Sentenza nº 99 da Constitutional Court (Italy), 05 Giugno 2015

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione05 Giugno 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 99

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice

- Giuseppe FRIGO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria DE PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 “Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo” e successive modificazioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23-28 agosto 2014, depositato in cancelleria il 2 settembre 2014 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 2014.

Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 12 maggio 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi l’avvocato dello Stato Giovanni Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e Ezio Zanon per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso spedito per la notifica il 23 agosto 2014, ricevuto dalla resistente il 28 agosto 2014 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 2 settembre 2014 (reg. ric. n. 69 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in riferimento all’art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 “Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo” e successive modificazioni).

    1.1.– La norma impugnata introduce, dopo il comma 6 dell’art. 8 della legge regionale n. 60 del 1993, i nuovi commi 6-bis e 6-ter. Il primo è finalizzato espressamente all’attuazione della disciplina posta al comma 2-bis dell’art. 3 della stessa legge n. 60 del 1993, ove si vieta al proprietario o al detentore anche temporaneo di animali di affezione l’utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie o per misure urgenti e temporanee di sicurezza. Con il comma 6-bis citato, in particolare, si prevede che la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, emani indicazioni tecniche sui requisiti delle strutture di ricovero e custodia per gli animali. Il nuovo comma 6-ter – che risulta essere la sola disposizione posta effettivamente ad oggetto d’impugnazione – aggiunge che le strutture e le recinzioni in questione, realizzate secondo le modalità indicate dalla Giunta, «sono sempre consentite, anche in deroga alla normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi».

    1.2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma impugnata contrasta con il primo comma dell’art. 117 Cost., in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione europea, come recepito mediante l’art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).

    In particolare, il paragrafo 3 dell’art. 6 della citata direttiva del Consiglio n. 92/43/CEE stabilisce che qualunque piano o progetto che possa riguardare le zone di speciale conservazione cui si riferiscono i commi precedenti sia posto ad oggetto d’una valutazione di incidenza, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito, e che l’intervento ottenga un provvedimento favorevole («accordo») dalle autorità nazionali competenti solo quando vi sia certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito medesimo. La disciplina nazionale di recepimento – prosegue il ricorrente – ha demandato a Regioni e Province il compito di attuazione del procedimento di verifica.

    La norma impugnata sarebbe illegittima in quanto eluderebbe la «rete di tutela» apprestata dal legislatore eurounitario e da quello nazionale, consentendo la realizzazione delle strutture di ricovero alla sola condizione della loro conformità alle indicazioni tecniche della Giunta regionale.

    1.3.– Il ricorrente assume, inoltre, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la competenza esclusiva a legiferare in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». Nella specie, si tratterebbe di disciplina regionale idonea a diminuire i livelli di tutela dell’ambiente. La Regione Veneto avrebbe dovuto limitarsi ad intervenire sulla normativa regionale, e nei limiti competenziali tipici della stessa, senza la pretesa di incidere sugli strumenti di matrice nazionale per la protezione dell’ambiente.

    A tale proposito, il ricorrente evoca la normativa richiamata nella delibera del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2014, di impugnazione della legge regionale in oggetto, anzitutto a proposito della pianificazione dei bacini idrogeologici, i cui strumenti sono sovraordinati ai piani territoriali ed ai programmi regionali (il riferimento concerne l’art. 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – Norme in materia ambientale). Si osserva che gli stessi strumenti regionali possono essere...

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