n. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 marzo 2013 -

LA CORTE DEI CONTI Visto il ricorso iscritto al numero 72310/PC del registro di Segreteria;

Uditi - nella pubblica udienza dell'8 marzo 2013 - per i ricorrenti l'avv. Giovanni C. Sciacca, e per I'INPS Gestione ex INPDAP l'avv. Andrea Botta, che hanno concluso come in atti;

Visti gli atti di causa;

Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio introdotto con il ricorso in premessa, proposto da: Sancetta Antonino, Atelli Umberto, Spano' Salvatore, Gambardella Vincenzo, Cardia Lamberto, Sancetta Mario, Serrao Feliciano, Serino Felice, Tranchino Alfonso, D'Ambrosio Tommaso, Zotta Giuseppe, Delfini Danilo, Ricci Italo, Costanza Carlo, Provvidera Alfredo - magistrati della Corte dei conti, titolari di pensione ordinaria diretta;

Romano Guido, Fera Aldo, Ruoppolo Giovanni, Pezzana Aldo, Camozzi Antonio, Cortese Roberto, Alibrandi Tommaso, Cafini Domenico, Gentile Domenico, Scognamiglio Roberto - magistrati amministrativi (del Consiglio di Stato e dei TAR) titolari di pensione ordinaria diretta;

Caramazza Ignazio Francesco, di Tarsia di Belmonte Paolo Vittorio, Linguiti Aldo - avvocati dello Stato, titolari di pensione ordinaria diretta, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Piero d'Amelio, Giovanni C. Sciacca e Maria Stefania Masini, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, via della Vite 7, contro l'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale), in persona del legale rappresentante pro-tempore, avverso: 1) il trattamento pensionistico loro attribuito a partire dal mese di agosto 2011, nella parte in cui e' assoggettato al "contributo di perequazione" previsto dal comma 22-bis dell'art. 18 del decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 111/2011, come reintrodotto dall'art. 2, comma 1 del decreto-legge n. 138/2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011, nelle percentuali ivi stabilite, come risulta dalle rispettive certificazioni CUD o cedolini pensionistici;

2) la mancata rivalutazione automatica del loro trattamento pensionistico, in applicazione del comma 25 dell'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011. Per la dichiarazione del diritto alla corresponsione del trattamento pensionistico senza assoggettamento al predetto "contributo di perequazione" e con sua completa rivalutazione automatica, con condanna alla restituzione di quanto trattenuto per tali titoli, con rivalutazione monetaria e interessi dal di' di ciascuna trattenuta e rateo di pensione sino al soddisfo. Premesso che Con il ricorso collettivo in epigrafe parti attrici hanno rappresentato e dedotto quanto segue: con decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 sono state emanate "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria";

la legge 15 luglio 2011, n. 111 di conversione del predetto decreto, ha introdotto nell'art. 18, che concerne gli "Interventi in materia previdenziale", un comma 22-bis, che cosi' dispone: "In considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dal l° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonche' pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 curo e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro;

a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non puo' essere comunque essere inferiore a 90.000 euro lordi annui";

il contributo e' stato temporaneamente abrogato dall'art. 2, commi 1 e 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, e reintrodotto con l'art. 1, comma 2, dalla legge di conversione di tale decreto 14 settembre 2011, n. 148. I ricorrenti, tutti magistrati della Corte dei conti, magistrati amministrativi (del Consiglio di Stato e dei TAR), avvocati dello Stato, titolari di pensione ordinaria diretta, hanno rilevato dalle rispettive certificazioni CUD o dai cedolini pensionistici che i loro trattamenti, pensionistici sono stati assoggettati a tale "contributo di perequazione";

inoltre, in applicazione del comma 25 dell'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011 convertito, con modificazioni, in legge n. 214/2011, la rivalutazione automatica della loro pensione e' stata pressoche' soppressa. Pertanto ricorrono davanti a questa Corte dei conti avverso il trattamento pensionistico loro attribuito a partire dal mese di agosto 2011, nella parte in cui e' assoggettato al suddetto contributo pressoche' senza rivalutazione automatica, chiedendo la dichiarazione del loro diritto alla corresponsione del trattamento pensionistico senza le relative trattenute e con rivalutazione automatica e condanna alla restituzione di quanto invece dovuto, con rivalutazione monetaria e interessi dal di' di ciascuna trattenuta, sino al soddisfo, adducendo i seguenti motivi di diritto. I. Illegittimita' costituzionale, del comma 22-bis dell'art. 18 del decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 111/2011, come reintrodotto dall'art. 2, comma 1 del decreto-legge 138/2011, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011 e s.m.i., per contrasto con gli artt. 1, 2, 3, 51 e 27 Cost. 1.1. Il comma 22-bis dispone un prelevamento coatto di somme effettuato mediante un sistema che la norma definisce "contributo di perequazione";

