Sentenza nº 34 da Constitutional Court (Italy), 12 Marzo 2015

RelatoreGiuliano Amato
Data di Resoluzione12 Marzo 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 34

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice

- Giuseppe FRIGO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 3, della legge della Regione Marche 22 dicembre 2009, n. 31 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione. Legge finanziaria 2010), promossi dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, con due ordinanze del 28 dicembre 2012, iscritte ai nn. 200 e 201 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di costituzione della SIELPA − Società industria estrazione lavorazione pietre ed affini srl e della Regione Marche;

visti gli atti di intervento della curatela fallimentare della SIELPA;

udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi gli avvocati Alessandro Lucchetti per la curatela fallimentare della SIELPA − società industria estrazione lavorazione pietre ed affini srl e Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

  1. − Con due ordinanze di analogo tenore del 28 dicembre 2012, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 3, della legge della Regione Marche 22 dicembre 2009, n. 31 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione. Legge finanziaria 2010), in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nonché all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – CEDU (Protezione della proprietà).

    La disposizione censurata stabilisce che «Le tariffe di cui al comma 1 dell’articolo 17 della L.R. n. 71/1997, come sostituito dall’articolo 24 della L.R. 27 dicembre 2007, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge finanziaria 2008), si applicano anche alle convenzioni già stipulate alla data di entrata in vigore della medesima L.R. n. 19/2007 relativamente ai materiali estratti a decorrere dal 1° gennaio 2009».

    1.1.− Ad avviso del rimettente tale disposizione, disponendo l’estensione degli incrementi tariffari concernenti l’attività di cava, previsti dall’art. 24 della legge regionale 27 dicembre 2007, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge finanziaria 2008), anche alle convenzioni precedenti, determinerebbe un’ingiustificata lesione dell’affidamento nella certezza dei rapporti giuridici, atteso che la legge regionale del 2007 aveva espressamente escluso dagli aumenti le convenzioni in essere alla data della sua entrata in vigore.

    1.2.− La disposizione in esame, inoltre, non realizzerebbe il giusto equilibrio tra le esigenze imperative di interesse generale e l’imprescindibile garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo, richiesto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in quanto l’intervento legislativo censurato sarebbe motivato unicamente da finalità di riequilibrio dei conti.

    1.3.− Il Consiglio di Stato è investito di due distinti ricorsi proposti dalla Società industria estrazione lavorazione pietre e affini srl (d’ora in avanti, «SIELPA»), contro la Regione Marche, la Provincia di Macerata, nonché, rispettivamente, i Comuni di San Severino Marche e di Cingoli, per la riforma delle sentenze del TAR Marche, nella parte in cui hanno accertato il diritto dei Comuni a percepire l’incremento del contributo per l’attività estrattiva.

    1.4.− Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva come l’effetto lesivo derivi dall’estensione dell’incremento tariffario, stabilito dalla legge regionale del 2007, alle concessioni già stipulate a quella data.

    Pertanto, è l’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 31 del 2009, che la società di estrazione ha interesse a rimuovere, e non già la disposizione del 2007 – come invece assumeva la Regione resistente – giacché, in tal modo, l’appellante si sottrarrebbe all’aumento disposto in via legislativa.

    Di qui, ad avviso del rimettente, la rilevanza della questione, dal momento che l’accoglimento della domanda principale azionata dalla società appellante richiederebbe l’annullamento della disposizione regionale censurata, sulla quale si fonda la richiesta di pagamento.

    1.5.− Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, secondo il Consiglio di Stato tale previsione violerebbe, anzitutto, l’art. 3 Cost., sotto il profilo della sua irragionevolezza, per l’ingiustificata lesione dell’affidamento, apprezzabile sotto diversi profili.

    1.5.1.− In primo luogo, nell’estendersi alle convenzioni in essere alla data della sua entrata in vigore (espressamente fatte salve solo due anni prima), la disposizione censurata introdurrebbe un aumento indiscriminato delle tariffe per tutti gli operatori. Né assumerebbe alcun pregio il rilievo della difesa regionale secondo cui la norma avrebbe lo scopo di parificare la situazione degli operatori sottoposti all’incremento tariffario rispetto a quelli ad esso non soggetti.

    Ad avviso del giudice a quo, infatti, sarebbe proprio l’equiparazione di queste due categorie a rivelarsi irragionevole, vista la sostanziale diversità delle rispettive posizioni, dal momento che solo per i primi l’incremento non può dirsi inaspettato, costituendo invece un elemento conosciuto nel necessario calcolo di convenienza, prodromico all’avvio di un’iniziativa imprenditoriale.

    1.5.2.− Dal punto di vista quantitativo, poi, la misura dell’incremento tariffario sarebbe tale da determinare, al quinto anno di efficacia del contratto, e a parità di materiale estratto, un aumento di circa un terzo dell’onere economico; quindi, secondo il rimettente, l’incremento sarebbe notevolmente superiore all’adeguamento ISTAT originariamente convenuto, in base all’art. 17, comma 2, della legge reg. Marche 1° dicembre 1997, n. 71 (Norme per la disciplina delle attività estrattive).

    1.5.3.− Osserva ancora il rimettente che, pur dovendosi in astratto ammettere la possibilità di determinazione tariffaria con atto legislativo, l’equilibrato bilanciamento tra le esigenze di raggiungimento degli obiettivi di bilancio da parte dei pubblici poteri ed il correlativo sacrificio economico imposto ai privati, esigerebbe, in linea di principio, una sede amministrativa di ponderazione degli opposti interessi, al fine di consentire ai secondi di rappresentare le proprie posizioni e le conseguenze che l’intervento determinerebbe per gli equilibri economico-finanziari delle attività imprenditoriali.

    1.5.4.− Infine, ad avviso del Consiglio di Stato, a legittimare la previsione censurata non potrebbe neppure invocarsi – come fa la Regione resistente – una rinnovata concezione del contributo per attività estrattiva, volto ad addossare agli operatori del settore la compromissione dei valori paesaggistico-ambientali, in quanto una simile opzione di politica legislativa non emergerebbe in alcun modo dal contenuto e dalle finalità della normativa censurata, che ha ad oggetto la manovra finanziaria triennale della Regione.

    1.6.− Il rimettente prospetta anche un secondo profilo di illegittimità costituzionale della disposizione regionale, rilevandone il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. l del Primo Protocollo addizionale alla CEDU (Protezione della proprietà).

    La disposizione in esame, infatti, non realizzerebbe quei giusti equilibri tra le esigenze imperative di interesse generale e l’imprescindibile garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo che, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si imporrebbero come limite all’ingerenza dei pubblici poteri.

    Dallintervento normativo censurato, infatti, non emergerebbe alcun bilanciamento, essendo esso motivato...

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