Sentenza nº 64 da Constitutional Court (Italy), 17 Aprile 2015

RelatorePaolo Grossi
Data di Resoluzione17 Aprile 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 64

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice

- Giuseppe FRIGO ”

- Paolo GROSSI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’intero testo e dell’art. 2, commi 4 e 5, della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (Disposizioni regionali per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’8-9 luglio 2014, depositato in cancelleria il 15 luglio 2014 ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2014.

Udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2015 il Giudice relatore Paolo Grossi;

udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ricorso notificato l’8-9 luglio 2014 e depositato il successivo 15 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha ritualmente proposto in via principale questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (Disposizioni regionali per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione), per violazione dell’art. 86, comma 3, lettera a), dello statuto regionale 28 dicembre 2006 (Statuto della Regione Abruzzo), in riferimento all’art. 123 della Costituzione. E, gradatamente, ha altresì proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 4 e 5, della stessa legge regionale, in riferimento all’art.117, secondo comma, lettera s), Cost., per contrasto con le norme interposte di cui agli artt. 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

    1.1.− Il ricorrente rileva, innanzitutto, che la legge censurata, nella sua interezza, è illegittima perché adottata dal Consiglio regionale nel periodo di prorogatio successivo allo scioglimento dell’assemblea regionale per fine legislatura (ed antecedente alla data fissata per lo svolgimento delle nuove elezioni), in assenza dei presupposti per l’esercizio del potere legislativo regionale che caratterizzano tale periodo.

    La difesa dello Stato osserva, infatti, che la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), ha attribuito alla fonte statutaria la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (ai sensi dell’art. 123, primo comma, Cost.); ed ha demandato allo stesso legislatore regionale (nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi», ex art. 122, primo comma, Cost.), la disciplina del sistema elettorale. In particolare, l’art. 86, comma 3, lettera a), dello statuto della Regione Abruzzo prevede che, «[…] nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura: a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità […]».

    Pertanto, secondo il ricorrente, il Consiglio regionale dispone, in tale situazione, di poteri attenuati, verificandosi, in sostanza, una sorta di “depotenziamento” delle sue funzioni, la cui ratio è volta a coniugare il principio di rappresentatività con quello di continuità funzionale dell’organo. Per cui, se va escluso che tale depotenziamento possa spingersi fino ad una indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso, tuttavia al Consiglio regionale è consentito di deliberare in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria amministrazione (come chiarito nella sentenza n. 68 del 2010), ma non di legiferare oltre tali indefettibili limiti (ribaditi dall’art. 141 del Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale, approvato con delibera del Consiglio regionale della Regione Abruzzo n. 56/2 del 12 ottobre 2010), rispetto ai quali, peraltro, le concrete situazioni di urgenza ed indifferibilità devono essere adeguatamente motivate.

    Ciò posto, la difesa dello Stato rileva che la legge in esame non presenta alcuno dei richiamati caratteri di indifferibilità ed urgenza, né si configura quale atto dovuto tale da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente. Tali presupposti, infatti, non sarebbero ravvisabili (come invece affermato nella relazione al relativo disegno di legge) nella volontà di rimuovere la situazione di incertezza creatasi, nella materia de qua, a seguito della sentenza n. 211 del 2013, con cui la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n. 46, che apportava «Modifiche alla legge regionale 13 febbraio 2003, n. 2, recante “Disposizioni in materia di beni paesaggistici e ambientali, in attuazione della Parte Terza del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)”», come dimostrato dal fatto che la Regione medesima non ha ancora adeguato il piano paesaggistico alle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi degli articoli 135, 143, 145 e 156 del citato d.lgs. n. 42 del 2004.

    1.2.− In secondo luogo, il ricorrente impugna l’art. 2, commi 4 e 5, della medesima legge regionale, che disciplina il caso in cui, in sede di adeguamento della pianificazione urbanistica a quella comunale, «la proposta comunale si configuri come proposta di variante al P.R.P.».

    In particolare, per la difesa dello Stato, il procedimento descritto in tali disposizioni – non prevedendo l’apposito accordo con il competente organo statale previsto dagli artt. 143, comma 2, e 156, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, ma la mera partecipazione degli organi ministeriali ad una conferenza di servizi – non garantisce adeguatamente il coinvolgimento del Ministero per i beni culturali ed ambientali nella pianificazione paesaggistica, e quindi viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Poiché, infatti, la fattispecie disciplinata dal comma 4 dell’art. 2 si configura sostanzialmente in una revisione, ancorché limitata, del piano paesaggistico (non derogabile da parte degli strumenti urbanistici, ex art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004), essa dovrebbe essere soggetta alle medesime garanzie previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di elaborazione congiunta del piano paesaggistico (ex artt. 135, comma 1, 143 e 156 del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004). Viceversa, le disposizioni...

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