto all’attività di mera selezione amministrativa dei progetti da parte dell’organismo statale di riferimento, ledendo, conseguentemente, gli artt. 117 e 118 Cost.

    La Regione ricorrente deduce, altresì, la violazione del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., perché la menzionata estromissione delle Regioni da un procedimento amministrativo preordinato all’assegnazione delle risorse per la realizzazione di interventi che incidono sulla materia del governo del territorio, «ove è radicato l’intreccio delle diverse competenze tra Stato e Regione […], si configura come […] lesiva della totalità delle competenze regionali esistenti in materia, particolarmente se avviene in assenza di un’intesa istituzionale sul punto», obbligatoria anche nel caso in cui si ritenesse che la disposizione impugnata fosse espressione di un’attrazione in sussidiarietà.

    La norma impugnata violerebbe, inoltre, sia il principio di sussidiarietà cosiddetta “verticale” «ai sensi degli artt. 5 e 118 della Costituzione», sia il principio di sussidiarietà cosiddetta “orizzontale”, di cui all’art. 118, quarto comma, Cost., oltre all’art. 117, terzo comma, Cost.

    Infatti, ove i menzionati «fondamentali compiti istituzionali» fossero stati attribuiti all’ANCI «in posizione di “sussidiarietà verticale”», tale principio risulterebbe violato dal momento che detta associazione non rientrerebbe tra gli enti tassativamente indicati nell’art. 114 Cost. e, quindi, non potrebbe essere considerata soggetto abilitato ad esercitare funzioni amministrative a detto titolo.

    Qualora, invece, i medesimi «fondamentali compiti istituzionali» fossero stati attribuiti all’ANCI in «posizione di “sussidiarietà orizzontale”», la lesione di quest’ultimo principio deriverebbe dalla circostanza che, da un lato, la stessa associazione non rientrerebbe tra le cosiddette autonomie funzionali, di natura pubblico-privata, che la Corte costituzionale ha ritenuto legittimamente destinatarie di funzioni amministrative, dall’altro, non sarebbe portatrice di quell’interesse generale indispensabile ai fini dell’attribuzione delle richiamate funzioni amministrative nei procedimenti di accesso degli enti locali ai fondi pubblici, in quanto conserverebbe una dimensione privatistica che non consentirebbe di identificarla con un ente pubblico, difettando, per di più, del requisito della terzietà. E ciò con la conseguenza che la disposizione impugnata determinerebbe l’assegnazione a tale associazione di poteri confliggenti con le attribuzioni costituzionalmente garantite alle Regioni dagli artt. 117, comma terzo, e 118, della Carta fondamentale.

    Un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata è, poi, ravvisato dalla Regione ricorrente nella violazione dell’art. 97 Cost., in relazione ai princípi del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione. Infatti, l’ANCI ‒ in quanto associazione di natura privata, non assistita da un’adeguata autonomia organizzativa e finanziaria assimilabile a quella degli enti territoriali – difetterebbe dei caratteri di imparzialità che dovrebbero viceversa connotare l’«intermediario» tra Stato e Comuni nell’esercizio delle funzioni relative al governo del territorio di cui si controverte nel presente giudizio.

    Infine, viene denunciato il contrasto con l’art. 119 Cost. in quanto la norma impugnata inciderebbe sull’erogazione di risorse finanziarie a favore dei Comuni «con modalità disarmonica rispetto alla Carta fondamentale».

    1.2.– Con un secondo ordine di motivi, la ricorrente Regione Veneto impugna l’art. 41, comma 4, del d.l. n. 69 del 2013, il quale, novellando l’art. 3, comma 1, lettera e.5), del decreto del Presidente della...

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