Ordinanza del 21 maggio 2008 emessa dalla Corte militare d'appello - Sezione distaccata di Verona nel procedimento penale militare a carico di Chierchia Michele Processo penale - Appello - Modifiche normative recate dalla legge n. 46/2006 - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di non luogo a procedere - P...

LA CORTE MILITARE DI APPELLO

Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento a carico di: Chierchia Michele nato a Gragnano (Napoli) il 4 novembre 1979 (atto 600 p.l.s.A), ivi residente in via Mandrio n. 8, C.le Magg. Sc. EI, libero, in seguito all'appello proposto dal p.m. in data 7 novembre 2007 avverso la sentenza n. 37/07 emessa il 5 ottobre 2007 dal G.u.p. presso il Tribunale militare di Verona con la quale per il reato di «Diserzione aggravata e truffa militare pluriaggravata, in continuazione» (artt. 81 cpv. c.p.; 148 n. 2, 234 c.c. 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p.) veniva dichiarato non luogo a procedere in ordine al reato di truffa militare plunagg. cont., nonche' per il reato di diserzione aggr. cont. relativo ai periodi di assenza dal 22 maggio 2006 al 7 agosto 2006, dal 29 agosto 2006 al 31 agosto 2006, dal 28 dicembre 2006 al 9 gennaio 2007, perche' risulta che i fatti non sussistono.

La Corte, riunita in camera di consiglio nell'udienza del 19 maggio 2008, nel procedimento penale a carico di Chierchia Michele, nato il 4 novembre 1979 a Gragnano (NA), imputato del reato di «diserzione aggravata e truffa militare pluriaggravata, in continuazione» (artt. 81 cpv. c.p.; 148 n. 2, 234 commi 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p.), ha pronunciato la seguente ordinanza.

Sentito il pubblico ministero, che ha sollevato, depositando memoria scritta, la questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3, primo comma, e 111, secondo comma della Costituzione, della norma contenuta nell'articolo 428 del codice di procedura penale, quale modificata dall'articolo 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui ha soppresso il diritto del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere;

Sentito il difensore dell'imputato, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita' dell'appello ed in subordine ha dichiarato di rimettersi alla decisione della Corte;

Osserva in fatto ed in diritto Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.

Il presente giudizio di gravame trae origine dall'appello tempestivamente presentato dalla Procura militare di Verona avverso la sentenza, emessa in data 5 ottobre 2007 e depositata il successivo 20 ottobre dello stesso anno, con la quale il G.u.p. presso il Tribunale militare di Verona ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Chierchia Michele, imputato del reato di «diserzione aggravata e truffa militare pluriaggravata, in continuazione», con la formula del fatto non sussiste.

Nel contesto dell'atto di appello, provvisto di tutti gli intrinseci requisiti di ammissibilita', viene sollevata la questione di legittimita' costituzionale della norma, per violazione degli articoli 3, primo comma, e 111, secondo comma e 112 della Costituzione, contenuta nell'articolo 428 del codice di rito penale, la quale, nella formulazione conseguente all'entrata in vigore della legge 20 febbraio 2006 - e segnatamente dell'articolo 4 - , ha previsto il ricorso per cassazione come unico rimedio contro la sentenza di non luogo a procedere, cosi' inderogabilmente escludendo la proponibilita', prima consentita, dell'appello avanti al giudice di secondo grado.

In conformita' a quanto disposto dal codice di rito questa Corte, ove non condividesse le censure di illegittimita' costituzionale prospettate dai rappresentanti dell'accusa, sia negli atti di gravame che nella presente udienza, avrebbe a disposizione la seguente alternativa: o dichiarare la inammissibilita' dell'impugnazione, in quanto presentata contro provvedimento non appellabile; oppure convertire l'appello in ricorso per cassazione e trasmettere gli atti al giudice competente al suo esame.

Di conseguenza appare evidente la rilevanza della prospettata questione di legittimita' costituzionale, in ragione del fatto che la possibilita' di trattare il procedimento nell'ambito del presente giudizio di appello e' preclusa proprio della nuova formulazione dell'articolo 428, di cui entrambi i rappresentanti della pubblica accusa hanno denunciato il contrasto con gli articoli 3, comma 2, e 111, comma 2, e 112 della Costituzione. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale.

Ritiene la Corte che siano da condividere i rilievi e le osservazioni contenuti negli atti di appello e ribaditi nella memoria presentata dal rappresentante della procura generale nel presente giudizio camerale, a sostegno del prospettato dubbio di legittimita' costituzionale in ordine alla nuova formulazione dell'articolo 428 c.p.p. In particolare e' da condividersi l'assunto che la nuova norma sui limiti oggettivi alla impugnabilita' della sentenza di non luogo a procedere sia in contrasto con le seguenti disposizioni della Carta costituzionale:

  1. il comma 1 dell'art. 3, istitutivo del principio di eguaglianza e costituente - sub specie di parametro di «ragionevolezza» - il termine di raffronto fondamentale ai fini della valutazione della legittimita' costituzionale del suddetto art. 428;

  2. il comma 2 dell'art. 111 (introdotto ex art. 1 della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2), contenente la norma secondo cui «Ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata»;

  3. l'articolo 112, che prescrive la regola per cui, nel nostro ordinamento «Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale». Sul contrasto con l'articolo 3 della Costituzione.

il contrasto con l'articolo 3 della Costituzione si evidenzia sotto una duplice prospettiva: innanzitutto sotto forma di irragionevolezza della disciplina, in quanto essa si innesta su di un quadro normativo che, grazie alle fondamentali sentenze della Corte costituzionale n. 26 e 320 del 2007 (vedi nota 1) , garantisce al pubblico ministero il potere di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione pronunciate sia in esito ad un dibattimento che a conclusione di un rito abbreviato.

Di conseguenza la preclusione disposta dalla norma di cui all'articolo 428 viene a perdere ogni ragionevolezza e fondamento...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT