Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento emesse dal giudice di pace - Preclusione - Denunciata irragionevolezza nonche' violazione del principio di parita' delle parti nel processo...

composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,

Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco

GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria

Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9, comma 2, e 10, comma 2, della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), promosso con ordinanza del 21 gennaio 2008 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di S. M. ed altro, iscritta al n. 85 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2008.

Udito nella Camera di consiglio del 25 giugno 2008 il giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto in fatto

Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale:

  1. dell'art. 9, comma 2, della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui - modificando l'art. 36, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468) - non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento del giudice di pace;

  2. dell'art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal pubblico ministero contro una di dette sentenze, prima della data di entrata in vigore della medesima legge, sia dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile.

La Corte rimettente premette di essere investita del ricorso per cassazione proposto il 10 marzo 2006 dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Genova, avverso la sentenza del Giudice di pace di Voltri - emessa il 25 novembre 2005 e depositata il 31 gennaio 2006 - che aveva assolto due imputati dal reato di lesioni colpose "gravi e aggravate dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale": sentenza censurata dal ricorrente sotto i profili della mancata ammissione di una prova decisiva, nonche' della mancanza e della manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'omessa ammissione di una perizia, volta ad accertare le modalita' del sinistro.

La Corte rimettente evidenzia come il ricorso sia stato proposto il giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, mentre la sentenza e il deposito della motivazione sono precedenti ad essa. In simile situazione, potrebbe porsi un problema di individuazione della disciplina applicabile: infatti, e' pacifico, nella giurisprudenza di legittimita', che il principio tempus regit actum opera anche in rapporto alle impugnazioni; tuttavia, si registrano divergenti indirizzi in ordine al momento rilevante ai fini dell'applicazione di detto principio (proposizione dell'impugnazione, pronuncia della sentenza o deposito della motivazione).

Nella specie, peraltro, il problema risulterebbe risolto dalla disposizione transitoria di cui all'art. 10, comma 2, della legge n. 46 del 2006, tuttora vigente nelle parti non incise dalle declaratorie di illegittimita' costituzionale di cui alle sentenze n. 26 e n. 320 del 2007: disposizione in forza della quale "l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento [...] dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della [...] legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile". Alla luce di tale previsione, il momento discriminante ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile, infatti, sarebbe - univocamente - quello della proposizione dell'impugnazione: proposizione che, nel caso di specie, e' avvenuta sotto il vigore della novella.

Sotto un diverso profilo, e per quanto concerne la qualificazione giuridica dell'impugnazione proposta, la Corte rimettente ricorda come, secondo la propria costante giurisprudenza - stante il rinvio operato dall'art. 2 del d.lgs. n. 274 del 2000 alle norme generali del codice di rito, in materia di impugnazione - avverso le sentenze del giudice di pace sia ammesso il ricorso per cassazione "per saltum"; nel qual caso il giudice di rinvio si identifica nel tribunale in composizione monocratica, indicato quale giudice competente per il giudizio d'appello dall'art. 39 del citato decreto legislativo. Di qui, peraltro, l'applicabilita' anche dell'art. 569, comma 3, del codice di procedura penale, che prevede la conversione del ricorso "per saltum" in appello, qualora venga con esso dedotto un vizio di motivazione o l'omessa assunzione di una prova decisiva (art. 606, lettere d ed e, cod. proc. pen.).

Nella specie, il ricorso proposto dal pubblico ministero si fonda proprio sui motivi di cui alle lettere d) ed e) dell'art. 606 cod. proc. pen. Percio' - ove non fosse intervenuta la legge n. 46 del 2006, rendendo inappellabili dal pubblico ministero le sentenze di proscioglimento del giudice di pace - l'impugnazione andrebbe qualificata come ricorso per saltum e, conseguentemente, convertita in appello ai sensi del citato art. 569 cod. proc. pen.; con individuazione del giudice competente nel tribunale in composizione monocratica.

Desunta da tali considerazioni la rilevanza della questione, la Corte rimettente osserva - quanto alla non manifesta infondatezza - come le sentenze n. 26 e n. 320 del 2007 abbiano dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui non consentono al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio ordinario o di giudizio abbreviato; nonche' dell'art. 10, comma 2, della medesima legge, in riferimento alla prevista declaratoria di inammissibilita' degli appelli proposti dal pubblico ministero avverso le predette sentenze anteriormente alla data di entrata in vigore della riforma.

Tali pronunce di incostituzionalita' - prosegue il giudice a quo - si fondano sul rilievo che il principio di parita' delle parti (riferibile anche al regime delle impugnazioni) non comporta necessariamente l'identita' tra i poteri processuali del pubblico ministero e dell'imputato. Tuttavia, le alterazioni della simmetria fra tali poteri debbono trovare comunque una giustificazione razionale, legata ad una esigenza di complessivo riequilibrio delle posizioni delle parti o al ruolo istituzionale del pubblico ministero. Tale giustificazione, per contro, non e' ravvisabile - in termini di adeguatezza e proporzionalita' - rispetto...

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