N. 381 ORDINANZA

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Giovanni Maria FLICK;

Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,

Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo e quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi con ordinanze del 7 aprile 2007 dal Giudice di pace di Mantova, del 2 marzo 2007 dal Tribunale di Trento, sezione distaccata di Tione di Trento, del 5 febbraio 2007 dal Giudice di pace di La Spezia, del 23 febbraio 2007 dal Giudice di pace di Cagliari, del 20 febbraio 2007 dal Tribunale di Biella, del 18 aprile e del 5 giugno 2007 dal Tribunale di Varese, del 22 maggio 2007 dal Giudice di pace di Firenze, del 18 gennaio 2007 dal Tribunale di Bari, del 12 aprile 2007 dal Giudice di pace di Benevento, del 17 aprile 2007 dal Tribunale di Biella, dell'8 (n. 2 ordinanze) e del 14 maggio dal Tribunale di Reggio Emilia, del 19 giugno 2007 dal Giudice di pace di Firenze, del 6 dicembre 2007 dal Giudice di pace di Benevento e dell'8 maggio 2007 dal Tribunale di Reggio Emilia, rispettivamente iscritte ai nn. 577, 584, 608, 614, 634, 677, 678, 680, 711, 716, 727, 734, 786, 735 e 804 del registro ordinanze 2007 ed ai nn. 114 e 155 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34, 36, 37, 39, 41, 42, 43, 48 e 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2007 e nn. 18 e 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto che il Giudice di pace di Mantova, con ordinanza del 7 aprile 2007 (r.o. n. 577 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede un termine prescrizionale di tre anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria;

che il rimettente procede per reati di lesioni personali (art.

582 cod. pen.), ingiuria (art. 594 cod. pen.) e minaccia non aggravata (art. 612 cod. pen.), in relazione ai quali - secondo le prospettazioni difensive - sarebbe decorso, per quanto prorogato, il termine triennale di prescrizione previsto dal quinto comma dell'art.

157 cod. pen.;

che lo stesso rimettente riferisce di non condividere la tesi enunciata dal pubblico ministero - secondo la quale dovrebbero applicarsi, per tutti i reati di competenza del giudice di pace, i piu' ampi termini prescrizionali fissati nel primo comma dell'art.

157 cod. pen., osservando che tale soluzione lascerebbe priva di contenuto precettivo la disposizione del successivo quinto comma, da intendersi riferita, quindi, ai reati di competenza del giudice di pace puniti con le cosiddette sanzioni paradetentive;

che il giudice a quo, ricostruita in tal senso la portata della norma oggetto di censura, dubita della sua corrispondenza al canone di razionalita' desumibile dall'art. 3 Cost., in quanto ne deriverebbe, nell'ambito dei reati attribuiti alla competenza del giudice onorario, la previsione per i fatti di maggior gravita' (puniti, appunto, con le sanzioni 'paradetentive') di un termine piu' breve di quello stabilito per i fatti di minor rilievo (tali dovendosi considerare quelli puniti con la sola sanzione pecuniaria);

che il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Tione di Trento, con ordinanza del 2 marzo 2007 (r.o. n. 584 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale di tre anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria;

che nel giudizio principale si procede nei confronti di persona accusata del delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.), commesso, secondo la contestazione, fino all'ottobre del 2001;

che il giudice a quo rileva come risulti applicabile nella specie, trattandosi di reato punibile con le cosiddette sanzioni paradetentive, il termine di prescrizione triennale previsto dal quinto comma dell'art. 157 cod. pen., gia' ampiamente decorso prima della citazione a giudizio dell'imputato;

che peraltro, secondo il rimettente, la norma da applicare introdurrebbe un grave elemento di irrazionalita' nel sistema dei reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, ripartiti dall'art. 52 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), secondo la seguente summa divisio: quelli gia' puniti con la sola sanzione pecuniaria, per i quali continuano ad applicarsi le pene della multa o dell'ammenda, e quelli ulteriori, per i quali, con una previsione articolata, sono state introdotte le pene della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita';

