La protezione dell'industrial design tra diritto industriale e diritto d'autore

Pagine117-159
CAPITOLO III
LA PROTEZIONE DELL’INDUSTRIAL
DESIGN TRA DIRITTO INDUSTRIALE
E DIRITTO D’AUTORE
1. Il criterio della scindibilità e la sua interpretazione nella
dottrina e nella giurisprudenza
Storicamente il legislatore italiano si è dovuto costantemente
confrontare sui rapporti tra i due principali strumenti normativi
astrattamente applicabili alle opere dell’industrial design: la tutela
brevettuale (rectius da registrazione, secondo la terminologia at-
tuale) e la tutela offerta dal diritto d’autore.
La questione del cumulo tra le due forme di tutela, infatti, ha da
sempre diviso nettamente la dottrina e la giurisprudenza, tra chi ri-
tiene che la tradizione normativa ma anche economico-sociale ita-
liana imponga la distinzione tra le due tutele e chi invece ne so-
stiene da sempre l’unione e la commistione.
Per i primi il cumulo delle due protezioni è inaccettabile sia per
la diversità ontologica che intercorre tra le opere dell’ingegno e
quelle del disegno industriale sia per le conseguenze di ordine eco-
nomico che la scelta a favore del cumulo genera. Alle opere del
disegno industriale, si osserva, non sarebbe cioè attribuibile lo
stesso valore estetico-rappresentativo delle creazioni artistiche, es-
sendo esse destinate ad acquistare valore solo a seguito della loro
congiunzione al prodotto cui ineriscono e del quale vanno ad accre-
scere la gradevolezza. D’altra parte, precisano gli stessi autori, la
lunga durata della protezione delle opere dell’ingegno se applicata
al disegno industriale avrebbe conseguenze economiche di non
poco conto, essendo di ostacolo ad un corretto svolgimento della
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concorrenza: verrebbero a crearsi barriere all’ingresso sul mercato
per i competitori nuovi e di piccole dimensioni distorcendo la -
sionomia concorrenziale del mercato dei prodotti industriali” e cre-
ando un sistema che si muove “in senso pro-monopolistico167.
Diametralmente opposta la posizione di altra parte della dottrina
che, favorevole al cumulo delle due forme di protezione, sottolinea
che “…la necessità (per il disegno industriale) di rispettare determi-
nate caratteristiche tecnico/funzionali non esclude la creatività, ren-
dendola piuttosto più difcoltosa da realizzare” il che “sembrerebbe
una ragione in più per tutelare l’opera di un designer qualora egli,
nonostante i limiti impostigli dalle caratteristiche funzionali del pro-
dotto (ad esempio quella di stabilità, comodità e resistenza che de-
vono contraddistinguere una sedia), sia talmente fantasioso, creativo
e in denitiva bravo da riuscire a reinterpretare quell’oggetto dando-
gli, ferme le sue esigenze funzionali, un aspetto esteticamente parti-
colare, accattivante ed individualizzante168. D’altra parte, osservano
gli autori in questione, pur essendo l’aspetto funzionale senz’altro
rilevante anche nelle opere di architettura, esse, “se rispondenti al
requisito generale di creatività, da sempre sono ammesse senza re-
mora alcuna a godere della tutela d’autore169. Le opinioni dottrina-
rie in oggetto, inne, non condividono le preoccupazioni legate agli
effetti del cumulo, ritenendo che “Si deve pertanto escludere ogni
valenza monopolistica alla esclusiva sulla forma dei prodotti…
(dell’industrial design)… poiché la realizzazione di nuovi prodotti
non incontra in questo caso alcun limite di natura tecnica ed i terzi
concorrenti hanno un numero illimitato di variabili alle quali rifarsi
nella progettazione dei propri prodotti, succedanei e concorrenti dei
primi170.
167 GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e con-
correnza, 2001, Giuffrè, 103.
168 BONELLI, Industrial design e tutela del diritto d’autore, in Dir. aut., 4, 2003, 503.
169 Ibidem, 497 ss.
170 SENA, La diversa funzione ed i diversi modelli di tutela nella forma del pro-
dotto, in Riv. dir. ind., 2002, I, 588 ss.
  ’     … 119
La profonda divisione tra le opposte tesi, che affondano le loro
radici in ragioni socio-economiche prima che giuridiche, ha nito
per inuenzare lo stesso legislatore che, costantemente alla ricerca
di una conciliazione tra le istanze ad esse sottostanti, si è mosso
come tra poco vedremo con piede assai incerto.
Ne sono derivati continui interventi normativi, sbilanciati ora a
favore dell’una ora a favore dell’altra posizione ed una questione
che, a tutt’oggi, può ritenersi tutt’altro che chiusa.
Con l’emanazione del R.D. 25.08.1940 n. 1411 (Testo delle di-
sposizioni legislative in materia di brevetti per disegni industriali)171
fu prevista, per la prima volta, una disciplina specica per i modelli
e i disegni ornamentali denendo come tali (art. 5) “... i nuovi mo-
delli o disegni atti a dare, a determinati prodotti industriali, uno
speciale ornamento, sia per la forma, sia per una particolare com-
binazione di linee, di colori o di altri elementi”.
Il legislatore italiano stabilì che disegni e modelli dovessero es-
sere tutelati tramite brevetto rimanendo per loro preclusa la possibi-
lità di beneciare, cumulativamente, anche della tutela del diritto
d’autore. L’art. 5 disponeva infatti che: ai modelli e disegni [orna-
mentali] suddetti non si applicano le disposizioni sul diritto d’au-
tore [...]”.
Corrispondentemente, l’art. 2 della legge 24.04.1941 n. 633
(Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo eser-
cizio) stabiliva che “sono comprese nella protezione [del diritto
d’autore] le opere della scultura, della pittura, dell’arte del dise-
gno, della incisione e delle arti gurative similari, compresa la sce-
nograa, anche se applicate all’industria, sempreché il loro valore
artistico sia scindibile dal carattere industriale del prodotto al
quale sono associate”.
Da un primo esame della normativa di settore del legislatore ita-
liano del dopoguerra emerge dunque come egli intese mantenere la
171 Per un approfondimento della normativa precedente cfr. FITTANTE, La nuova
tutela dell’industrial design, Giuffrè, 2002, 13 ss.

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