la perequazione, che consiste nella rideterminazione dei trattamenti pensionistici, e' finalizzata di norma o ad un adeguamento dei trattamenti stessi all'andamento del valore di acquisto della moneta, o all'eliminazione di differenze ingiustificate tra le varie categorie di soggetti che ne fruiscono;

nella specie non si e' in presenza di una forma di perequazione, perche' in tal caso le pensioni avrebbero dovuto semmai essere aumentate per la svalutazione della moneta in atto mentre per altro verso non si e' neppure in presenza di differenze ingiustificate di percezione tra le varie categorie di pensionati, che hanno ricevuto invece le pensioni loro spettanti costituenti diritti soggettivi perfetti quali forme differite di corresponsione del trattamento economico di attivita' sulla base dei contributi previdenziali versati dagli stessi e dai loro datori di lavoro. 1.2. Ne consegue che in luogo di un "contributo di perequazione", ci si trovi in presenza di una vera e propria "imposta", atteso il carattere obbligatorio della prestazione patrimoniale (prelievo) autoritativamente imposta e la destinazione del relativo provento al risanamento delle gravi condizioni dell'economia pubblica;

il prelievo in questione ricondotto alla sua sostanziale natura di imposta, commina oneri fiscali a carico di soggetti titolari di uno specifico status, e cioe' i pensionati e, sottolineato che la legge introduce "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria", considerata la "eccezionalita' della situazione economica internazionale" e "tenuto conto delle esigenze prioritarie del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica", di fatto il gravoso onere di partecipare alla realizzazione della indispensabile e ineludibile finalita' di interesse nazionale, e' stato posto unicamente a carico di una categoria ancorche' ampia di pensionati, con esclusione delle altre categorie di contribunti, i cui redditi e le cui condizioni economiche sono talvolta largamente superiori a qualsiasi piu' elevato trattamento pensionistico. Nella specie, i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. risultano violati, essendo state chiamate solo alcune categorie di cittadini (pensionati oltre che dipendenti pubblici) a concorrere alle spese pubbliche, mentre altre categorie sono state esentate o comunque assoggettate ad imposizione in misura minore o diversa. L'art. 3 Cost. stabilisce il principio di eguaglianza, e quindi anche di eguaglianza tributaria, in ordine alla quale la giurisprudenza della Corte e' risalente dell'affermare che a situazioni "uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi (sent. n. 120/1972) e che per capacita' contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., deve intendersi l'idoneita' del soggetto all'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto economico al quale la prestazione risulta collegata (sent. nn. 78/1986;

25/1984;

63/1982);

il chi impone di verificare se sussista uguaglianza tra le situazioni da sottoporre a confronto: nella specie, da una parte i pensionati, dall'altra le diverse categorie di contribuenti. L'oggetto della comparazione e' costituito dal versamento di una "imposta", cioe' un prelevamento coattivo di ricchezza, rivolto al preminente fine di soddisfare necessita' indivisibili della collettivita', in attuazione dell'art. 53 Cost.: versamento che, malgrado la impellente gravita' della situazione, e' ingiunto solamente ai pensionati, in palese contrasto con il richiamato principio di uguaglianza, riguardo al quale alcun assunto vale a giustificare la scelta legislativa in questione che, contraddicendo detto principio, concreta il vizio di eccesso di potere legislativo per carenza di coerenza, congruita' e proporzionalita', di cui un aspetto e' la disparita' di trattamento che sussiste laddove il potere legislativo discrezionale venga esercitato in maniera diversa nei confronti di coloro che, rispetto al potere, si trovino in condizioni identiche. Invero, pur se i tratti distintivi dei titolari del trattamento dr quiescenza nei confronti dei dipendenti pubblici e privati siano incontestabili, com'e' evidente la diversita' tra il pubblico impiego e il lavoro autonomo, sul piano del diritto civile come sul piano del diritto tributario, nondimeno la discriminazione qualitativa dei redditi non implica soltanto che le rispettive forme di produzione siano diverse, bensi'...

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