che la norma censurata, in particolare, fisserebbe un termine prescrizionale di soli tre anni proprio per i reati puniti con le citate pene 'paradetentive', mentre lo stesso termine, per il disposto del primo comma dell'art. 157 cod. pen., sarebbe pari a quattro anni (per le contravvenzioni) ed a sei anni (per i delitti) con riguardo alle fattispecie meno gravi, punite con la sola sanzione pecuniaria;

che tale disciplina, secondo il rimettente, introduce nel sistema un'aporia non giustificabile alla luce di valori od esigenze riconducibili alla nuova normativa in materia di prescrizione, od alla sua stessa ratio, ed e' dunque priva di corrispondenza alla 'causa' di tale normativa, cosi' da risultare intrinsecamente irrazionale e contraria al principio di ragionevolezza (e' citata la sentenza della Corte costituzionale n. 89 del 1996);

che il Giudice di pace di La Spezia, con ordinanza del 5 febbraio 2007 (r.o. n. 608 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. - questione di legittimita' costituzionale dell'art.

157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione previsto per i reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria si applichi, inoltre, a tutti gli ulteriori reati di competenza del giudice di pace, ovvero nella parte in cui prevede un termine prescrizionale di tre anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria;

che nel giudizio principale si procede per un delitto di minaccia non aggravato (art. 612 cod. pen.), sanzionabile con la sola pena pecuniaria, per il quale, secondo il rimettente, il termine prescrizionale sarebbe pari a sei anni, in applicazione del primo comma dell'art. 157 cod. pen. (come sostituito dalla legge n. 251 del 2005), oppure a cinque anni, considerando piu' favorevole la disciplina della prescrizione vigente all'epoca del fatto;

che peraltro, secondo il giudice a quo, il novellato quinto comma dell'art. 157 cod. pen., fissando in soli tre anni la durata del termine prescrizionale per i reati puniti con le sanzioni cosiddette paradetentive, avrebbe indotto nel sistema una situazione di grave irrazionalita';

che infatti, nell'ambito dei reati di competenza del giudice di pace, la prescrizione maturerebbe piu' rapidamente per i fatti piu' gravi, mentre sarebbe ingiustificatamente dilazionata per i reati sanzionati con sola pena pecuniaria;

che sarebbero vulnerati, in tale situazione, il criterio della razionalita' intrinseca ed il principio di uguaglianza, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.;

che il rimettente osserva, in punto di rilevanza, come l'eventuale accoglimento della questione sollevata possa condurre, nel giudizio a quo, ad una declaratoria di estinzione del reato altrimenti non (ancora) consentita;

che peraltro, nel dispositivo del provvedimento di rimessione, il quinto comma dell'art. 157 cod. pen. e' censurato, in senso alternativo, nella parte in cui non estende il termine triennale in esso previsto a tutti i reati di competenza del giudice di pace, ovvero nella parte in cui prevede un termine triennale per i reati puniti con pene diverse da quella detentiva o da quella pecuniaria;

che il Giudice di pace di Cagliari, con ordinanza del 23 febbraio 2007 (r.o. n. 614 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. - questione di legittimita' costituzionale dell'art.

157 cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede 'termini di prescrizione diversi' per i reati puniti con pene differenti da quella detentiva e da quella pecuniaria;

che nel giudizio principale si procede nei confronti di persona accusata del delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.), in relazione al quale, secondo il rimettente, dovrebbero applicarsi i termini di prescrizione introdotti dalla citata legge n. 251 del 2005;

che, a parere del giudice a quo, l'art. 157 cod. pen., nel testo riformato, viola 'il principio di razionalita' e di uguaglianza', in quanto, per i reati piu' gravi tra quelli attribuiti alla competenza del giudice di pace, 'come quello di specie', prevede un termine...

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